L’autore di Pulp Fiction contro gli abusi. Le forze dell’ordine: boicottate i suoi film
di Federico Rampini («la Repubblica», 30 ottobre 2015)
New York — La violenza feroce è il suo tratto stilistico più famoso. Non per questo lui l’approva nella vita reale. Tantomeno se a esercitarla è la polizia del suo Paese. Quentin Tarantino, il regista di Pulp Fiction, Kill Bill e il più recente Django, è protagonista di una battaglia politica sugli abusi delle forze dell’ordine in America. Che adesso contraccambiano verso di lui, lanciando una campagna di boicottaggio dei suoi film. La polemica è esplosa sabato scorso, quando Tarantino è volato apposta dalla California a New York per partecipare alla manifestazione contro le violenze poliziesche, organizzata da RiseUpOctober, con ispiratori come l’intellettuale afroamericano Cornel West. RiseUpOctober è una delle varie sigle, come #BlackLivesMatter, sorte per reazione all’escalation di violenze poliziesche, arresti brutali, talvolta dall’esito mortale, e nella stragrande maggioranza ai danni di giovani neri. «Sono un essere umano con una coscienza – dichiarò Tarantino durante la manifestazione partita dal Greenwich Village sabato – e se crediamo che nel nostro Paese si stia uccidendo, bisogna reagire e opporsi. Io sono venuto fin qui per dire che sto dalla parte delle vittime». La manifestazione però si è sovrapposta ad un’altra tragedia, stavolta con un agente come vittima. Quattro giorni prima che Tarantino scendesse in piazza, a New York era stato ucciso a bruciapelo l’ufficiale Randolph Holder, durante un controllo di polizia a East Harlem. Il corteo contro le violenze poliziesche si è svolto in un’atmosfera incandescente, con le forze dell’ordine indignate. Il capo del New York Police Department, William Bratton, ha attaccato il regista: «Si vergogni. Non ho parole per descrivere il mio disprezzo nei suoi confronti». Di lì a poco il sindacato di polizia lanciava l’appello per un boicottaggio dei film di Tarantino, seguito dai sindacati degli agenti a Philadelphia e a Los Angeles, la città dove Tarantino abita e ambientò Pulp Fiction. Anche se non figura tra le star di Hollywood tradizionalmente impegnate in politica – come Angelina Jolie, Brad Pitt o George Clooney – Tarantino è spesso al centro di controversie. La più famosa, che fece di lui un “bersaglio mobile” per la destra, accadde dopo la strage nella scuola elementare di Sandy Hook (2012). Come dopo altre tragedie simili, la lobby pro-armi attorno alla National Rifle Association cercò di sviare le colpe: tra l’altro accusando la violenza cinematografica di istigare le sparatorie. Tarantino reagì duramente: «La violenza dei film non c’entra, il problema è il controllo sulle vendite di armi». Un’altra controversia lo oppose al regista nero Spike Lee, quando quest’ultimo accusò Tarantino di usare il termine spregiativo nigger per descrivere gli afroamericani, nei dialoghi dei suoi film. Altre star afroamericane, come Denzel Washington e Samuel Jackson, presero le difese di Tarantino. Che ora viene associato con la causa dei ragazzi neri, e diventa un “nemico pubblico” per chi difende le forze dell’ordine.