di Sebastiano Pucciarelli (huffingtonpost.it, 17 febbraio 2024)
Molto si è detto sull’irruzione della politica in un Festival di Sanremo che, fino all’ultimo, pareva decisamente apolitico. In questa edizione della normalizzazione ci si era rassegnati a dibattere su un paio di scarpe e un balletto poco riuscito, dopo gli “exploit trasgressivi” dei cantanti lo scorso anno (anche lì tutto sommato poca roba, nonostante la solita amplificazione Ariston: Articolo 31 e Fedez che urlano «Giorgia legalizzala», e sempre Fedez che prima strappa la foto di un sottosegretario, poi cede al bacio di Rosa Chemical).
Stavolta quasi nulla da segnalare fino a sabato, fino a quel lapidario «Stop al genocidio» di Ghali, poi deflagrato domenica (in) con quelle frasi su guerra e migranti di Dargen e dello stesso Ghali – e la maldestra gestione Rai che ha suscitato indignazione e proteste. Tra i fiumi di parole prevedibili, vale la pena segnalare due riflessioni stimolanti: quella del filosofo Mariano Croce su Domani, quando scrive che «la politica partitica e i suoi misuratissimi custodi sono stati presi alla sprovvista […] da chi si fa guidare dalla libertà tipica dell’arte, ingenua quanto sediziosa. […] L’arte, se arte ha da essere, non si cura del protocollo, e compie ogni gesto con l’intenzione dinamitarda di interrogare e scuotere».
E quella dello scrittore Paolo Giordano sul Corriere della Sera, quando dice «Non è esattamente ciò che ci aspettiamo dagli artisti? Che reagiscano soggettivamente al reale, che sappiano vibrare al posto nostro, anche quando noi siamo contratti e muti? Dunque, in questo momento, gli artisti danno testimonianza di un disagio molto più diffuso di quello che traspare da una strana, acquiescente narrazione collettiva: il disagio di vivere assistendo a un massacro».
Ma quali sono stati i precedenti televisivi di questo “uso pesante di palco leggero” da parte degli artisti? E come si è mossa, in quei casi, la macchina dello show per gestire la portata di quei messaggi? Chissà che, a rileggere la storia di quelle esternazioni, non ne venga qualche lezione per il presente.