di Alessandra De Tommasi (vanityfair.it, 1° marzo 2023)
Nella prima puntata della serie Bridgerton, le debuttanti si preparano a incontrare la regina Charlotte. E Lady Featherington (Polly Walker) chiede alla servitù di stringere sempre di più il corsetto della figlia Prudence (Bessie Carter), ricordando che il suo girovita, da ragazza, era delle dimensioni di un’arancia. Come si può immaginare, la fanciulla sviene al cospetto di Sua Maestà perché non riesce a respirare. La scena, che ha l’intento di mostrare lo scarso senso pratico della nobildonna, mette però benissimo in luce quanto costrittivo sia sempre stato quell’accessorio femminile, se mai ci fosse bisogno di ricordarlo.
Metafora della gabbia in cui la donna è stata rinchiusa dal patriarcato, il corsetto ha a tutti gli effetti un impatto fisico, non solo sulla postura ma sulle abitudini – anche alimentari – di chi le indossa. Il modo con cui cambia il respiro, infatti, non è l’unico risultato ottenuto: la limitazione dei movimenti include anche la quantità di cibo che si riesce a ingerire con quella compressione sul busto. In parole povere? Si riesce a mangiare ben poco. A questo punto entrano in ballo le questioni di salute e sicurezza che hanno portato Netflix (ma anche Bbc e Itv) a ripensare alla messa in scena dei prodotti in costume e, nello specifico, a bandire l’uso del corsetto.
Le star di Bridgerton e i loro colleghi d’ora in poi useranno i propri indumenti intimi. Lo avrebbe fatto sapere la produzione Shondaland della serie Regency tratta dai romanzi di Julia Quinn (editi in Italia da Mondadori). Secondo quanto riportato a The Sun da una fonte anonima, l’uso prolungato sul set del corsetto ha creato disagi e dolore fisico alle attrici, tra cui problemi respiratori e lividi, e ci sono quindi state rimostranze. L’attrice Ashley Simone, new entry della stagione due nei panni di Kate, oggetto dell’amore del visconte Anthony (Jonathan Bailey), l’aveva detto esplicitamente, anche durante un’intervista a Glamour: «Indossare il corsetto vuol dire che non mangi. Ti cambia il corpo». Al punto che – ha aggiunto – non riusciva neppure a indossare da sola le scarpe e doveva farsi aiutare dalla troupe.
La decisione di eliminare quest’accessorio vuole anche essere un gesto progressista: l’empowerment femminile passa anche attraverso la riappropriazione dell’immagine. L’idea che una vita più stretta sia uno standard di bellezza a cui aspirare – nel caso della finzione televisiva e cinematografica, anche per amore di accuratezza storica – sta per essere accantonata. Una rivoluzione, insomma, che parte dai costumi per diventare di costume e arrivare ad abbracciare una modernità che possa finalmente liberare l’universo femminile da qualsiasi costrizione.