di Giulio Zoppello (esquire.com, 25 agosto 2024)
Era il 1989, mancava pochissimo al crollo del Muro di Berlino, così come alla fine della Guerra in Afghanistan. Il clima internazionale, dopo anni complicati, grazie soprattutto a Michail Gorbačëv e a quelle giornate in Islanda con Ronald Reagan, nell’ottobre di tre anni prima, era cambiato. Fu in quel 25 agosto 1989 che uscì in sala Uccidete la colomba bianca (The Package) di Andrew Davis, ancora oggi uno dei migliori political thriller mai fatti.
Soprattutto, rimane un film perfetto per farci respirare il clima politico di quegli anni, in cui il disarmo nucleare era finalmente arrivato, ma dove in realtà uomini oscuri, sistemi di potere consolidati dalla fine della Seconda guerra mondiale, erano decisi a non lasciare il controllo e la posizione di potere che si erano conquistati nel corso del tempo. Il fatto più importante che Uccidete la colomba bianca metteva in campo a livello di script (curato da John Bishop), era la totale assenza della solita visione manichea in cui gli Stati Uniti erano il bene e l’Urss il male.
Nossignore, il film ci portò dentro ad uno specchio a due facce, dove entrambi i lati erano pieni di nemici, assassini, depistaggi, congiure. Fu il materializzarsi di una visione complottista che, nella realtà, si sarebbe poi scoperto non così distante da ciò che veri terroristi e nemici politici del leader in quel periodo stavano cercando di realizzare, ai danni soprattutto di lui, di Michail Gorbačëv.
Uccidete la colomba bianca partiva dal Sergente Maggiore dei Berretti Verdi Johnny Gallagher (un Gene Hackman caricato a mille) che, nella Berlino Ovest, è uno dei tanti addetti alla sicurezza di un summit cui partecipano il Presidente degli Stati Uniti e il Segretario dell’Urss. L’obiettivo è un accordo comune sul disarmo nucleare. Non può immaginare che però parte della leadership militare di entrambi i Blocchi sia decisa a sventare il trattato, costi quel che costi. Quando però uno dei Generali rifiuta di continuare il complotto, viene eliminato in un agguato.
Sopraggiunto sul luogo Gallagher perde uno dei suoi uomini e viene punito, costretto quindi a scortare in patria un soldato, Walter Henke (Tommy Lee Jones), destinato alla Corte Marziale. Ma a Washington Henke viene liberato da dei misteriosi complici e Gallagher si rende conto che c’è qualcosa che non va. Scoprirà che quel soldato è un impostore, in realtà è un cecchino, un veterano del Vietnam di nome Thomas Boyette. Il suo incarico? Uccidere. Ma chi?
Sarà l’inizio di una pericolosa caccia all’uomo e alla verità, dove a dargli manforte Gallagher avrà solo l’ex moglie, il Colonnello Eileen (Joanna Cassidy), e l’amico e detective Milan Delich (Dennis Franz). Il tutto mentre dovrà vedersela con un nido di vipere al cui vertice c’è lo spietato Colonnello delle Black Ops Glen Whitacre (John Heard). Uccidete la colomba bianca ci offre quindi una trama intricata, con un ritmo incalzante, mentre ci fa viaggiare dalla Germania invernale, a Washington, fino a quella Chicago grigia e infida che diventa il ring principale.
Andrew Davis era uno dei migliori registi action di quel decennio, per inciso l’unico ad essere riuscito a dare un senso a certe pagliacciate di Steven Seagal. Avrebbe anche firmato un capolavoro nel decennio successivo come Il fuggitivo con Harrison Ford. Qui riuscì a recuperare ciò che registi come Walter Hill e William Friedkin avevano mostrato in precedenza nella composizione di un western urbano, in cui, ai già citati temi geopolitici, si abbinavano anche quelli dell’amicizia virile, dell’antieroe solitario, ma soprattutto la visione di una società in divenire, dove i punti di riferimento morali latitavano.
Uccidete la colomba bianca è distante infatti dall’epica e non c’è traccia del “Rambismo” che infettò quel decennio cinematografico americano, né tantomeno dell’epica muscolare e adrenalinica che Top Gun aveva offerto tre anni prima. Manca anche il patriottismo di ritorno di Alba Rossa. Qui abbiamo una visione cinica e illuminata sul militarismo, il mondo politico e l’equilibrio di forze nelle due Superpotenze. Ed è proprio lui, Thomas Boyette, a farsene carico.
Tommy Lee Jones era già sulla breccia da vent’anni, ma mancavano due anni a quel JFK di Oliver Stone che l’avrebbe lanciato definitivamente. Non un caso che qui si chiami in causa il capolavoro di Stone, perché Uccidete la colomba bianca ricalca diversi aspetti definiti ancora oggi critici circa l’uccisione di Kennedy: abbiamo un leader politico pacifista cui si contrappone il potere militare, abbiamo un capro espiatorio (il vero Walter Henke) pronto a essere sacrificato, un tentativo di Golpe in atto.
Eppure Tommy Lee Jones, nel ruolo di questo sicario, affascina, ruba quasi la scena a un asso del calibro di Gene Hackman. Il suo Thomas è un individuo carismatico, sarebbe simpatico se non fosse un assassino privo di moralità. Astutissimo, calcolatore, meticoloso professionista, ha commesso i peggiori crimini per la stessa America che Gallagher ama e serve.
Eppure, nel suo nichilismo, nel suo ridere in faccia al patriottismo, vi è una coerenza immane nel ricordare al suo inseguitore (per il quale nutre una certa stima, in realtà) che sono gli apparati industriali e militari dei due Paesi a comandare veramente, e che i due fronti non sono poi così diversi gli uni dagli altri. Uccidete la colomba bianca crea questa contrapposizione che è anche una metafora della Guerra Fredda, della visione che entrambe le Superpotenze hanno avuto di sé stesse, senza un Thomas a ricordargli la verità nuda e cruda: hanno seminato di morte il mondo.
Alla fine Gallagher fermerà Thomas, che era incaricato di uccidere proprio Michail Gorbačëv. Diversi tra i congiurati pagheranno con la vita, ma il Colonnello Whitacre ed altri alti ufficiali verranno eliminati dagli altri cospiratori, essendo diventati scomodi. C’è un lieto fine ma è amaro, parziale, realistico. L’apparato militare-industriale resterà comunque vivo e vegeto.
Se si pensa che Uccidete la colomba bianca sia un film fantasioso, ci si sbaglia di grosso. Si è scoperto nel 2018 che il Kgb pianificò senza successo la morte di Gorbačëv in quel 1989, per mano della Rote Armee Fraktion, al fine di ritornare ai fasti dittatoriali nell’Est Europa ormai rivoluzionato dalla Perestrojka. Di lì a due anni, il leader dell’ormai morente Urss dovrà affrontare anche un tentato colpo di Stato da parte di alcuni membri del suo Partito. Pur se fallito, il Golpe segnerà la fine della sua leadership.
Uccidete la colomba bianca non ebbe successo al botteghino, ma rimane uno dei migliori e più interessanti thriller politici di quel periodo, soprattutto un film importante nel far comprendere quanto fosse ormai agognata dall’opinione pubblica la fine della Guerra Fredda, e con essa l’incubo nucleare. Rimane soprattutto uno dei migliori film del suo genere per energia, estetica, capacità di anticipare ciò che sarebbe stato il genere thriller action negli anni Novanta, nonché la visione del deviante contro il sistema che poi la saga di Jason Bourne avrebbe portato al suo apice.