La Guida Suprema iraniana, Ali Khamenei, precipita al suolo perdendo una scarpa in volo fino a raggiunge il defunto dittatore libico, Muammar Gheddafi, già affondato in una pozza di sangue. La scena è disegnata dal più celebre vignettista iraniano, Mana Neyestani, ed è stata scelta per la copertina della prima rivista pubblicata in Francia dalla diaspora per raccontare, in tempo reale, le proteste in corso da 4 mesi in Iran e che molti già descrivono come la “rivoluzione” che porterà alla fine della Repubblica islamica.
di Alessandro Vinci (corriere.it, 10 ottobre 2022)
Alcuni sondaggi gli accordavano non più del 5% delle preferenze. Alla fine ha raggiunto addirittura l’8,4%. Se la rielezione alla presidenza austriaca di Alexander Van der Bellen veniva data per scontata, all’indomani delle consultazioni nel Paese d’Oltralpe a sorprendere è il risultato dell’outsider Dominik Wlazny, in arte Marco Pogo. Il motivo è presto detto: si tratta del leader del Partito della Birra, fondato nel 2015 come semplice «progetto satirico» né di destra né di sinistra.
di Yaryna Grusha Possamai (linkiesta.it, 9 maggio 2022)
Ridere è da sempre la diagnosi di una società sana. Ridere, inoltre, svolge una funzione terapeutica che aiuta a superare lo stato di shock, a scaricare la tensione e a combattere lo stress. In diversi periodi della storia dell’umanità la cultura del ridere è mutata cambiando diverse maschere, cominciando da quella del Carnevale passando al burlesque. Comicità, satira, ironia, fino al black humour. L’arrivo di una nuova forma di umorismo cambia ogni volta, mette in dubbio o abbatte le vecchie norme culturali e letterarie, sostituendole con nuove poetiche e nuove correnti. Spesso ridere manifesta una risposta culturale ai momenti di crisi, soprattutto durante i tentativi di limitare le libertà. Ma c’è spazio per ridere in un contesto di guerra? Oggi ridere può svolgere una funzione terapeutica per i milioni di ucraini afflitti dalla tragedia?
All’inizio di questa settimana al primo posto tra le canzoni virali più ascoltate sulla piattaforma musicale Spotify c’era Mi bebito fiu fiu, un brano con un testo piuttosto ridicolo e sdolcinato prodotto dal compositore peruviano Alberto Silva Reyes, più noto come Tito Silva Music. C’è un motivo, in particolare, per cui Mi bebito fiu fiu ha avuto così tanto successo ed è diventata virale anche al di fuori del Perù: prende in giro alcuni messaggi che si sarebbero scambiati l’ex presidente peruviano Martín Vizcarra e Zully Pinchi Ramírez, la sua presunta amante. La canzone prodotta da Tito Silva ha una base ispirata a Stan di Eminem e Dido, ed è cantata dalla sua collaboratrice, Tefi Céspedes. Il testo prende spunto dagli screenshot di alcuni messaggi inviati su WhatsApp che a maggio erano stati mostrati durante il programma televisivo Panorama: testi che sembravano mostrare una presunta infedeltà di Vizcarra, già coinvolto in vari scandali di corruzione.
A cosa servono i comici? In George Carlin’s American Dream c’è Chris Rock che dice che hanno preso il posto dei filosofi: chi è che oggi si mette ad ascoltare i filosofi? Su Twitter ci sono ogni giorno militanti offesi perché un qualche comico ha mancato di rispetto al loro settore d’appartenenza: vogliamo essere rassicurati e rappresentati, due ruoli più adatti alle maestre elementari che ai filosofi e ai comici; non vogliamo essere spiazzati né irrisi, il che rende quello del comico contemporaneo un mestiere impossibile. Gira voce che stia per uscire un nuovo monologo di Ricky Gervais, che sarebbe grandemente transfobico, ed è un’accusa che magari qualche tempo fa avremmo preso quasi sul serio, sebbene tendenzialmente scema (non tutto quello che t’irride ha una fobia nei tuoi confronti: anzi).
Lo schiaffo dato dall’attore Will Smith al comico Chris Rock all’ultima cerimonia degli Oscar, reazione a una battuta di Rock rivolta all’attrice e moglie di Smith, Jada Pinkett Smith, è stato uno dei fatti più raccontati e commentati del 2022. L’aggressione, per cui Rock non ha poi sporto denuncia contro Smith, è recentemente tornata di attualità quando Dave Chappelle, uno dei più famosi comici americani, è stato attaccato da un uomo di ventitré anni salito sul palco armato con una pistola finta dotata di una lama, durante uno spettacolo per il festival Netflix Is a Joke all’Hollywood Bowl a Los Angeles, il 3 maggio scorso. Chappelle non è rimasto ferito nell’incidente: l’aggressore è stato in seguito rincorso e bloccato dalle guardie, e affronterà un processo. Chris Rock, presente durante lo spettacolo di Chappelle insieme ad altri attori e personaggi celebri, è poi salito brevemente sul palco e ha detto: «Era Will Smith quello?». Il comico e presentatore televisivo inglese Paddy McGuinness ha definito l’incidente una «diretta conseguenza» dello schiaffo di Smith a Rock, alludendo al rischio di altri possibili tentativi di emulazione in futuro.
Valerio Lundini è salito sul palco del concertone del Primo Maggio verso le sette di sera e diverse ore di musica infarcita da discorsi sulla guerra e sulla pace che seguivano i canoni della più tradizionale retorica pacifista della sinistra italiana. Il comico romano ha cantato La guerra è brutta, accompagnato dai VazzaNikki. Una canzone che è il concentrato proprio di quelle frasi che si erano sentite sino a pochi istanti prima: “non servono le armi”, “non servono i bunker”, “perché solo la musica ci può salvare dall’imminente scoppio di un conflitto mondiale”. Insomma, niente di nuovo, non fosse per il “perché più di qualunque proiettile è potente la nostra retorica”, che era una dichiarazione di intenti, un modo per avvisare gli spettatori, un modo per dire sì, sto proprio parlando di voi, sto ironizzando su di voi, proprio su di voi.
Negli ultimi anni la definizione di “fake news” è stata spesso usata in maniera sbrigativa e generica per descrivere qualsiasi tipo di notizia falsa o sostenuta tale – soprattutto nel linguaggio della politica, o in generale quando qualcuno cerca di smentire un’informazione che lo riguarda – confondendo il suo significato letterale con il più esteso dibattito sulla disinformazione in questi anni. “Notizie false”, poi, è un’espressione che assume tutt’altro valore se la falsità è palese: che è un formato tradizionale della satira. Le persone che lavorano a Lercio, popolarissimo sito italiano di notizie satiriche, sono state spesso costrette a ricordarlo, negli anni del loro lavoro.
di Patrick Gathara (internazionale.it, 13 maggio 2021)
“In un periodo come questo serve una caustica ironia, non un ragionamento convincente”, dichiarò l’abolizionista statunitense Frederick Douglass nel 1852. Si riferiva alla futilità di discutere della schiavitù in un Paese in cui la Costituzione dichiarava la libertà un diritto fondamentale. Invece di cercare di convincere il suo pubblico dell’ovvio, Douglass usò l’umorismo come un’arma contro le incoerenze dello schiavismo negli Stati Uniti dell’Ottocento. Ma avrebbe potuto riferirsi anche al Kenya di oggi, dove ogni giorno il governo fa cose assurde. Il 18 aprile la polizia ha chiuso alcune delle principali strade di Nairobi con il pretesto di far rispettare il coprifuoco deciso per il Covid-19, provocando lunghi ingorghi. Nel traffico della Capitale sono rimaste bloccate ambulanze, genitori con bambini piccoli e lavoratori.
di Ilaria Roncone (giornalettismo.com, 8 aprile 2021)
La novità è stata annunciata sul profilo Twitter Facebook Newsroom, che ha anche mostrato quello che – da oggi in poi – gli utenti di Facebook vedranno negli Stati Uniti quando si troveranno ad avere a che fare con una pagina che pubblica contenuti satirici. Per ora questa novità coinvolge solamente gli utenti del Paese d’origine del social di Zuckerberg ma probabilmente nel giro di qualche mese verrà ampliata, come solitamente viene fatto per le implementazioni del social. L’idea è quella di rendere sempre più chiara e netta, tramite l’etichetta “pagina satirica”, la differenza tra le pagine che hanno toni seri e quelle che, invece, sono satiriche. «A partire da oggi», si legge nel tweet che annuncia la novità, «negli Stati Uniti iniziamo a testare un modo per fornire alle persone un contesto più definito rispetto alle pagine che vedono».