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Il grottesco fan club “liberale” di Trump e Milei

di Francesco Cundari (linkiesta.it, 3 gennaio 2025)

Dinanzi alla seconda cerimonia d’insediamento di Donald Trump, unico presidente degli Stati Uniti che negli ultimi centotrent’anni sia stato eletto per un secondo mandato non consecutivo (il solo precedente risale all’Ottocento), una domanda s’impone immediatamente su tutte le altre: per quale motivo, anziché alla Casa Bianca, non si trova in galera? Il fatto che porre una simile domanda possa apparire oggi una battuta provocatoria o addirittura una dimostrazione di estremismo, ostilità preconcetta, accecamento ideologico, la dice lunga su quanto si sia spostato, in questi anni, il confine di ciò che consideriamo accettabile in democrazia.

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Trump e Musk, due miliardari destinati a divorarsi

Ph. Joe Raedle / Getty Images

di Bill Emmott (lastampa.it, 29 dicembre 2024)

Durante le Feste è stato un gioco divertente. I social media si sono sbizzarriti con immagini di Donald Trump al servizio di Elon Musk: gli porta bibite nello Studio Ovale, gli pulisce il parabrezza della macchina, gli lucida le scarpe. Il presidente eletto ha addirittura rincarato lo spasso quando, a una conferenza stampa a Mar-a-Lago, ha detto che Musk non può aspirare a diventare presidente perché non è nato negli Stati Uniti.

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“Prima che Elon uscisse di testa”: gli adesivi per prendere le distanze da Musk

Etsy

(ilpost.it, 15 dicembre 2024)

Per anni, negli Stati Uniti, guidare un’automobile elettrica del marchio Tesla voleva dire comunicare, anche non volendo, uno stereotipo specifico: quello della persona progressista e attivamente preoccupata per le sorti del pianeta, magari vegetariana, e felice di farlo sapere a tutti. Lo stesso Elon Musk, fondatore di Tesla, ha a lungo avuto una reputazione da ambientalista, «il geniale inventore che come il supereroe Iron Man affronta da solo la crisi climatica, una Tesla alla volta, contribuendo a forgiare un futuro di energia pulita e spingendo per l’introduzione di nuove tasse per ridurre l’uso dei combustibili fossili», come ha riassunto il giornalista Oliver Milman sul Guardian.

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Dall’uccellino alla farfalla: Bluesky e quella celeste nostalgia di Twitter

di Alessandro Frau (agi.it, 24 novembre 2024)

C’è un’aria pulita in Bluesky. Esattamente come quella che si respirava agli albori di Twitter, pensato e creato da Jack Dorsey, e che poi si è deteriorata, diventando quasi irrespirabile, dopo l’avvento di Elon Musk e la trasformazione in X. Per parafrasare un po’ una famosa canzone di Riccardo Cocciante, noi transfrontalieri dei social, abituati a spostarci da una piattaforma all’altra, stiamo vivendo una “celeste nostalgia”, ricordando uccellini, pensieri espressi in 140 caratteri e conversazioni (quasi) civili.

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Il dibattito sul potere dei giornali dopo la vittoria di Trump

Ph. John Moore / Getty Images

(ilpost.it, 14 novembre 2024)

L’ultima campagna elettorale statunitense e la rielezione alla presidenza di Donald Trump hanno aperto un dibattito nei media americani intorno al fatto che il cosiddetto “potere del giornalismo” non esista più, o almeno sia molto diminuito. Le testate tradizionali, dai grandi quotidiani alle riviste più autorevoli alle maggiori televisioni, avevano tenuto in grande maggioranza posizioni critiche contro Trump o di vera opposizione.

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Commander-in-Tweet: il populismo digitale di Trump

Ph. Sinna Nasseri / The New Yorker

di David Allegranti* (linkiesta.it, 6 novembre 2024)

L’arrivo di Donald Trump su Twitter è datato marzo 2009, quando Barack Obama è appena diventato presidente degli Stati Uniti. Rapidamente, diventa lo strumento preferito del miliardario americano. «La campagna presidenziale del 2016 potrebbe essere ricordata come quella in cui il populismo ha incontrato i social media digitali», scrivono Francisco Seoane Pérez et al. (2019, p. 13).

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Potus e Flotus: che accadrebbe se Kamala Harris vincesse

di Emanuele Capone (huffingtonpost.it, 5 agosto 2024)

In principio fu Barack Obama: il 44esimo presidente degli Stati Uniti, noto anche per essere particolarmente attivo on line e soprattutto sui social network, fu il primo per cui, il 18 maggio 2015, venne creato su Twitter l’account Potus, che poi è passato di mano in mano, prima a Donald Trump e in seguito a Joe Biden. Gli americani sono fissati con le sigle e le usano per più o meno tutto, anche grazie a una lingua che (diversamente dall’Italiano) si presta a questa abitudine.

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Il presenzialismo impolitico di Musk e i danni politici dei social media

The Verge

di Luigi Daniele (linkiesta.it, 9 agosto 2024)

«La guerra civile è inevitabile», ha scritto su X qualche giorno fa Elon Musk mentre dal Regno Unito giungevano le notizie dei pogrom ai danni dei rifugiati e degli assalti ai centri di accoglienza. Non è la prima volta che Musk rilancia la retorica dell’ultradestra; da anni, se la prende col “woke” (termine in cui fa rientrare ormai qualunque posizione indice di una società secolarizzata o non rientrante in una rigida separazione di genere, fosse pure un uomo che fa pipì seduto), esprime posizioni politiche oscurantiste e fa sfoggio di una mentalità del lavoro tossica.

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Cosa c’è dietro l’attacco a Google di Elon Musk

(adnkronos.com, 29 luglio 2024)

Google ha davvero “oscurato” il candidato nonché ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump? Questa è l’accusa di Elon Musk, ceo di Tesla, SpaceX e di X.com, l’ex Twitter che ha acquistato per 44 miliardi di dollari e che è diventata la piattaforma dei suoi attacchi e delle sue campagne politiche. Oggi Musk ha pubblicato lo screenshot di una ricerca su Google in cui chi prova a scrivere “President Donald” ottiene come suggerimenti “President Ronald Reagan” o “President Donald Duck”, ovvero Paperino.

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