di Simone Disegni (open.online, 11 marzo 2024)
Donald Trump adora Viktor Orbán e i leader populisti d’Occidente della sua pasta. E sin qui nulla di nuovo. Nasconde a fatica il suo debole per autocrati e dittatori sanguinari come Vladimir Putin o Kim Jong-un. Boccone questo ben più indigesto, ma che ci si è dovuti abituare a masticare. Ma ora c’è di più. Il leader Repubblicano in corsa per un clamoroso ritorno alla Casa Bianca avrebbe espresso in conversazioni private con i suoi consiglieri pesanti apprezzamenti politici pure per Adolf Hitler, il Führer nazista che scatenò il massacro europeo della Seconda guerra mondiale e architettò lo sterminio di sei milioni di ebrei.
Lo scrive Jim Sciutto, giornalista della Cnn, nel suo nuovo libro The Return of Great Powers, in uscita domani negli Stati Uniti. I clamorosi commenti sono ora riferiti al giornalista da John Kelly, il generale che Trump volle al suo fianco come Capo di Gabinetto dal luglio del 2017 al gennaio del 2019 come capo di gabinetto. Le conversazioni riportate, anticipate oggi sul sito dell’emittente Usa, risalgono dunque con ogni probabilità a quel periodo.
«Mi disse “Beh, ma Hitler ha fatto diverse cose buone”. “Cosa?”, gli rispondo io. “Beh, ha ricostruito l’economia”», prosegue il tycoon nel conciliabolo privato, secondo quanto ricostruisce Kelly. Che si racconta incredulo di fronte alle affermazioni dell’allora presidente. «Cosa fece però dopo aver ricostruito l’economia? La rivoltò contro il suo stesso popolo e contro il mondo», trova il pelo nell’uovo poi Trump. «Signore, non può mai dire qualcosa del genere di quel tizio. Niente», prova ad opporsi con scarso successo il generale.
Il teorema della lealtà
Quel che è più allarmante è che, secondo Kelly, l’ammirazione di Trump per il dittatore nazista andrebbe ben oltre il riconoscimento di più o meno circoscritti meriti economici. Ma al cuore della sua personalità e metodo di gestione del potere. Tratto questo che lo accomuna alla radice agli altri «uomini forti» per cui stravede il boss Repubblicano. In un’altra conversazione, Trump si sarebbe soffermato sulla capacità fuori dal comune di Hitler di assicurarsi la lealtà dei ranghi più alti dello Stato – cosa a lui evidentemente non riuscita nel corso del primo mandato.
«Mi chiese conto delle questioni di lealtà e di come i generali poterono complottare per assassinarlo più volte, senza che lui lo sapesse. Credeva che noi generali gli saremmo stati leali, che avremmo fatto qualsiasi cosa ci avrebbe mai chiesto», sostiene Kelly, che dopo la rottura con Trump, come molti altri ex consiglieri, si è “pentito” e ora è impegnato a mettere in guardia l’opinione pubblica americana contro i pericoli di un secondo mandato. «È sconvolgente pensare alla facilità con cui perdeva di vista l’Olocausto o i 400mila soldati americani uccisi nel teatro europeo» (per salvare il continente da Hitler, N.d.R.), dice ancora l’ex generale nel libro, «ma come detto è soprattutto la questione dell’uomo forte».
Modelli politici
«Si vede come un tipo tutto d’un pezzo (big guy)», conferma John Bolton, un altro “pentito” della prima amministrazione Trump (era consigliere per la sicurezza nazionale). «Gli piace avere a che fare con altri tipi così, tipi come Erdogan in Turchia che può mettere qualcuno in prigione a suo piacimento senza dover chiedere il permesso a nessuno. Sono queste le cose che gli piacciono».
Gestire un Paese come una delle sue aziende o il suo vecchio reality show (The Apprentice, N.d.C.) insomma, dove tutto e tutti dipendono (e pendono) da lui, e chi non gli va più a genio può essere buttato fuori con un sospiro. In termini politici, si chiama dittatura. Di qui il fascino irresistibile che esercitano su di lui gli uomini forti anche del mondo di oggi. Primo in termini se non altro puramente “demografici”, il leader cinese Xi Jinping: «Decisioni centrali, tipo brillante – disse Trump a un dibattito organizzato da Fox News a luglio scorso –. Governa 1,4 miliardi di persone col pungo di ferro: intelligente, brillante, perfetto: non c’è nessuno a Hollywood come lui», si spellò le mani il tycoon.
Comunione di spirito la sua pure con Vladimir Putin, come ebbe a dire o far capire più volte, ricorda ancora Bolton al giornalista della Cnn. Come quando, dopo un giro di incontri estenuanti con gli altri leader occidentali al summit Nato del 2018, confessò ai giornalisti: «L’incontro più facile di tutti per me sarebbe quello con Putin». Un OK guy, così come Kim Jong-un, secondo chi gli stava al fianco tutti i giorni. Più o meno quanto ripetuto nelle scorse ore dopo la visita “a domicilio” del premier ungherese Viktor Orbán: «Non c’è nessuno che sia un leader migliore o più smart di lui: è un leader fantastico», ha detto il tycoon. Il modello politico cui aspira non potrebb’essere più chiaro. L’America voterà se sceglierlo tra meno di otto mesi.