di Benedetta Guerrera (ansa.it, 22 marzo 2024)
Donald Trump mette a segno un colpo all’ultimo minuto che, forse, gli permetterà di salvare il suo impero e ricevere la garanzia necessaria a pagare la sanzione da 464 milioni di dollari per gli asset gonfiati, nonché altre spese legali presenti e future. Gli azionisti di Digital World Acquisition Corp, una shell company creata per acquisire un’altra compagnia e quotarla in Borsa, hanno infatti dato il loro via libera alla fusione con il social media del tycoon Truth.
La nuova società sarà ribattezzata Trump Media & Technology Group e sarà quotata con la sigla Djt, le iniziali dell’ex presidente, al Nasdaq da lunedì, il giorno in cui potrebbe iniziare il sequestro dei suoi beni. Il ceo sarà l’ex deputato e attuale direttore di Truth, Devin Nunes, mentre tra i top manager ci sarà Donald Trump Jr. L’operazione varrà circa 5 miliardi di dollari, di cui 3,5 finiranno nelle mani di Trump con una quota del 60%, una cifra sbalorditiva per il social media che, in oltre due anni, ha accumulato pochi utenti, pochissime entrate, un’inchiesta per insider trading e una multa della Sec, la Consob americana.
Fin qui tutto bene. Ci sono, tuttavia, alcune incognite. Innanzitutto il tycoon non può vendere le sue azioni prima di sei mesi, a meno che gli azionisti non gli concedano l’autorizzazione. E se da una parte potrebbero essere propensi a farlo – sono tutti trumpiani – dall’altra vorranno evitare che poi altri seguano l’esempio dell’ex presidente, con la conseguenza svalutazione del titolo. In secondo luogo, Trump potrebbe richiedere un prestito, garantito dal valore delle azioni ma, secondo gli analisti, è probabile che una banca non gli conceda la cifra che gli serve, visti i rischi di tutta l’operazione.
Il tycoon, che è in ritardo rispetto a Joe Biden nella raccolta fondi, continua a ostentare sicurezza dichiarando di avere ben «500 milioni di dollari in contanti» e annunciando di aver stretto un accordo con i repubblicani per intascarsi la maggior parte dei fondi raccolti dal Comitato nazionale del Grand Old Party. «Grazie al duro lavoro, al talento e alla fortuna, ho quasi 500 milioni di dollari in contanti, una somma significativa che avevo intenzione di usare per la mia campagna elettorale» ha rivendicato, bollando la sanzione da 464 milioni come «folle e politicamente motivata».
Nel frattempo, le teste d’ariete di Trump a Capitol Hill hanno presentato una mozione di sfiducia nei confronti dello speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson, «colpevole» secondo loro di aver stretto un’alleanza con i democratici per approvare la manovra da 1.200 miliardi di dollari che eviterà lo shutdown del governo fino a settembre. «È un tradimento del popolo americano, un tradimento degli elettori repubblicani» ha attaccato Marjorie Taylor Greene, fedelissima del tycoon, definendo la legge una «lista dei desideri» per i democratici. La deputata della Georgia non ha fissato una data per il voto, ma ha parlato di un «avvertimento a Johnson» che a questo punto potrebbe fare la fine del predecessore Kevin McCarthy con il rischio di un nuovo stallo a Capitol Hill.