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In che modo i social network alimentano divisioni e ostilità

MirageC / Getty Images

di Antoine Marie (The Conversation / internazionale.it, 8 agosto 2024)

Un tempo i giovani appena diplomati o laureati sognavano di creare un social network che potesse avvicinare tra loro le persone. Quel sogno, oggi, è solo un ricordo lontano. Nel 2024 le piattaforme on line sono infatti accusate di ogni genere di nefandezza: diffondono notizie false, sono usate dai russi e dai cinesi per destabilizzare le democrazie e attirano contatti per poi vendere i dati personali ad aziende poco affidabili.

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L’elogio di Habermas ai media digitali

di Alberto Ferrigolo (agi.it, 23 settembre 2022)

I media digitali sono un pericolo per la società? Se lo chiede nel suo nuovo libro Jürgen Habermas, il filosofo tedesco tra i principali esponenti della Scuola di Francoforte, che guarda con preoccupazione ad un nuovo “cambiamento strutturale nella sfera pubblica”, come riferisce il settimanale Die Zeit. La tesi è questa: per Habermas il nuovo cambiamento strutturale è il risultato di una “dissoluzione dei confini narrativi”.

Ph. Jet Budelman / De Beeldunie

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Come i social hanno instupidito le istituzioni

(ilpost.it, 30 aprile 2022)

Nella prima metà degli anni Duemila i primi social media svilupparono le proprie piattaforme prendendo a modello alcuni strumenti già disponibili su Internet fin dagli anni Novanta, come le chat, i forum e le “bacheche” virtuali. I servizi forniti da piattaforme come Myspace, Friendster e Facebook permettevano alle persone di condividere interessi e avere relazioni sociali a distanza più frequenti, su una scala fino a quel momento inimmaginabile ma in modo non troppo diverso da quanto fosse possibile attraverso i servizi postali, il telefono, le email o gli sms. A cambiare radicalmente questo contesto alcuni anni dopo, secondo Jonathan Haidt, docente americano di Psicologia sociale alla Stern School of Business della New York University, fu l’intensificazione delle dinamiche virali resa tecnicamente possibile dall’introduzione nelle piattaforme di funzionalità standard che permettevano di ricondividere i contenuti.

Ph. Leah Millis / Reuters

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Per salvare la democrazia serve controllare le piattaforme

di Luigi Daniele (linkiesta.it, 27 aprile 2022)

Lo scorso giovedì, l’ex presidente americano Barack Obama è intervenuto in un incontro sulle sfide poste alla democrazia dall’informazione digitale, organizzato dal Cyber Policy Center, un ente di ricerca collegato all’Università di Stanford. Pur riconoscendo il ruolo innovativo ed emancipatorio che può essere svolto dalle piattaforme on line, Obama ha sostenuto come l’infodemia contemporanea rischi, contro ogni sua promessa di democraticizzazione della società e dell’informazione, di tradursi nel suo opposto. Anche a causa di attori che deliberatamente intendono sfruttarne le criticità intrinseche. Tra questi attori, non ci sono solo «aziende che sono venute a dominare Internet in generale e le piattaforme di social media in particolare», le quali prendono «decisioni che, intenzionalmente o no, hanno reso le democrazie più vulnerabili», ma anche «consulenti politici» o «potenze straniere» che possono «sfruttare strumentalmente gli algoritmi delle piattaforme o aumentare artificialmente la portata dei messaggi ingannevoli o dannosi».

Shutterstock

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