Durante i suoi ultimi spettacoli, il comico americano Bill Hicks diceva spesso al pubblico che forse era l’ultima volta che si esibiva. La gente la prendeva come una delle sue tante sparate, ma a Hicks era stato diagnosticato ormai da diversi mesi un cancro al pancreas, che si era metastatizzato al fegato. Aveva solo 32 anni, ma da un po’ di tempo aveva raggiunto una certa fama tra i cultori della stand-up comedy, la tipica comicità americana a monologhi, sia negli Stati Uniti sia nel Regno Unito.
Sono la peggior critica culturale del mondo: mi sveglio sempre tardi, quando i film li hanno smontati, i libri sono già in edizione economica, i fenomeni sono vintage. Questa volta avete ancora tre giorni. Tre giorni per andare a fare il weekend a Londra e vedere la mostra che c’è fino alla fine di questa settimana alla Raven Row, una galleria che ha di fianco un baluardo di civiltà: un parrucchiere con la piega differenziata. Ci sono gli orari a prezzo normale, quelli scontati, quelli maggiorati.
A cosa servono i comici? In George Carlin’s American Dream c’è Chris Rock che dice che hanno preso il posto dei filosofi: chi è che oggi si mette ad ascoltare i filosofi? Su Twitter ci sono ogni giorno militanti offesi perché un qualche comico ha mancato di rispetto al loro settore d’appartenenza: vogliamo essere rassicurati e rappresentati, due ruoli più adatti alle maestre elementari che ai filosofi e ai comici; non vogliamo essere spiazzati né irrisi, il che rende quello del comico contemporaneo un mestiere impossibile. Gira voce che stia per uscire un nuovo monologo di Ricky Gervais, che sarebbe grandemente transfobico, ed è un’accusa che magari qualche tempo fa avremmo preso quasi sul serio, sebbene tendenzialmente scema (non tutto quello che t’irride ha una fobia nei tuoi confronti: anzi).
Lo schiaffo dato dall’attore Will Smith al comico Chris Rock all’ultima cerimonia degli Oscar, reazione a una battuta di Rock rivolta all’attrice e moglie di Smith, Jada Pinkett Smith, è stato uno dei fatti più raccontati e commentati del 2022. L’aggressione, per cui Rock non ha poi sporto denuncia contro Smith, è recentemente tornata di attualità quando Dave Chappelle, uno dei più famosi comici americani, è stato attaccato da un uomo di ventitré anni salito sul palco armato con una pistola finta dotata di una lama, durante uno spettacolo per il festival Netflix Is a Joke all’Hollywood Bowl a Los Angeles, il 3 maggio scorso. Chappelle non è rimasto ferito nell’incidente: l’aggressore è stato in seguito rincorso e bloccato dalle guardie, e affronterà un processo. Chris Rock, presente durante lo spettacolo di Chappelle insieme ad altri attori e personaggi celebri, è poi salito brevemente sul palco e ha detto: «Era Will Smith quello?». Il comico e presentatore televisivo inglese Paddy McGuinness ha definito l’incidente una «diretta conseguenza» dello schiaffo di Smith a Rock, alludendo al rischio di altri possibili tentativi di emulazione in futuro.
di Adalgisa Marrocco (huffingtonpost.it, 17 gennaio 2021)
«La cancel culture è la distruzione dell’anima creativa, il politically correct è diventato la più infelice religione del mondo». A sostenerlo è Nick Cave che, con composta eleganza, sulle pagine del britannico Spectator sottolinea quanto possa essere «asfissiante per la società» quell’atteggiamento di colpevolizzazione e privazione di sostegno e gradimento, sovente espresso tramite i social media, nei riguardi di personaggi pubblici, aziende o prodotti culturali ritenuti portatori di un messaggio offensivo o politicamente scorretto. Il cantautore australiano è, in ordine di tempo, l’ultima delle celebrità che hanno palesato dissenso per una tendenza che rischia di trasformare la società in «inflessibile, paurosa, vendicativa e priva di senso dell’umorismo», sottolinea lui.