di Simone Cosimi (wired.it, 7 marzo 2018)
Con una Storia su Instagram pubblicata circa 20 ore fa, più o meno nel pomeriggio di ieri e dunque destinata a scomparire nelle prossime ore, Mario Balotelli ha sollevato nella sua semplicità un punto molto chiaro sul neosenatore 62enne Toni Iwobi, responsabile Immigrazione della Lega (Nord? Non si sa, dal simbolo è scomparso) appena eletto a Palazzo Madama.Al centro della Storia una foto di Iwobi su chissà quale palco con Matteo Salvini; indossano la solita t-shirt “Stop Invasione”. L’attaccante del Nizza, che parrebbe lontano dalle stupidate che ne hanno segnato parte della carriera, commenta così: “Forse sono cieco io o forse non gliel’hanno detto ancora che è nero. Ma vergogna!!!”. Iwobi è il primo senatore nero d’Italia. Fatto all’apparenza contraddittorio per un partito che non va affatto per il sottile quando parla di migranti e immigrazione. Lo sappiamo, Salvini risponderebbe che chi viene a lavorare resta qui e chi delinque e spaccia torna a casa. Giusto. Peccato che non sia tutto così semplice: vedremo se qualcosa cambierà quando il leghista assumerà eventuali incarichi di governo, che per giunta il suo partito ha più volte ricoperto in passato. Sul semplicismo, infatti, occorre sbatterci la testa, troppo facile incassare i dividendi elettorali. Fatto contraddittorio, si diceva, ma neanche troppo: senza mancare di rispetto a Iwobi, che ovviamente ragiona e sceglie come meglio crede secondo le proprie idee, la Storia di Balotelli solleva un’unica questione. O almeno, sembra farsi e fare una domanda: quell’uomo è stato usato da Salvini proprio in virtù del colore della sua pelle? Nato in Nigeria e di cittadinanza italiana, il bergamasco Iwobi è iscritto da ben 25 anni alla Lega Nord. Evidentemente poco o nulla toccato dalle posizioni di elettori e simpatizzanti così come delle varie scivolate sulla razza bianca, vedi alla voce neogovernatore lombardo Attilio Fontana (leghista). Oppure dal massacro incessante cui è stata sottoposta Cécile Kyenge, ex ministra dell’Integrazione nel governo di Enrico Letta ed eurodeputata in carica. Una per tutti: la definizione della politica italiana di origini congolesi come “orango” da parte di Roberto Calderoli nel 2013. Roba da smuovere pure l’Onu, ma da lasciare il Parlamento italiano immobile. Solo punte di diamante del retroterra di un movimento che si sviluppano ben più pervasivamente. Questo perché, come ha spiegato Salvini, “il razzismo in Italia è solo a sinistra”. Come no. “Io voglio un’immigrazione regolare – ha spiegato il neosenatore –. Noi leghisti vogliamo risanare l’immigrazione, la vogliamo controllata, non siamo contro le persone ma contro gli irregolari”. Ma gli irregolari non sono persone? Lasciamo stare questo frasario sgangherato. Iwobi si è laureato in Informatica negli Stati Uniti, si è sposato con una donna della Bassa bergamasca ed è padre di due figli. Cattolico, ha ringraziato Dio dopo l’elezione, è arrivato in Italia con un permesso di soggiorno per motivi di studio all’Università per Stranieri di Perugia. Ha fatto molti lavori e poi è entrato all’Amsa, la società di raccolta dei rifiuti milanese, dicono le cronache, quando i responsabili hanno scoperto che stavano facendo spazzare le strade a un laureato in Informatica. Ha insomma una lunga e (immagino, ma non lo so perché non lo conosco) rispettabile storia di attivismo alle spalle, compresa la carica di assessore ai Servizi sociali del Comune di Spirano, dove abita, ed ora è titolare di una società di servizi informatici. Al netto del libero giudizio sulle sue idee, nessuno ha il diritto di valutarne le legittime scelte personali. Fine. Tuttavia, l’esternazione di Balotelli – che sulla pagina Facebook di Salvini viene in queste ore apostrofato come “scoreggia fritta”, “imbecille nato”, “scaricato come un sacco di spazzatura da suoi genitori originali africani” – ha lo stesso peso del grido del bimbo nella celebre fiaba I vestiti nuovi dell’imperatore di Hans Christian Andersen: “Ma il re è nudo!”. Lo ripetiamo: Iwobi ha un cervello e un’idea politica e Salvini non l’avrà certo obbligato con le catene a candidarsi. Questo il presupposto. Ma quel che esce dal post del bomber del Nizza è un sussulto di dignità. Destinato a tutti, certo non solo ai neri. La voglia, cioè, di non farci prendere davvero del tutto per cretini: il rifiuto della strategia, frutto di genuino attivismo o di pura demagogia poco importa, di utilizzare un iscritto nero, prima nominato responsabile Immigrazione e poi fatto eleggere in Senato, come paravento per ripulirsi la coscienza dalle tonnellate di immondizia riversate su quel mondo e sugli immigrati, definiti negli anni “bingo bongo” e “scimmie”. O meglio, la volontà di farlo senza prima aver fatto seriamente i conti con quella roba, con quel patrimonio velenoso. Senza aver condannato, senza aver sentito il bisogno di ripulire il partito da certe posizioni. Dalle epiche esternazioni di Mario Borghezio (“L’Ulivo ha cessato di imbastardire il nostro sangue infettandolo con quello degli extracomunitari”) ai “vagoni piombati” dell’ex sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, passando ancora per Calderoli: “Gli immigrati tornino nel deserto a parlare con i cammelli o nella giungla con le scimmie”. Fino alle diverse riedizioni del Piano Kalergi sciolte nell’acqua della campagna elettorale dallo stesso Salvini: “Lo ius soli in Italia non lo accetto, è una sostituzione di popoli”. Queste cose non si dimenticano. Se non le dimentica Mario Balotelli non dovremmo dimenticarcele neanche noi. Neanche quando la Lega, senza aver ripulito né il suo passato né il suo intestino, sposti il tema sul più redditizio e sottile distinguo fra persone perbene e criminali. “Non si smette di essere razzisti per il semplice fatto di eleggere una persona di origini africane”, ha spiegato Kyenge a Lettera43. Si smette quando si cambiano idee, vocabolario, disvalori e atteggiamenti.