di Stefano Cagelli (linkiesta.it, 20 luglio 2022)
«Sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti, un Nole». Nole sarebbe Novak Djokovic, uno dei più grandi tennisti della storia, uno dei più grandi atleti slavi della storia, uno dei più controversi campioni della storia. Quella che abbiamo riadattato è una frase iconica dei tempi della Jugoslavia unita e al posto di “Nole” c’era ovviamente “Tito”, il nome con cui era noto Josip Broz, presidente a vita della Repubblica Socialista Federale. Un’espressione che faceva capire immediatamente come un tale crogiuolo di popoli e culture fosse tenuto insieme quasi esclusivamente dall’adorazione quasi trascendente per il capo e dalle politiche dittatoriali con cui il segretario generale del Partito Comunista jugoslavo soggiogava i suoi “sudditi”. Cosa c’entra tutto questo con Djokovic?