La prima volta era il settembre del 2001, e ancora non avevamo tutti un telefono con dentro la telecamera. Però nella scuola in cui George W. Bush stava leggendo le fiabe ai bambini c’era ovviamente una troupe, e quindi per tutta la vita poi il poverino è stato quello: il presidente inadeguato che fa la faccia da coglione che non capisce quando gli dicono dobbiamo andare, si è schiantato un aereo sul World Trade Center.
Parlare di Signs di M. Night Shyamalan significa riabbracciare il film di uno dei registi più divisivi che si ricordino nel panorama cinematografico moderno. Le sue opere sono sempre state indicate o come dei passi falsi clamorosi, oppure salutate come una ventata di novità, fantasia e originalità. Shyamalan ha saputo illuminare più di una volta il grande schermo con opere di grande bellezza e profondità. Signs è senza ombra di dubbio uno degli sci-fi migliori del XXI secolo, ma più ancora una metafora assolutamente perfetta per parlarci del trauma dell’11 settembre e, soprattutto, di come l’America ne è uscita. E, si badi bene, che tale processo, come sappiamo, non ha avuto un risultato positivo e fu proprio lui, vent’anni fa, ad anticiparlo tra le righe di questa narrazione affascinante.
di Giacomo Galanti (huffingtonpost.it, 21 marzo 2022)
Quando l’11 settembre 2001 le Torri Gemelle di New York vengono colpite da due aerei kamikaze e buttate giù provocando migliaia di morti, c’è un celebre attore che non rimane con le mani in mano. Forte del suo passato da vigile del fuoco, Steve Buscemi decide di unirsi ai suoi ex colleghi che stanno dando la vita per spegnere quell’inferno. Una storia che la star di Hollywood – attore per registi del calibro di Quentin Tarantino, i fratelli Coen e Jim Jarmusch – ha tenuto per sé per molto tempo. I primi a rendere pubblico l’atto di coraggio di Buscemi sono stati proprio i vigili del fuoco di New York in un post su Facebook del 2013.