Archivi tag: social network

Frank, il nuovo social network conservatore

di Gabriele Porro (wired.it, 15 aprile 2021)

A seguito dell’espulsione da Facebook e Twitter, Mike Lindell, fondatore dell’azienda produttrice di cuscini MyPillow e acceso sostenitore di Donald Trump, ha deciso di creare il suo social network, chiamandolo semplicemente Frank. La piattaforma prevede di aprire le sue porte a un numero limitato di utenti vip il 16 aprile, pertanto sul sito Internet è già possibile effettuare la registrazione. Frank è stato sviluppato nel periodo immediatamente successivo alle elezioni presidenziali dello scorso novembre e già allora era stato descritto da Lindell come una combinazione di stampa, radio e tv che avrebbe offerto ai suoi utenti la possibilità di comporre post testuali oppure di accedere a funzionalità in live streaming. Gli utenti target di questo nuovo social network sono tutti i conservatori scontenti del risultato delle elezioni e dei provvedimenti “ingiusti” presi dai grandi social network nei confronti di Trump.frank Continua la lettura di Frank, il nuovo social network conservatore

Trump lancerà il suo social fatto in casa

di Gianmichele Laino (giornalettismo.com, 22 marzo 2021)

Un po’ Zuckerberg, un po’ Chiara Ferragni. Un po’ Instagram, un po’ Clubhouse, un po’ Parler. C’è di tutto nella ricetta del prossimo social network di Donald Trump. Già, perché l’ex presidente degli Stati Uniti, bannato ormai dalla maggior parte dei social più popolari, ha deciso di fare da solo. E di progettare una piattaforma a propria immagine e somiglianza. La notizia circolava da qualche giorno ed è stata ufficializzata dal suo consigliere personale, Jason Miller, in un’intervista a Fox News. «Vedremo Trump tornare sui social media tra due, tre mesi al massimo» ha detto Miller», grazie a una sua piattaforma personale, messa a punto per essere la più interessante in assoluto nel panorama dei social media: ridefinirà completamente le regole del gioco».

Ph. Alex Wong / Getty Images
Ph. Alex Wong / Getty Images

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E se distinguere Vero e Falso su Internet fosse semplicemente impossibile?

di Stefano Piri (esquire.com, 12 febbraio 2021)

Nel gennaio del 1976 l’irruzione di un nuovo personaggio ravviva l’immaginario politico americano, ancora sbiadito dopo l’epocale perdita d’innocenza del Watergate. A portare agli onori delle cronache colei che presto sarà nota a ogni onesto lavoratore americano come Welfare Queen è il candidato alle primarie repubblicane Ronald Reagan, ex governatore della California, ex presidente del sindacato degli attori di Hollywood e soprattutto ex divo dei western anni Quaranta: uno che sa come si costruisce un personaggio, insomma. «A Chicago hanno scoperto questa donna: se ne andava in giro su una Cadillac e usava 80 nomi, 30 indirizzi e 15 numeri di telefono per raccogliere buoni pasto, pensioni sociali, pensioni da veterano per quattro mariti inesistenti morti in guerra. Il suo reddito non tassabile, da solo, arrivava a 150mila dollari all’anno».

RepresentUS
RepresentUS

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I progetti di Twitter per ripensare le proprie regole

(ilpost.it, 14 gennaio 2021)

Jack Dorsey, il cofondatore e ceo di Twitter, ha scritto una serie di tweet per riflettere sulla sospensione definitiva dell’account del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulle sue conseguenze e su come da quello che è successo in questi giorni dovrebbero nascere nuove regole, per Twitter e per Internet. Nei primi tweet, Dorsey ha difeso la decisione di Twitter: «Non festeggio e non provo orgoglio per il fatto che abbiamo dovuto bloccare @realDonaldTrump da Twitter, né per come siamo arrivati a farlo». Tuttavia, Dorsey ritiene che per Twitter sia stata «la decisione giusta», perché è servita a limitare credibili minacce di violenza.

Ph. Hannah McKay / Getty Images – Pool
Ph. Hannah McKay / Getty Images – Pool

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Perché solo ora? Cosa c’è dietro ai ban messi in atto dalle grandi piattaforme

di Giacomo Aschacher (giornalettismo.com, 13 gennaio 2021)

Censura contro libertà d’espressione, la sfida sempre aperta è diventata il centro del dibattito di questi giorni in merito al ban sui social di Donald Trump, seguito dalla cancellazione del social network Parler sia dagli app store di Google e Apple sia da Aws, l’infrastruttura cloud di Amazon, seguito infine dalla cancellazione di oltre 70mila account collegati al movimento complottista QAnon. Può un social network come Twitter o Facebook arrogarsi il diritto di limitare o bloccare la libertà di espressione? La risposta è scontata: certo che può.Twitter-Trump Continua la lettura di Perché solo ora? Cosa c’è dietro ai ban messi in atto dalle grandi piattaforme

Luciano Floridi: «I social sono nell’infosfera. Servono nuove regole»

di Adele Sarno (huffingtonpost.it, 13 gennaio 2021)

Che due amministratori delegati abbiano staccato la spina agli account Twitter e Facebook di Donald Trump ormai è cosa nota. Anche il motivo lo è: durante l’assedio di Capitol Hill il presidente in carica Trump buttava benzina sul fuoco, incitando i suoi sostenitori con una serie di tweet, continuando ad affermare falsamente che le elezioni erano state truccate. Mark Zuckerberg e Jack Dorsey sono intervenuti e hanno preso la decisione che ha stupito tutti: bloccare i profili social del Presidente. Questa operazione dei Big Tech oggi ha aperto il dibattito: può un ceo decidere cosa si possa fare o meno sui social network? È giusto o sbagliato? I social network sono uno spazio privato, pubblico o privato ad accesso pubblico, come lo può essere, per esempio, una palestra? Twitter e Facebook hanno fatto bene a chiudere gli account di Trump?social_infosfera Continua la lettura di Luciano Floridi: «I social sono nell’infosfera. Servono nuove regole»

La decisione di “far fuori” Trump dai social, vista dagli storici

di Letizia D’Agata (agi.it, 11 gennaio 2021)

Donald Trump censurato dai social network dopo i fatti di Capitol Hill diventa un caso. Se ne discute anche in Italia. La questione è chiara: può una società privata decidere di “oscurare” il presidente degli Stati Uniti per le sue opinioni? Lo abbiamo chiesto a tre importanti storici italiani che, concordi nel condannare in linea teorica ogni forma di censura, hanno dato risposte differenti.

Pixabay
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Due Americhe e la messa al bando della ragione

di Mario Sechi (agi.it, 10 gennaio 2021)

La crisi americana è una matrioska, quella più grande ha la faccia di Donald Trump, ma al suo interno ci sono altre bamboline che sono pronte a bussare alla porta di tutti. La colpa di Trump è quella di non aver mai tenuto conto di una verità che la Storia offre gratis a tutti: la massa ha un limite di manovra per qualsiasi leader carismatico, superato quello, diventa ingovernabile, assume una propria fisionomia e diventa “muta di guerra” (Elias Canetti, Massa e potere). La sua responsabilità politica è evidente, non è una questione di intenzionalità o meno – il fatto è squadernato –, si tratta dell’incapacità di Trump di leggere (e reggere) il contesto del 6 gennaio scorso: il conteggio dei voti in Georgia, la seduta del Congresso per la certificazione dell’elezione di Joe Biden, la manifestazione degli elettori di Trump sull’Ellipse di fronte alla Casa Bianca. Tre scenari, due Americhe.

Afp
Afp

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Parler, il social network dell’estrema destra

di Pietro Mecarozzi (linkiesta.it, 17 novembre 2020)

L’estrema destra statunitense ha trovato un nuovo rifugio social: si chiama Parler, e si presenta come il regno della libertà d’espressione. La piattaforma si autodefinisce “La piazzetta del mondo”, promette la completa libertà di parola senza il rischio di essere bloccati e, allo stesso tempo, non consente l’accesso a troll o a contenuti sensibili. A novembre del 2020 ha registrato circa 4 milioni di utenti attivi e oltre 10 milioni di utenti totali, contro quota 1,5 milioni di utenti raggiunti sul finire di giugno. Un boom di contatti che, negli ultimi giorni, ha trovato maggior slancio dopo la proclamazione della vittoria di Joe Biden nelle elezioni presidenziali.Parler_social Continua la lettura di Parler, il social network dell’estrema destra

Il falso che sta in piedi

(ilpost.it, 21 novembre 2020)

Le cause legali del comitato elettorale di Donald Trump e del Partito Repubblicano per bloccare la certificazione del voto in alcuni Stati e Contee americane o per sovvertirne il risultato sono state finora tutte rigettate, e anche le procedure di riconteggio negli Stati hanno confermato la vittoria di Joe Biden: per esempio in Georgia, dove i voti sono stati ricontati a mano (misura straordinaria chiesta dal Partito Repubblicano), il risultato non è cambiato. Per quanto infondata, però, la tesi di illeciti o brogli trova il sostegno di un pezzo significativo dell’elettorato del Partito Repubblicano, che si fida del suo presidente e dei politici che ha votato.

Ph. Chris McGrath / Getty Images
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