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Le ombre di TikTok sulle elezioni americane

di Paolo Fiore (agi.it, 3 settembre 2022)

Il social non è più solo intrattenimento: diventato agorà, è ormai un canale necessario per i partiti. Ma si ritrova a fare i conti con la disinformazione. E con una domanda: si può parlare di politica in un minuto? Dai balletti al voto. TikTok ha smesso di essere il social dei playback. Lo è ancora, ma non è solo quello. A differenza di altri grandi social network, TikTok è sempre stato votato all’intrattenimento puro e non si è mai proposto come agorà. Eppure lo è diventato. E qui, come sempre, la situazione si complica. Un social che diventa luogo pubblico di discussione attira idee, messaggi, ma anche bufale e disinformazione. Facebook se ne è accorto con Cambridge Analytica, TikTok quest’anno durante la guerra in Ucraina. Come la pubblicità, la comunicazione politica è – in un certo senso – laica: non bada al palcoscenico, ma va ovunque ci sia una platea da raggiungere.

Ph. Olivier Douliery / Getty Images

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Come funziona il “Centro Elezioni” attivo su TikTok

di Enzo Boldi (giornalettismo.com, 26 agosto 2022)

Un Centro Elezioni in-app, su TikTok, per cercare di dare una corretta indicazione (e corrette informazioni) ai giovani utenti che frequentano la piattaforma e che il prossimo 25 settembre si recheranno (per molti sarà la prima volta) a votare per scegliere il nuovo Parlamento italiano. Il tutto è stato attivato a partire da oggi, 26 agosto, a un mese dal voto per le elezioni politiche, proprio mentre la campagna elettorale – storicamente – è in grado di esasperare concetti, fare false promesse e raccontare storie che poi si rivelano bufale (in alcuni casi anche cavalcando fake news). Si parte dalle etichette che, nel corso delle prossime ore e dei prossimi giorni, saranno utilizzate per distinguere i contenuti relativi alle elezioni del 25 settembre 2022 dagli altri.

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La cultura del ridere e il tradizionale umorismo ucraino, armi della resistenza anti Putin

di Yaryna Grusha Possamai (linkiesta.it, 9 maggio 2022)

Ridere è da sempre la diagnosi di una società sana. Ridere, inoltre, svolge una funzione terapeutica che aiuta a superare lo stato di shock, a scaricare la tensione e a combattere lo stress. In diversi periodi della storia dell’umanità la cultura del ridere è mutata cambiando diverse maschere, cominciando da quella del Carnevale passando al burlesque. Comicità, satira, ironia, fino al black humour. L’arrivo di una nuova forma di umorismo cambia ogni volta, mette in dubbio o abbatte le vecchie norme culturali e letterarie, sostituendole con nuove poetiche e nuove correnti. Spesso ridere manifesta una risposta culturale ai momenti di crisi, soprattutto durante i tentativi di limitare le libertà. Ma c’è spazio per ridere in un contesto di guerra? Oggi ridere può svolgere una funzione terapeutica per i milioni di ucraini afflitti dalla tragedia?

Unsplash

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I politici non dovrebbero stare sui social, ma perché trascurano TikTok?

di Guia Soncini (linkiesta.it, 5 agosto 2022)

Partiamo dalla fine (decidete voi la fine di cosa), ovvero da: se le tue proposte elettorali sono dare soldi ai diciottenni e il voto ai sedicenni, dove le comunichi? Nel posto più frequentato da sedicenni e diciottenni, che (purtroppo) non è più l’oratorio e (per fortuna) non è mai stato Twitter. Il posto più frequentato dai ragazzini (ma anche dagli adulti attenti ai fenomeni in ascesa) è TikTok. Enrico Letta non ha un account su TikTok, e questo sarebbe quasi tutto quel che ho da dire su questa campagna elettorale. Poiché Linkiesta pretende che scriva più di cinque righe, aggiungerò un paio di dettagli. Il primo è che su TikTok non ci sono neanche Matteo Renzi e Carlo Calenda. Il secondo è che la ragione per cui me ne sono accorta è che volevo che questo articolo parlasse del fatto che i politici italiani passano troppo tempo sui social.

Florian Schmetz / Unsplash

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Da Ferragni a Elodie, gli influencer che possono spostare voti

di Lidia Sirna (ilmattino.it, 26 luglio 2022)

In principio c’era solo la coppia più pop del web: Chiara Ferragni e Fedez. Poi si è capito che l’intrattenimento di massa si era spostato sui social e così gli influencer della politica si sono moltiplicati. Oggi nascono, crescono e poi si schierano. Se i Ferragnez sono diventati la coppia più nota d’Italia, del resto, lo si deve anche – forse – al loro attivismo politico e sociale. Durante la prima ondata della pandemia di Covid-19, tanto per fare un esempio, organizzarono una raccolta fondi per costruire un reparto di terapia intensiva. Gesto che è valso loro il prestigioso Ambrogino d’Oro, consegnato direttamente dal sindaco di Milano Beppe Sala. Capita, dunque, che la più classica delle dinamiche italiane (la caduta di un governo dopo un ultimatum) travalichi i binari della comunicazione tradizionale e paludata.

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Musk, Twitter e quei bot che tutti fanno finta di non vedere

di Omar Kamal (huffingtonpost.it, 19 luglio 2022)

La storia è nota. Elon Musk, 51enne visionario proprietario di Tesla oltre che dell’azienda aerospaziale statunitense SpaceX, si è innamorato di un giocattolo il cui nome è Twitter. Il giocattolo in questione, il social media di microblogging, è stato creato dall’informatico e imprenditore Jack Dorsey: il suo primo tweet “just setting up my twttr”, datato 21 marzo 2006, è stato venduto nel metaverso come nft per la cifra record di 3 milioni di dollari che lo stesso Dorsey ha devoluto in beneficenza. Twitter — nato nel 2006 — conquista da subito milioni di persone sparse in tutto il mondo e il suo motore, in principio di soli 140 caratteri, appare inarrestabile: così, in molti, se ne innamorano perdutamente. Musk se n’è innamorato, ma non è stato il solo: la sola differenza è che Musk (rispetto ad altri) ha fatto un’offerta reale di 44 miliardi di dollari per comprare Twitter, ovvero 54,20 dollari per azione.

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Gianluca Vacchi, mai un raffreddore

di Stefano Ciavatta (esquire.com, 7 giugno 2022)

Ci siamo. È arrivata la fase da venerato maestro anche per Gianluca Vacchi, imprenditore bolognese, creator digitale, influencer da 40 milioni di follower, per molti solo “quello dei balletti” o semplicemente “un morto di fama”, da ultimo anche deejay al Tomorrowland e all’Amnesia di Ibiza, “celebrità su Internet” sintetizza Google. Con il documentario Mucho Mas prodotto da Nicola Giuliano, premio Oscar per La grande bellezza, Vacchi ha chiuso il cerchio del suo storytelling dorato. Ora è in orbita Prime Video come i Ferragnez e Sfera Ebbasta: that’s Italy. Tra gli animali sociali digitali Vacchi è il primo crack nel suo genere, vale a dire il filone del costume nazionale dei dispenser di leggerezza, gli stakanovisti della fabbrica di felicità e acqua calda. “Me ne vado a fare il guru” diceva Riccardo Pazzaglia.

Prime Video

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Sale l’asticella per accedere allo stardom

di Costantino della Gherardesca (ilfoglio.it, 14 maggio 2022)

Nel 2005, durante la settimana della moda milanese, c’era un nome sulla bocca di tutti: Serpica Naro, una stilista anglo-nipponica che per creare la sua prestigiosa linea di stivali aveva decimato gli esemplari di rana persico, anfibio la cui pelle squamosa sembra fatta apposta per essere immolata sull’altare dello shoe design. I consumatori di moda dell’hinterland si bevvero la bufala, mentre le più maliziose milanesi si accorsero del trucco: Serpica Naro e rana persico erano anagrammi di San Precario, un collettivo nato nel 2004 per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema del precariato, un fenomeno che allora si considerava reversibile, forse perché l’Èra dell’Ingenuità (gli anni Novanta) non aveva ancora esaurito la sua energia. Ora, vi chiederete voi, per quale motivo mi tornano in mente queste vecchie storielle da nonno di Madison Avenue?

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Come i social hanno instupidito le istituzioni

(ilpost.it, 30 aprile 2022)

Nella prima metà degli anni Duemila i primi social media svilupparono le proprie piattaforme prendendo a modello alcuni strumenti già disponibili su Internet fin dagli anni Novanta, come le chat, i forum e le “bacheche” virtuali. I servizi forniti da piattaforme come Myspace, Friendster e Facebook permettevano alle persone di condividere interessi e avere relazioni sociali a distanza più frequenti, su una scala fino a quel momento inimmaginabile ma in modo non troppo diverso da quanto fosse possibile attraverso i servizi postali, il telefono, le email o gli sms. A cambiare radicalmente questo contesto alcuni anni dopo, secondo Jonathan Haidt, docente americano di Psicologia sociale alla Stern School of Business della New York University, fu l’intensificazione delle dinamiche virali resa tecnicamente possibile dall’introduzione nelle piattaforme di funzionalità standard che permettevano di ricondividere i contenuti.

Ph. Leah Millis / Reuters

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Flavia Vento grida “Svegliateviiiiiii” e fa 2mila like

di Andrea Cangini (huffingtonpost.it, 9 maggio 2022)

Nei giorni scorsi mi sono imbattuto in un tweet di Flavia Vento, la showgirl assurta a chiara fama per aver interpretato il ruolo di valletta singolarmente accovacciata all’interno di una gabbia in plexiglas usata a mo’ di tavolino dal conduttore. Una prova impegnativa per il corpo, per la mente e fors’anche per lo spirito. Segno evidente, perciò, di una non consueta capacità di adattamento. Il tweet di Flavia Vento mi ha colpito per il tono imperativo e per l’originale strascico delle vocali finali di molte delle poche parole di cui si componeva. Eccolo: “Svegliateviiiiiii vi stanno prendendo per il culooooo svegliaaaaaaa”. Al pari d’ogni segno di interpunzione, soggetto e complemento oggetto sono affidati alla libera interpretazione del singolo lettore. Il che, secondo le più recenti interpretazioni, fa della Vento una vera liberale.

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