Una canzone di protesta contro l’egemonia del mercato: “Rutti” di Morgan

di Maria Letizia D’Agata (agi.it, 4 luglio 2024)

Morgan arriva ancora una volta con la sua arte, senza mezzi termini, per mostrare la realtà così com’è, priva di fronzoli. Continua a non smentirsi e, da ormai noto promotore di battaglie a favore della qualità e della cultura, pubblica il brano manifesto Rutti. La traccia, che porta la firma di Warner Music Italy, è stata eseguita al Concerto del Primo Maggio di Roma, diventando celebre ancora prima di essere pubblicata.

Rutti, che l’artista preferisce chiamare Root-E riferendosi al comando di sistema, vede anche un’inedita collaborazione con il produttore e musicista Michele Canova. I due hanno creato insieme qualcosa di diverso, semplice ma irregolare, non una routinaria prova di professionalità, ma piuttosto un prodotto dell’entusiasmo, della passione per la creazione della musica come canzone, come sound, l’opera d’arte di due operai nel grande stabilimento industriale del pop. Ciò che è nato rappresenta un nuovo e originale capitolo, frutto della sintonia nella profonda dedizione ultratrentennale agli arrangiamenti, ai software, agli strumenti, all’elettronica, al progresso digitale della musica, ma senza perdere di vista le radici e la poesia del passato analogico e della storia.

Morgan è lo pseudonimo di Marco Castoldi, attivo da più di un trentennio, affermato in svariati campi dello spettacolo, dell’arte e della cultura: musicista, compositore, cantante, interprete, cantautore, arrangiatore e produttore, polistrumentista e performer. Ma anche autore, compositore di colonne sonore, conduttore e autore radiofonico e televisivo. «Sono elettrizzato» ha detto l’artista in conferenza stampa, «perché mancavo dal mondo della discografia tradizionale da tantissimi anni, credo undici, ufficialmente diciamo l’ultimo album uscito per la Sony era del 2012».

Rutti è una canzone di protesta: «Sì» ha dichiarato ancora il musicista, «l’ha detto Ernesto Bassignano, che erano trentacinque anni che non usciva una canzone di protesta come questa, perché nessuno protesta più. Infatti mi fa strano che questa sia proprio la canzone che segna il ritorno in una major. Io ho scritto questo pezzo recentemente, mi son trovato nelle note dell’iPad questo testo. Non mi ricordavo manco di averlo, l’ho scritto in un momento di dormiveglia. Ci ho strimpellato sopra facendo il verso a una canzone tipo De André e allora mi sono messo a suonare sulla falsariga di Un giudice. L’ho mandata per curiosità al mio amico Pico Cibelli e mi ha detto è una hit. Basta, semplice, è cominciato tutto così».

Una canzone, ha raccontato Morgan, «è la cosa più importante della Terra, la forma d’arte più diffusa, la musica più praticata, venduta, amata, considerata, la canzone è la forma centrale della musica nel 2024. Nell’Ottocento era sonata, nel Novecento opera lirica, oggi canzone. Noi diciamo “sono solo canzonette”, ma non è vero. Tutti hanno in una canzone qualcosa che li riallinea nell’universo. Le canzoni rappresentano qualcosa socialmente, e poi anche a livello di marketing e tecnologia sono importanti. La canzone è centrale, è cultura, racchiude tanto della cultura».

In programma, ha riportato l’artista, anche una canzone con Chiello e Achille Lauro: «C’è, in cantiere, il progetto di uno di questi featuring come li chiamano oggi. E credo che per come abbiamo messo giù le cose adesso sarà molto diverso da quello che siamo abituati a sentire. È una canzone mia che, se tutto va bene, canteremo con Chiello e Achille Lauro. Sarà di protesta». Rutti è la prima canzone che fa parte di un progetto sotto contratto con la Warner, che prevede l’uscita di brani singoli. Quanto all’eventuale album, l’artista ha detto di averne ben «diciotto pronti. E il prossimo sarà di protesta. Il più rivoluzionario. Il primo mattone è stato Rutti».

Ma, ha concluso Morgan, la sua non è protesta «politica. Una protesta culturale è diversa. Intendo una protesta il cui centro è un interesse nel ripristino dei valori umanistici che questa società perde a favore della tecnocrazia. La mia» ha specificato «è una protesta umanistica, è l’essere umano che insorge di fronte all’egemonia del mercato che usa i numeri contro la qualità, le leggi del profitto anziché quelle della gratificazione e del merito».

Spread the love