Archivi tag: star politics

Il canto di guerra di Jaroslav Dronov

The New York Times / Contrasto

di Svetlana Reiter – Kristina Safonova (Meduza / internazionale.it, 6 giugno 2024)

Jaroslav Dronov, il ragazzo che oggi si fa chiamare Shaman, è nato nella città di Novomoskovsk, nella regione russa di Tula. A quindici anni si è iscritto al Conservatorio e ha cominciato a esibirsi in un ristorante locale. A venti si è trasferito a Mosca per studiare canto pop e jazz al Conservatorio statale Gnessin (gli ci sono voluti due tentativi per essere ammesso, e in seguito è emerso che la sua tesi di diploma era un plagio).

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Dall’uccellino alla farfalla: Bluesky e quella celeste nostalgia di Twitter

di Alessandro Frau (agi.it, 24 novembre 2024)

C’è un’aria pulita in Bluesky. Esattamente come quella che si respirava agli albori di Twitter, pensato e creato da Jack Dorsey, e che poi si è deteriorata, diventando quasi irrespirabile, dopo l’avvento di Elon Musk e la trasformazione in X. Per parafrasare un po’ una famosa canzone di Riccardo Cocciante, noi transfrontalieri dei social, abituati a spostarci da una piattaforma all’altra, stiamo vivendo una “celeste nostalgia”, ricordando uccellini, pensieri espressi in 140 caratteri e conversazioni (quasi) civili.

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Trump è l’ultima speranza del creatore del più famoso mercato del Dark Web

Ph. Chip Somodevilla / Getty Images

di Joel Khalili – Andy Greenberg (wired.it, 23 novembre 2024)

Mentre gli americani e il resto del mondo continuano a occuparsi delle implicazioni della rielezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, poche persone si giocano più di un quarantenne che attualmente si trova in un penitenziario federale di Tucson, in Arizona. Per Ross Ulbricht, creatore del leggendario mercato della droga sul Dark Web, Silk Road, in carcere dal 2013, la vittoria di Trump può fare la differenza tra la libertà e una vita in cella.

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Prima delle elezioni Trump aveva già vinto nella moda

Ph. Thibault Camus / Ap

(ilpost.it, 22 novembre 2024)

I segnali della vittoria di Donald Trump alle presidenziali statunitensi non c’erano solo nei sondaggi ma anche nella moda, come hanno scritto subito dopo il risultato molte esperte sui social. Le tendenze su come vestirsi che hanno avuto successo negli ultimi due o tre anni negli Stati Uniti si richiamano soprattutto alla visione del mondo dei Repubblicani, cosa che riflette lo spostamento generale della nazione verso quei valori e aiuta a spiegarne, in parte, la vittoria.

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I cappellini Maga ora si vedono perfino a New York

Ph. Yuki Iwamura / Ap

(ilpost.it, 21 novembre 2024)

Il cappellino da baseball rosso Maga – “Make America Great Again”, far tornare grande l’America – è probabilmente uno degli oggetti più iconici e rappresentativi di questa epoca politica negli Stati Uniti. Fu messo in circolazione durante la campagna presidenziale di Donald Trump del 2016 per identificare i suoi sostenitori e da allora è considerato un simbolo divisivo. Se nelle aree più rurali e conservatrici degli Stati Uniti è normale vederne in giro, nelle grandi città, storicamente più Democratiche, è piuttosto raro incontrare qualcuno che lo indossa.

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L’Instagram dei Carabinieri, il fenomeno social che non ti aspetti

Instagram

di Andrea Indiano (wired.it, 20 settembre 2024)

Tramite meme, videogiochi e musica trap, le forze dell’ordine, in Italia soprattutto l’Arma dei Carabinieri, hanno iniziato a utilizzare i social network in modo attivo, cercando di creare un legame con il pubblico attraverso post divertenti e contenuti virali. Finora, la novità è stata apprezzata dai follower della pagina e i commenti sono per la maggior parte positivi. Tuttavia, i tentativi di creare una connessione con il pubblico attraverso meme e post leggeri spesso rischiano di cadere nel cosiddetto cringe.

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L’ascesa della tech right, la nuova contro-élite di Trump

Ph. Gilles Lambert / Unsplash

di Maurizio Stefanini (linkiesta.it, 21 novembre 2024)

La «destra tech» ha preso il potere negli Stati Uniti, ha scritto Le Monde, riprendendo così un’etichetta di tech right su cui da tempo si stavano accumulando segnalazioni. Citando alla rinfusa: il New Statesman ha definito la Silicon Valley «intossicata» da una nuova mania per il quoziente di intelligenza dai risvolti razzisti. Secondo il blogger Noah Smith è logico che chi fa business si orienti a favore di un partito come quello Repubblicano che si presenta come più pro-business.

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Tom Cruise interpreta un simil Musk, ma la realtà supera i picchiatelli

Ph. Tom Radetzki / Unsplash

di Guia Soncini (linkiesta.it, 20 novembre 2024)

Formiamo subito due file ordinate: in una quelli che ritengono che il ruolo insuperabile interpretato da Tom Cruise sia quello in Tropic Thunder, in un’altra chi pensa che il Cruise più sfavillante sia quello di Magnolia. (Questo articolo non prevede che siate qui a perder tempo non avendo visto o Magnolia o Tropic Thunder: sono tutti e due su Sky, andate a procurarvi una cultura generale invece di stare sull’Internet).

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Le canzoni e i concerti “per l’Africa” non erano una grande idea

(ilpost.it, 20 novembre 2024)

Lunedì il cantante inglese Ed Sheeran ha detto che, se ne avesse avuto la possibilità, avrebbe «rispettosamente vietato» l’utilizzo della sua voce nella nuova versione di Do they know it’s Christmas?, che uscirà il 25 novembre. È una canzone pubblicata quarant’anni fa dal supergruppo britannico Band Aid, fondato da Bob Geldof e Midge Ure, e composto da molte popstar e rockstar internazionali, che ai tempi ebbe un successo enorme anche per via del suo obiettivo filantropico.

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Kamala Harris ha perso: l’era del celebrity endorsement è finita?

The Guardian / Getty Images

di Edward Helmore (theguardian.com / dagospia.com, 19 novembre 2024)

I nomi sembrano quelli di un cast di talenti in procinto di calcare un red carpet o di partecipare alla famosa festa post-Oscar di Vanity Fair. Oprah Winfrey, Megan Thee Stallion, George Clooney, Leonardo DiCaprio, Bruce Springsteen e molti, molti altri. Questi sono solo alcuni dei nomi di celebrità di spicco che hanno sostenuto la corsa fallimentare di Kamala Harris alla Casa Bianca, rendendola una delle campagne politiche più costellate di star nella storia degli Stati Uniti.

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