(ansa.it, 25 agosto 2023)
È durato solo 20 minuti l’arresto di Donald Trump, con rilascio immediato su cauzione, per aver tentato insieme ad altri 18 alleati di ribaltare il voto in Georgia nel 2020. Ma le immagini della sua quarta incriminazione sono destinate a restare nella storia: la discesa al tramonto dal suo jet privato col pollice alzato ma il viso imbronciato, il percorso con un gigantesco corteo di auto e moto di scorta degno di un presidente più che di un ex, solo un pugno di fan lungo la strada, oltre a qualche residente del quartiere afroamericano che gli urlava volgarità e faceva gesti osceni.
E poi la consegna non in un tribunale, ma in un super carcere famigerato per il suo sovraffollamento, le sue violenze e le sue morti sospette. Infine l’umiliazione più grande, dopo la lettura dei 13 capi di imputazione, tra cui cospirazione e violazione della legge antiracket: la storica foto segnaletica (con espressione truce e accigliata) che finora nessun ex presidente aveva mai avuto. Nonché la schedatura con il numero P01135809 e i connotati fisici: «maschio bianco, alto 1,92 cm per 97 chili, capelli biondi o fragola, occhi blu». Nessuno sconto, nessun trattamento speciale, come aveva promesso lo sceriffo, ma la prassi riservata a tutti i criminali comuni e ai suoi correi (nello stesso giorno si è costituito anche il suo ex chief of staff Mark Meadows).
Il tycoon, arrivato dalla sua residenza di Bedminster dopo l’ennesimo cambio d’avvocato, intende vantare con orgoglio quella foto segnaletica col timbro dello sceriffo trasformandola in icona del suo martirio politico-giudiziario e in gadget elettorale (il primo saranno le t-shirt). Ma intanto è risalito mestamente sul suo jet, senza fare lo show che tutti si aspettavano, dato che lui stesso aveva scelto di costituirsi in prime time per massimizzare l’effetto mediatico. Solo poche parole in pista prima di ripartire: «non ho fatto nulla di sbagliato. È un giorno molto triste per l’America. Quello che è accaduto è una parodia della giustizia, un’interferenza elettorale, non abbiamo mai visto nulla del genere in questo Paese». Prima di sbarcare invece aveva attaccato la «spregevole procuratrice della sinistra radicale» Fani Willis, accusandola di perseguire ingiustamente lui e non la criminalità nella sua città.
Il 5 settembre dovrà ripresentarsi per l’udienza in cui dovrà dichiararsi colpevole o meno. Nel frattempo, il 23 ottobre inizierà il primo processo ad uno dei 18 imputati incriminati insieme a Trump. Il giudice della contea di Fulton, Scott McAfee, ha infatti accolto la richiesta di un dibattimento rapido avanzata da Kenneth Chesebro, uno degli avvocati accusati di aver orchestrato il piano per i falsi elettori. La procuratrice aveva proposto la stessa data per tutti gli imputati, ma il giudice ha spiegato che al momento accelererà solo quello per Chesebro. In tal caso sarà un processo pilota, un precedente per tutti gli altri correi.