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La lezione del trumpismo: occorre un disarmo digitale

di Marco Morosini (huffingtonpost.it, 22 gennaio 2021)

L’abbiamo vista tutti la mazza con cui un “terrorista domestico” ha frantumato le vetrate del Parlamento degli Stati Uniti. Quella mazza è un simbolo appropriato per un tentativo di quattro anni di demolire la democrazia statunitense. Un vero incubo! Un’altra famosa mazza era già stata il simbolo del contrario: il sogno di una “liberazione digitale”. Con una grande mazza, infatti, il megaschermo del Grande Fratello veniva frantumato nel leggendario spot 1984 di Ridley Scott, con il quale Apple lanciò quattro decenni fa il suo rivoluzionario Macintosh, il “computer per tutti”. Quel mitico spot 1984 fu il più impressionante manifesto del “digitalismo politico”, detto anche “Ideologia Californiana”: un’era di libertà, intelligenza collettiva, democrazia diretta e potere popolare era alle porte.1984-Apple Continua la lettura di La lezione del trumpismo: occorre un disarmo digitale

«Newsmax sarà la prima tv, voglio Fox News»: intervista a Chris Ruddy

di Mario Sechi (agi.it, 25 gennaio 2021)

Un giorno gli storici forse divideranno la nostra vicenda contemporanea in due momenti: prima e dopo Trump. Nel frattempo, siamo immersi in un “durante” che serve a vedere il dopo e decifrare ciò che è successo prima. Trump è amato o odiato, non ci sono vie di mezzo, chi lo insulta e apostrofa come un gaglioffo può esibire il pedigree democratico per stare in società, chi lo adora naturalmente lo fa no limits: tutti gli altri sono “nemici del popolo”. Il risultato è che dal 2016 gli uni e gli altri sbagliano le previsioni su The Donald. Dopo l’invasione di Capitol Hill, gli illusionisti dicono che la storia è (ri)finita e l’America è un grande paradiso no borders, un territorio pacificato, governato dal Partito Democratico di Joe Biden e Kamala Harris, mentre i repubblicani sono in un penoso esilio e Trump è destinato a trascorrere il suo tempo giocando a golf.Newsmax Continua la lettura di «Newsmax sarà la prima tv, voglio Fox News»: intervista a Chris Ruddy

Trump ha un padre politico: McCarthy

di Sonia Turrini (huffingtonpost.it, 11 gennaio 2021)

Le vicende del Campidoglio del 6 gennaio, tanto prevedibili quanto sorprendenti, sono l’epilogo in una saga che non comincia nel 2016, e non comincia nemmeno con Donald Trump. Era la sera di giovedì 9 febbraio 1952, e il senatore del Wisconsin Joe McCarthy era invitato a parlare al McClure Hotel. Lo storico Jon Meacham riassume il tema del suo discorso in due parole: “American carnage”, massacro americano, le stesse parole usate nel suo discorso inaugurale dal presidente Trump. Le somiglianze fra i due non si fermano certo qui.Trump-McCarthy Continua la lettura di Trump ha un padre politico: McCarthy

I progetti di Twitter per ripensare le proprie regole

(ilpost.it, 14 gennaio 2021)

Jack Dorsey, il cofondatore e ceo di Twitter, ha scritto una serie di tweet per riflettere sulla sospensione definitiva dell’account del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulle sue conseguenze e su come da quello che è successo in questi giorni dovrebbero nascere nuove regole, per Twitter e per Internet. Nei primi tweet, Dorsey ha difeso la decisione di Twitter: «Non festeggio e non provo orgoglio per il fatto che abbiamo dovuto bloccare @realDonaldTrump da Twitter, né per come siamo arrivati a farlo». Tuttavia, Dorsey ritiene che per Twitter sia stata «la decisione giusta», perché è servita a limitare credibili minacce di violenza.

Ph. Hannah McKay / Getty Images – Pool
Ph. Hannah McKay / Getty Images – Pool

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Perché solo ora? Cosa c’è dietro ai ban messi in atto dalle grandi piattaforme

di Giacomo Aschacher (giornalettismo.com, 13 gennaio 2021)

Censura contro libertà d’espressione, la sfida sempre aperta è diventata il centro del dibattito di questi giorni in merito al ban sui social di Donald Trump, seguito dalla cancellazione del social network Parler sia dagli app store di Google e Apple sia da Aws, l’infrastruttura cloud di Amazon, seguito infine dalla cancellazione di oltre 70mila account collegati al movimento complottista QAnon. Può un social network come Twitter o Facebook arrogarsi il diritto di limitare o bloccare la libertà di espressione? La risposta è scontata: certo che può.Twitter-Trump Continua la lettura di Perché solo ora? Cosa c’è dietro ai ban messi in atto dalle grandi piattaforme

Luciano Floridi: «I social sono nell’infosfera. Servono nuove regole»

di Adele Sarno (huffingtonpost.it, 13 gennaio 2021)

Che due amministratori delegati abbiano staccato la spina agli account Twitter e Facebook di Donald Trump ormai è cosa nota. Anche il motivo lo è: durante l’assedio di Capitol Hill il presidente in carica Trump buttava benzina sul fuoco, incitando i suoi sostenitori con una serie di tweet, continuando ad affermare falsamente che le elezioni erano state truccate. Mark Zuckerberg e Jack Dorsey sono intervenuti e hanno preso la decisione che ha stupito tutti: bloccare i profili social del Presidente. Questa operazione dei Big Tech oggi ha aperto il dibattito: può un ceo decidere cosa si possa fare o meno sui social network? È giusto o sbagliato? I social network sono uno spazio privato, pubblico o privato ad accesso pubblico, come lo può essere, per esempio, una palestra? Twitter e Facebook hanno fatto bene a chiudere gli account di Trump?social_infosfera Continua la lettura di Luciano Floridi: «I social sono nell’infosfera. Servono nuove regole»

La decisione di “far fuori” Trump dai social, vista dagli storici

di Letizia D’Agata (agi.it, 11 gennaio 2021)

Donald Trump censurato dai social network dopo i fatti di Capitol Hill diventa un caso. Se ne discute anche in Italia. La questione è chiara: può una società privata decidere di “oscurare” il presidente degli Stati Uniti per le sue opinioni? Lo abbiamo chiesto a tre importanti storici italiani che, concordi nel condannare in linea teorica ogni forma di censura, hanno dato risposte differenti.

Pixabay
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L’assessora di Fratelli d’Italia in Veneto che canta “Faccetta nera” alla radio

di Giulio Cavalli (tpi.it, 11 gennaio 2021)

L’ultimo è stato Guido Crosetto, giusto oggi, che in un’intervista dice “noi con il fascismo abbiamo già fatto i conti a Fiuggi, all’epoca di AN”. In Fratelli d’Italia è tutta una corsa a dire e non dire, ad affermare e smentire, a prendere le distanze e poi rituffarsi: del resto per loro il fascismo è un qualcosa di cui si deve sentire solo il profumo, quanto basta per non perdere quei voti e in modo abbastanza furbo da non esser attaccabili. Un equilibrio ipocrita e precario che poi ovviamente viene smentito appena si gratta poco poco la superficie. Come è accaduto con l’assessora all’Istruzione (badate bene: all’Istruzione) della Regione Veneto Elena Donazzan, ovviamente di Fratelli d’Italia.Faccetta_nera_Donazzan Continua la lettura di L’assessora di Fratelli d’Italia in Veneto che canta “Faccetta nera” alla radio

Per Umberto Tozzi non c’è “Gloria” nello staff di Trump che utilizza il suo pezzo prima dell’assalto a Capitol Hill

di Ilaria Roncone (giornalettismo.com, 10 gennaio 2021)

Umberto Tozzi si dissocia dall’utilizzo della canzone Gloria prima dell’assalto a Capitol Hill, con i figli di Donald Trump e tutto il suo staff ripreso sulle note della canzone. Melodia che è stata ampiamente utilizzata da Trump e dai suoi: anche mercoledì 6 gennaio – appena prima dell’assalto al Congresso – durante il comizio risuonavano le note della nota canzone del cantante italiano, diffusa tramite altoparlanti. Umberto Tozzi ha deciso di dissociarsi apertamente e pubblicamente dal fatto con un video su Twitter, e sui social sceglie di prendere posizione sulla questione sia in Italiano che in Inglese.Tozzi_Gloria_Trump Continua la lettura di Per Umberto Tozzi non c’è “Gloria” nello staff di Trump che utilizza il suo pezzo prima dell’assalto a Capitol Hill

L’ossessione di Renzi: ricorda i social 13 volte in 15 minuti

di Ilaria Roncone (giornalettismo.com, 13 gennaio 2021)

Ben 13 volte in 15 minuti. Sarà che è la critica sulla base della quale Matteo Renzi ha fondato il suo ragionamento e il ritiro della fiducia a Giuseppe Conte, ma nel suo one man show Renzi ha detto social, nomi di social o parole legate a questo ambito per 13 volte in 15 minuti. Considerato che il primo minuto di collegamento è stato per chiedere scusa del ritardo, contiamo su una media di quasi una volta al minuto. Et voilà, ecco la misura dell’ossessione di Renzi per i social network e per la popolarità che Conte ha acquisito in questi mesi di pandemia – quasi come se rosicasse.Renzi_vs_social Continua la lettura di L’ossessione di Renzi: ricorda i social 13 volte in 15 minuti