di Pierre Haski (France Inter / internazionale.it, 28 marzo 2024)
Quando negli Stati Uniti sono emerse le prime minacce di un divieto nei confronti del social network TikTok, un parlamentare ha esclamato: «Ci faremo detestare da un’intera generazione». Fondato nel 2016, oggi TikTok è il social network più popolare, con più di un miliardo di utenti in tutto il mondo (in maggioranza giovani), che diventano due miliardi se contiamo anche la versione cinese Douyin. Solo in Francia, TikTok ha più di 20 milioni di iscritti; negli Stati Uniti 170 milioni.
Ma TikTok è cinese, e questo rappresenta un problema, non solo negli Stati Uniti. L’India, con il suo miliardo e mezzo di abitanti, ha vietato TikTok con un tratto di penna nel 2020, due settimane dopo un incidente mortale alla frontiera cinese. Secondo New Delhi la piattaforma rappresentava un rischio per la sicurezza. Ormai da tre anni negli Stati Uniti è in corso un acceso dibattito su TikTok.
La settimana scorsa la Camera dei rappresentanti ha approvato una legge per costringere l’azienda cinese che controlla il social network a venderlo. Il testo deve ancora essere approvato al Senato e questo ha scatenato una battaglia tra lobby, in cui i giovani utenti di TikTok si fanno sentire per salvare la loro piattaforma. In apparenza i detrattori di TikTok puntano sulla sicurezza, a cominciare dai dati personali di 170 milioni di statunitensi che potrebbero finire in Cina malgrado gli impegni presi dal social network.
Per non parlare della possibilità che TikTok utilizzi il suo potente algoritmo per influenzare le scelte politiche degli americani, come già successo con Facebook nel 2016 in occasione dell’elezione di Donald Trump. A tutto questo alcuni aggiungono la dipendenza che TikTok provoca nei ragazzi e nelle ragazze, che a volte restano per ore ipnotizzati dai video brevi della piattaforma. I parlamentari statunitensi avrebbero gli stessi dubbi se TikTok non fosse cinese? Evidentemente c’è un sapore di guerra fredda in questa caccia a TikTok, con un meccanismo che ricorda il maccartismo. Il capo di TikTok, il singaporiano Shou Zi Chew, è stato interrogato dal Congresso americano.
E in Europa? Già l’anno scorso una commissione d’inchiesta composta da senatori francesi ha espresso la propria preoccupazione per la mancanza di trasparenza della piattaforma, proponendo il divieto d’installare l’app nei telefoni delle persone chiamate a intervenire in caso di crisi e raccomandando «di sospendere TikTok per i minorenni dopo sessanta minuti di utilizzo». La Commissione Europea ha annunciato l’apertura di un’inchiesta in difesa dei minorenni, aspetto comune delle preoccupazioni in tutto il mondo.
Ma torniamo alla questione principale: vietare o limitare TikTok, evitando di occuparsi degli altri social network solo perché sono statunitensi sembra poco corretto. È il modello economico di queste piattaforme che le rende pericolose, per gli adolescenti ma anche per la democrazia in generale. Dietro TikTok, insomma, si nascondono problemi che riguardano tutti i social network. Il pericolo è mondiale, non solo cinese.