di Fabiana Giacomotti (ilfoglio.it, 12 giugno 2023)
Ne avesse comprate anche solo poche decine e non centinaia, come infatti faceva per i suoi regali di Natale, le cravatte di Maurizio Marinella, e quella sua raffinata bottega a due passi da Castel Dell’Ovo, avrebbero comunque un debito eterno nei confronti di Silvio Berlusconi. Come la sartoria milanese Caraceni, come le camicie di Siniscalchi.
Nomi da cumenda arrivato, da imprenditore che ha fatto i danée, che il grande pubblico non conosceva prima dell’avvento del Cav. e dell’èra della rivista Capital letta in religioso silenzio dopo anni di eskimo e loden, gli anni della Milano da bere e del vestito sotto il quale c’era niente perché quando la superficie diventa sostanza e denaro e attività che fattura migliaia di miliardi di lire e poi miliardi di euro, il brand conta moltissimo. Il brand, anzi, è tutto. Arriverà il momento in cui si lavorerà a un’esegesi dei codici vestimentari del Cavalier Berlusconi che non poteva permettersi le sprezzature di Gianni Agnelli perché era nato all’Isola e non a Villar Perosa e allora si era inventato uno stile tutto suo, al tempo stesso iper-popolare e classico. Arriverà il momento per un racconto serio dello stile che ha impresso alla cultura nazionale attraverso le sue reti televisive, una cultura che abbiamo criticato molto e che seguiva passo passo, non di rado in perfetta antitesi, la sua ascesa personale.
Nel frattempo, chiudendo gli occhi, ci rimane il Cav. con la sua passione per l’abito formale e le buone maniere, perché così così si conquista il prossimo, lo si rende amico e cliente nel senso latino di sodale e dunque tutti a Publitalia dovevano uniformarsi e imparare a stare a tavola e per questo venivano ingaggiate le signore di bella nascita, perché insegnassero ai venditori come approcciare le grandi famiglie dell’imprenditoria italiana. Ma ci rimane anche il Cav. con la bandana che libera le folle sudate dei vacanzieri e dei politici dalla ridicola ossessione del doppiopetto al mare. Bandana e fresco di lana, cotonina da mercato e cotone da leggenda rajput, di quel genere che gli inglesi definiscono “crispy”, croccante. Regalò una serie di camicie di questo cotone speciale a Matteo Salvini, in occasione del suo cinquantesimo compleanno. Le scelse nere, colore che tiene perfettamente anche in caso di popolarissima sudata sotto il Sole del Papeete e di telecamere in agguato, pur sapendo che sono più eleganti bianche. Non siamo certi che Salvini abbia capito la sottile differenza.