di Alessandro Camilli (blitzquotidiano.it, 1° ottobre 2020)
Trump e l’occhio strizzato ai suprematisti bianchi, il rischio di far saltare il tavolo della democrazia e il tentativo, fallito, di far apparire il suo avversario un candidato “moscio”. Non solo suprematisti, l’analisi del primo dibattito tra Donald Trump e Joe Biden preoccupa molti repubblicani e spinge – stando ai sondaggi – consensi verso il candidato democratico. Della volgarità, del punto più basso toccato dall’invidiata e ammirata democrazia americana nel primo incontro-scontro tra i due candidati alla presidenza a Stelle e Strisce si è detto.Ma per quanto paragonabile a una rissa da bar, dall’incontro Trump-Biden sono emersi dei contenuti e su questi si è cominciato a ragionare. Il primo punto chiaro, chiarissimo tanto quanto inquietante, è l’occhiolino strizzato dal Presidente americano ai gruppi suprematisti bianchi. «Stand back, stand by». State indietro e state pronti, questo il messaggio rivolto da Trump ai “Proud Boys”, i ragazzi orgogliosi del colore della loro pelle e armati sino ai denti. State indietro, perché, tra le righe, ci penso io a questi che continuano a sostenere che siamo tutti uguali. Ma state pronti, perché non si sa mai. Un messaggio, quasi un’indicazione a una milizia da tenere buona, ma per ora; e una milizia che – pubblicamente – ha risposto: «Siamo pronti». Quel Biden che Trump voleva demolire a colpi d’insulti e sopraffazione puntando sulla poca verve del candidato Democratico – o almeno su quella che credeva essere poca –, «Sleepy Joe», come l’ha soprannominato il Presidente, si è rivelato invece molto combattivo.
Trump ha fatto la figura del cafone e ora, anche tra i Repubblicani, la strategia basata sull’aggressività del loro candidato non a tutti sembra ancora la migliore. All’interno del Gop però la preoccupazione più grande è un’altra, e riguarda la democrazia. L’attuale inquilino della Casa Bianca si è infatti, ancora una volta, a precisa domanda, rifiutato di promettere che riconoscerà il risultato delle urne garantendo una corretta transizione. Anzi, ha fatto di più: è tornato a ribadire che per lui il voto postale è una truffa. Non perché ci siano evidenze di brogli o anche solo di malfunzionamenti del sistema, ma solo perché non gli piace e probabilmente sarebbe a lui contrario. In un Paese dove il voto postale ha un peso e una consuetudine di anni e dove è tutt’altro che marginale. Cosa farà dopo il 3 novembre Trump e cosa succederà dopo quella data? Rifiuterà di riconoscere la sconfitta – se sconfitta sarà – e chiamerà in piazza i suoi sostenitori, compresi i notoriamente pacifici e democratici Proud Boys? Il primo dibattito tra i due sfidanti fa temere a molti, analisti e politici, cittadini e semplici spettatori, che la risposta alle due domande potrebbe essere “sì”.