di Stefano Baldolini (huffingtonpost.it, 8 agosto 2021)
La gioia incontenibile del marito della marciatrice. L’esultanza dei familiari riuniti nella hall dell’albergo della madre del velocista. La nonna che si para impetuosa davanti alle telecamere dei tg. Tutti ovviamente fieri, felici, neanche per sogno fedifraghi. Eccolo un effetto collaterale di Tokyo 2020: oltre al medagliere olimpico, aggiornare Andy Warhol. Tutti – anche i parenti dei campioni – hanno diritto ai loro quindici minuti di celebrità. In che quota ripartirli, dipenderà dalle varie complessità familiari. Per dire, uno come Marcel Jacobs ha già parecchie gatte da pelare.
Non ha fatto in tempo a diventare l’uomo più veloce del pianeta che già le cronache pullulavano delle parole della vivace compagna e della ex (con invito al senso di colpa paterno manco troppo malcelato). Ma qui siamo nell’ambito agrodolce dei Parenti serpenti di monicelliana memoria, e comunque c’è materiale umano sufficiente per un paio di stagioni di reality. Che poi il format è già partito. E pazienza se s’è inceppato un minimo per il diniego neorealista della mamma di professione badante del velocista Desalu, uno dei quattro eroi della 4×100, che non ha potuto partecipare alla diretta tv perché a quell’ora doveva lavorare (ma dopo si è rifatta ampiamente rilasciando interviste sui principali quotidiani). Complici i soliti – maledetti – giornalisti, il copione prevede, raggiunta la vittoria in genere “storica”, l’intervista al congiunto o in alternativa il reperimento dell’esultanza social che i congiunti ormai sgamatissimi organizzano per bene. Da veri influencer delle nostre accaldate emozioni, applicano ai Giochi olimpici i principi della “celebrità per prossimità” (provate a googlare “fame and culture of proximity” e capirete di cosa parlano i diabolici strateghi del marketing quando parlano del social marketing).
Ma tornando ai nostri parenti amorevoli e ancora sfumati nel dialetto, i riferimenti tecnici e culturali – più che i Ferragnez o la bella Manon, suo fratello Lescaut e la rovina amorosa del giovane cavaliere Des Grieux – sembrano ancora la Magnani con la figlia Bellissima o Tognazzi e Gassman guardie fotografate celebri e felici accanto a uno dei Mostri di Dino Risi. Insomma, fortunatamente siamo sempre a Luigi Necco accalcato e abbracciato dai tifosi napoletani durante i collegamenti con Paolo Valenti, e non a caso queste settimane di sempiterna gloria diffusa e familiare hanno visto anche l’ascesa del candidato alle Comunali di Hugo Maradona, l’eterno fratello sfigato del grande Diego. E a proposito di fratelli, impossibile non citare – se non altro per omaggiare Antonio Pennacchi che da lassù potrebbe apprezzare – quello di latte di Falcão, il leggendario Pato, che sulla mitologia delle tette di mamma Azise in quel di Porto Alegre costruì una fama imperitura nella Capitale delle tv locali degli anni Ottanta. Un vero professionista della consanguineità che oggi regala un discreto candore alla sorella della marciatrice Palmisano che al Tg2 urla: stavolta la tua maglietta dell’Italia la indosso io! E giù urla, e salti e abbracci.
Un casino infernale, altro che il silenzio di anni di oscuri di allenamenti di una karateka impegnata a vincere in una disciplina surreale dove si combatte e si urla da soli. Quando l’atleta trionfante, e poi dimenticato per i quattro anni successivi, non è che un ossessivo compulsivo spesso solitario, alla ricerca del gesto perfetto. Talvolta un peso economico e sociale, ma questa è materia seria per il giustamente gongolante presidente del Coni Malagò. Oppure è un perfetto sconosciuto, come il marciatore Stano da Ostia, di cui i vicini di casa non sospettavano nemmeno l’esistenza. “Ma davvero abita qui?”. Non sapevano di avere un campione sul pianerottolo, un grumo potenziale di fama da spartire. “Lo vedevo spesso, faceva decine di giri al giorno, concentrato e con gli occhi sul cronometro”, confessa uno di loro. E traspare l’amarezza, come di un biglietto vincente della lotteria gettato via. Ma va così nella società della connessione sentimentale totale: non accorgersi del campione della porta accanto diventa, fatalmente, un’occasione persa.