Trump è l’ultima speranza del creatore del più famoso mercato del Dark Web

Ph. Chip Somodevilla / Getty Images

di Joel Khalili – Andy Greenberg (wired.it, 23 novembre 2024)

Mentre gli americani e il resto del mondo continuano a occuparsi delle implicazioni della rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, poche persone si giocano più di un quarantenne che attualmente si trova in un penitenziario federale di Tucson, in Arizona. Per Ross Ulbricht, creatore del leggendario mercato della droga sul Dark Web, Silk Road, in carcere dal 2013, la vittoria di Trump può fare la differenza tra la libertà e una vita in cella.

«Immensa gratitudine a tutti coloro che hanno votato per il presidente Trump da parte mia. Confido che onorerà la sua promessa e mi darà una seconda possibilità» ha scritto Ulbricht su X una settimana dopo le elezioni, attraverso un account controllato dalla moglie. «Dopo oltre undici anni di buio, posso finalmente vedere la luce della libertà alla fine del tunnel. Grazie mille, @realDonaldTrump 🙏».

La promessa di Trump a Ross Ulbricht

Dopo che il governo lo ha identificato come l’amministratore di Silk Road e lo ha arrestato nell’ambito di un’operazione dell’Fbi alla fine del 2013, Ulbricht è stato condannato nel 2015 per sette capi d’accusa relativi a riciclaggio di denaro, violazione di computer e spaccio di stupefacenti, e deve ora scontare l’ergastolo senza possibilità di libertà condizionata. Quasi nove anni dopo, alla Libertarian National Convention di maggio, l’allora candidato alla presidenza Trump ha promesso che avrebbe commutato la sua pena «il primo giorno» in caso di elezione, scarcerandolo. Il pubblico ha applaudito alla promessa dell’allora candidato Repubblicano. In molti sventolavano cartelli con la scritta «Free Ross».

L’ex architetto del Dark Web è diventato una causa che sta particolarmente a cuore al mondo delle criptovalute e dei libertari. Nonostante la vittoria di Trump, Ulbricht e i suoi sostenitori dovranno attendere almeno fino a gennaio per scoprire se il presidente eletto – che ha una lunga tradizione di promesse elettorali non mantenute e che, in passato, ha respinto le richieste di graziare Ulbricht alla fine del suo primo mandato – terrà fede alla parola data.

«A prescindere da ciò che si pensa di Silk Road, delle azioni di Ross o degli aspetti politici del sostegno di Trump e della comunità delle criptovalute, in gran parte di destra, credo fermamente che la sua condanna sia ingiusta» afferma Alex Winter, attore e regista che, nel 2015, ha pubblicato un documentario sul caso di Ulbricht. Racconta di aver avuto una corrispondenza intermittente con Ulbricht nel corso degli anni: «È già stato in prigione per oltre un decennio e dovrebbe essere libero». Winter però dice anche di avere meno fiducia nella clemenza di Trump rispetto a Ulbricht.

Il modello Silk Road

A partire dal 2011, per due anni e mezzo Silk Road è stato pioniere di un particolare modello di marketplace sul Dark Web che si basava sull’utilizzo dei bitcoin per consentire ad acquirenti e venditori di scambiare centinaia di milioni di dollari in articoli di contrabbando illegali – tra gli altri ogni tipo di stupefacente immaginabile, oltre a documenti contraffatti e servizi di riciclaggio di denaro –, il tutto celando la propria identità attraverso il software di anonimato Tor. Con lo pseudonimo di Dread Pirate Roberts, Ulbricht guidava il sito imponendo la propria presenza decisamente ingombrante: ha stabilito le regole della piattaforma in base ai suoi principi anarco-capitalisti che ammettevano forme di criminalità “senza vittime”, almeno in teoria; pubblicava sul forum degli utenti manifesti che illustravano come Silk Road avrebbe cambiato il mondo, e sul sito ha persino ospitato un club del libro dedicato alla filosofia libertaria.

Nei panni di Dread Pirate Roberts, su Silk Road Ulbricht era visto da molti come una sorta di eroe rivoluzionario che stava riducendo la violenza nel commercio di droga spostandolo in un sistema on line ben gestito. Allo stesso tempo, però, il governo statunitense ha collegato la droga acquistata attraverso Silk Road ad almeno sei morti per overdose. Nel corso del processo, i pubblici ministeri hanno presentato prove che dimostrano come Ulbricht abbia pagato per far uccidere non meno di sei persone che avevano minacciato lui e Silk Road (uno degli aspiranti killer ingaggiati da Ulbricht era però un agente dell’agenzia antidroga americana sotto copertura, mentre un altro sarebbe stato un truffatore).

Non ci sono stati omicidi riconducibili a Ulbricht, che infatti non è stato nemmeno accusato di omicidio o tentato omicidio nel processo. Ma le presunte violenze e le morti per overdose degli utenti di Silk Road hanno contribuito alla decisione del giudice di condannarlo all’ergastolo, una pena superiore agli oltre vent’anni richiesti dai pubblici ministeri. Dopo l’arresto del fondatore di Silk Road, sua madre, Lyn Ulbricht, ha iniziato una campagna finalizzata a una rivalutazione della condanna e la libertà anticipata. Lo slogan «Free Ross» è finito su magliette, tazze e cartelli di protesta ed è circolato ampiamente come hashtag sui social media. Più di 600mila persone hanno firmato una petizione in suo sostegno. Lyn Ulbricht non ha risposto alle richieste di intervista per questo articolo.

«Se ti consideri un cripto-anarchico o un anarco-capitalista, quello che Ross ha fatto è stato fondamentalmente facilitare il libero scambio» dice Jameson Lopp, un bitcoiner della prima ora, fondatore della società di sicurezza Casa, basata sulle criptovalute. Come molti dei fan libertari di «Free Ross», Lopp sostiene che Silk Road abbia portato a una riduzione generale della violenza e suggerisce che forse la vendita delle droghe offerte dal sito dovrebbe essere legalizzata. «La mia convinzione è che si dovrebbe essere in grado di fare ciò che si vuole del proprio corpo», spiega.

Una sentenza ingiusta?

Al di là del sostrato ideologico, la campagna «Free Ross» è stata costruita sulla premessa che la condanna di Ulbricht sia sproporzionata, data la natura non violenta delle accuse, l’assenza di precedenti penali e la relativa brevità delle condanne inflitte ad altri dei personaggi coinvolti in Silk Road (anche se il secondo di Ulbricht ha ricevuto una condanna a vent’anni di carcere, altri collaboratori hanno già scontato la loro pena). Ulbricht era responsabile solo della gestione del mercato attraverso il quale venivano venduti narcotici e altri prodotti di contrabbando, non della distribuzione in prima persona, sostengono i suoi sostenitori.

Chi fa il tifo per una scarcerazione anticipata di Ulbricht obietta anche che le accuse di omicidio su commissione, per le quali non è mai stato processato, hanno influenzato la sentenza. «Hanno detto che ha commesso un omicidio e poi l’hanno tralasciato nel processo. Non è mai stato condannato e nemmeno processato per questo» ha scritto lo sviluppatore e attivista cripto-anarchico Amir Taaki sul suo account X. «Quindi perché tirare fuori questo argomento? Per confondere le persone. Per diffondere propaganda».

Ciononostante, le accuse di omicidio su commissione – che i procuratori del Distretto meridionale di New York non hanno presentato come incriminazioni, ma che hanno presentato al processo con i log delle chat e i registri delle transazioni della blockchain di bitcoin – hanno avuto un ruolo chiave nel respingere le pressioni della campagna «Free Ross» per ottenere una grazia durante il primo mandato di Trump. Nel 2020 la Casa Bianca ha preso in considerazione la possibilità di liberare Ulbricht ma, alla fine, ha accantonato l’idea a causa della presunta violenza del caso, stando a quanto sostiene un ex funzionario governativo coinvolto nel processo che ha parlato con Wired US a condizione di rimanere anonimo.

Da allora, però, il panorama politico attorno alle criptovalute e al caso è cambiato. La campagna gode di un sostegno crescente tra i politici libertari, gli attivisti per le riforme delle carceri e in particolare tra gli addetti ai lavori delle criptovalute, per i quali Ulbricht è una sorta di martire (grazie soprattutto al suo ruolo per la diffusione dei bitcoin attraverso Silk Road). «Trump ha visto che ci sono soldi veri dietro l’industria delle criptovalute e che sono disposti ad aiutare lui e la sua campagna» dice Lopp. «È un uomo d’affari e segue i suoi incentivi».

Qualunque sia l’argomento morale o politico a favore di una liberazione anticipata di Ulbricht, la severa sentenza imposta dal giudice – e confermata in appello – è coerente con le linee guida sulle condanne per i reati di cui è stato giudicato colpevole, dicono gli ex procuratori. «Sebbene sia indubbio che la sua condanna sia stata straordinariamente dura, le sentenze estremamente punitive sono abbastanza comuni per gli imputati a capo di traffici di droga su larga scala, e quando il traffico di droga è strettamente legato alla morte di più clienti e per i piani di omicidi su commissione» afferma Daniel Richman, professore di Giurisprudenza alla Columbia University ed ex procuratore federale degli Stati Uniti. «La sentenza di Ulbricht riflette la presenza di tutti e tre questi fattori nel suo caso», aggiunge.

Ulbricht non ha mai riconosciuto pienamente i danni inflitti dalla vendita di droghe di Silk Road, che includevano eroina e altri oppiacei, e continua a non mostrare rimorso per le sue azioni nei post pubblici su Twitter, sostiene Jared Der-Yeghiayan, un ex agente della Homeland Security Investigations che si è infiltrato su Silk Road per preparare il caso contro Ulbricht. «L’idea che venga rilasciato non mi preoccupa affatto» afferma Der-Yeghiayan, che ora lavora come responsabile dell’intelligence presso la società di monitoraggio delle criptovalute Chainalysis, «ma mi infastidisce la percezione che non abbia fatto nulla di male».

Dato che Ulbricht ha già trascorso undici anni in carcere, tuttavia, resta da chiedersi se i suoi reati meritino una detenzione a vita. Per quanta la dura sentenza contro l’ex numero uno di Silk Road possa essere corretta da un punto di vista strettamente tecnico, afferma Leeza Garber, docente di Diritto presso la Wharton School dell’Università della Pennsylvania, in casi spinosi come questo le questioni legali non possono essere isolate in modo netto da quelle etiche e politiche. «Solo perché una cosa è ragionevole, non significa che sia giusta» commenta Garber. «Abbiamo opinioni così complesse e contrastanti sulla guerra alla droga e sull’uso della prigione in questo Paese. Se a questo si aggiunge l’idea che questo crimine è avvenuto in parte nel cyberspazio, la situazione diventa estremamente complicata».

Alcuni sostenitori di una riforma carceraria negli Stati Uniti, molti dei quali appoggiano la richiesta di clemenza di Ulbricht, ritengono che le pene debbano cambiare. L’accento, sostengono, dev’essere posto sulla riabilitazione piuttosto che sulla punizione e che la libertà condizionale debba essere reintrodotta nel sistema penale federale. Sperano che il rilascio di Ulbricht possa fungere da catalizzatore per il movimento.

«Ross ha scontato una pena più che sufficiente. È stato un detenuto modello. È un criminale non violento e incensurato. Non rappresenta alcun rischio per la sicurezza della comunità» afferma Alice Johnson, amministratrice delegata della fondazione per la riforma della giustizia Taking Action for Good, che ha trascorso vent’anni in carcere per traffico di droga prima che la sua condanna all’ergastolo fosse commutata da Trump nel 2018. «Credo che il caso di Ross aprirà la strada al ritorno a casa di molti altri che sono stati ingiustamente condannati a queste pene draconiane».

Il peso di un ergastolo

Una condanna all’ergastolo impone a una persona un peculiare fardello psicologico, dice Johnson, che solo la speranza – per quanto flebile – può aiutare ad alleviare. «Vedere gli altri segnare i giorni sui calendari distrugge la maggior parte delle persone. Vuol dire sapere che sfuggirai alla prigione solo con la morte. Non c’è modo che Ross la stia vivendo in modo diverso» continua Johnson. «Ogni giorno speri e preghi che qualcosa cambi». Quando Trump ha promesso di commutare la sua pena, Ulbricht ha ritrovato la speranza: «Grazie. Grazie. Grazie» ha scritto a maggio in un post su X, celebrando la promessa di Trump. «Dopo undici anni di prigione, è difficile esprimere come mi sento in questo momento».

Da fervente sostenitrice di Trump, Johnson prevede che il presidente eletto manterrà la sua promessa: «Non so se sarà il primo giorno. Ma Ross può iniziare – ho quasi paura a dirlo – a fare le valigie», dice. In caso contrario, per Ulbricht non ci sono più carte da giocare: «Il presidente Trump è la sua ultima speranza di libertà», dice Johnson. In una lettera scritta al giudice prima della sentenza, nel 2015, Ulbricht ha riconosciuto il suo «terribile errore» e ha chiesto di avere la possibilità di riscattarsi, un giorno, da uomo libero. Ora rivolge lo stesso appello a Trump. «Ho avuto la mia giovinezza e so che dovete togliermi la mezza età» ha scritto Ulbricht, «ma per favore lasciatemi la mia vecchiaia».

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