
(ilpost.it, 24 marzo 2025)
Sabato il governo della Repubblica Ceca ha proposto che venga creata «una coalizione di Stati europei» per sostituire gli Stati Uniti nel finanziamento di Radio Free Europe / Radio Liberty, una delle emittenti pubbliche statunitensi cui l’amministrazione di Donald Trump ha bloccato i fondi in vista di una chiusura definitiva. Radio Free Europe / Radio Liberty è operativa dagli anni Cinquanta e nel corso della Guerra Fredda fu essenziale per far arrivare l’informazione libera nei Paesi che appartenevano al blocco sovietico.
Dal 1995 Radio Free Europe / Radio Liberty ha sede a Praga, trasmette in 27 lingue e anche oggi mantiene un ruolo importante in Paesi dove gli altri media sono censurati, come Russia e Iran, o in zone di guerra, come Ucraina o Siria. Il 14 marzo, con un ordine esecutivo, Trump ha bloccato le operazioni di tutte le emittenti controllate dall’U.S. Agency for Global Media (Usagm), che comprendono anche Voice of America, Radio Free Asia e media operanti a Cuba e nel Medio Oriente. Elon Musk, a capo del cosiddetto Doge, il Dipartimento per l’efficienza del governo, ha sostenuto che nessuno le ascoltasse: «È solo gente pazza di sinistra radicale che parla da sola».
Il primo ministro ceco Petr Fiala ha detto al Financial Times di essere intenzionato a «fare di tutto» per permettere a Radio Free Europe / Radio Liberty di continuare a funzionare e ha suggerito di sostituire i fondi statunitensi con quelli europei: ha ipotizzato anche che gli Stati europei la acquistino. Fiala ha raccontato di averla ascoltata già quando era uno studente: «So per esperienza personale quanto era importante nel periodo del comunismo».
Radio Free Europe / Radio Liberty ha circa 1.700 dipendenti complessivi, 47 milioni di ascoltatori ogni settimana ed edizioni in 23 Paesi: oltre alle trasmissioni radio, è attiva on line con siti, programmi video e profili social molto seguiti, soprattutto nei Paesi dove i media liberi sono pochi o assenti. La rete ha fatto ricorso contro il taglio dei fondi che ne sostengono il budget annuale di 142 milioni di dollari. Il direttore esecutivo Stephen Capus si è detto fiducioso di poter bloccare il processo di chiusura in tribunale: «La legge è dalla nostra parte e i despoti che nel mondo hanno festeggiato la nostra chiusura lo hanno fatto in modo prematuro».
Una parte dei dipendenti potrebbe però avere problemi immediati con i visti di soggiorno nell’Unione Europea, legati all’esistenza del loro posto di lavoro: è il caso, per esempio, dei circa 80 dipendenti russi che curano l’edizione russa. Nel 2024 la Russia aveva dichiarato Radio Free Europe / Radio Liberty «organizzazione indesiderata», una definizione che espone a potenziali accuse penali sia i giornalisti, sia le persone che collaborano con un certo ente, così come i suoi donatori. Una sua giornalista, Alsu Kurmasheva, fu arrestata nel 2023 in Russia quando vi tornò per fare visita alla propria famiglia: fu condannata a 6 anni e mezzo di prigione, e poi liberata nello scambio di prigionieri fra Stati Uniti e Russia dello scorso agosto.
La notizia della chiusura dell’emittente è stata accolta con soddisfazione in Russia. Margarita Simonyan, direttrice del canale pubblico Russia Today, ha detto: «Non potevamo chiuderla noi, per fortuna lo hanno fatto gli Stati Uniti da soli». Radio Free Europe / Radio Liberty fu fondata nel 1950 ed era inizialmente finanziata dal Congresso degli Stati Uniti attraverso la Cia, l’agenzia di intelligence statunitense per l’estero: iniziò a operare da Monaco, in Germania, verso Bulgaria, Cecoslovacchia, Ungheria, Polonia e Romania. Già dal 1953 aggiunse altre 17 edizioni, compresa quella per l’Unione Sovietica; dal 1971 la Cia fu sostituita da un’agenzia dedicata.
Nel 1981 i suoi uffici di Monaco furono colpiti da un attentato organizzato dai servizi segreti rumeni. Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la caduta del blocco comunista furono dismesse alcune edizioni, mentre a partire dal 1994 iniziarono le trasmissioni nei Paesi dell’ex Jugoslavia coinvolti in varie guerre successive. Dal 1998 ha ampliato le proprie trasmissioni al Medio Oriente, in Iraq e in Iran, poi all’Afghanistan e al Pakistan.
Le trasmissioni in Iran col nome di Radio Farda sono particolarmente popolari, ascoltate oggi dal 10 per cento della popolazione ogni settimana (6,5 milioni di ascoltatori, secondo i dati dell’emittente). Nel 1994 sul modello di Radio Free Europe / Radio Liberty il Congresso degli Stati Uniti approvò l’istituzione di Radio Free Asia, operativa dal 1996 con sede a Washington ma con uffici in vari Paesi asiatici. Negli anni è diventata particolarmente importante nei Paesi in cui è attiva una radicale censura dell’informazione libera e indipendente, come Myanmar, Cambogia, ma anche Cina.
Il 17 marzo Hun Sen, primo ministro cambogiano fra il 1985 e il 1993 e poi fra il 1998 e il 2023 (ha poi ceduto il potere al figlio Hun Manet), ha celebrato la chiusura di Radio Free Europe / Radio Liberty, definendola «un contributo all’eliminazione delle fake news, delle bugie, della disinformazione e del caos nel mondo». Anche il governo cinese, attraverso il quotidiano Global Times, ha espresso la propria soddisfazione per la decisione dell’amministrazione Trump. La dismissione delle emittenti internazionali è stata definita dal Wall Street Journal «un arretramento nella guerra globale delle idee» e «un punto cieco che sarà riempito dalla propaganda dei nostri avversari».