di Massimo Gramellini (corriere.it, 11 luglio 2020)
L’unico dubbio era se sarebbero entrati prima in politica o nei reality. I divi del Covid hanno scelto la strada più facile: l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, con quel pizzetto telegenico da Lenin delle ampolle, s’accinge a candidarsi nella lista di Emiliano in Puglia per aiutarlo a resistere alla seconda ondata di Fitto, con l’obiettivo di garantire il distanziamento sociale almeno nelle urne. Già mi pregusto gli slogan: «Più tamponi per tutti» e «Per una politica delle mani pulite, anzi disinfettate».
Qualche povero di spirito rinfaccerà al professor Lopalco certe perplessità, poi rientrate, sull’utilità delle mascherine, e quella profezia, fortunatamente sbagliata, sui ragazzi della movida milanese che entro la metà di giugno avrebbero contagiato i loro genitori. Ma si tratta di macchie trascurabili, destinate a sciogliersi sotto i raggi della Scienza. Non date retta agli ultimi fessi come il sottoscritto, i quali pensano che la politica sia un mestiere complicato che va appreso da giovani in apposite scuole di partito e poi affinato per tutta la vita. Molto meglio affidarsi a chi non ne sa nulla, come stiamo facendo da quasi trent’anni con splendidi risultati. In fondo, nel passaggio dal camice alle istituzioni, i virologi non potranno comportarsi peggio di attori, giornalisti e venditori di bibite. Adesso che Lopalco ha preso il virus, aspettiamoci una pandemia: Zangrillo sindaco di Milano, Ilaria Capua agli Esteri e Burioni al Quirinale tra due corazzieri in mascherina.