Archivi tag: Movimento 5 Stelle

Per capire il destino dei 5 Stelle bastavano gli outfit

di Giulio Silvano (ilfoglio.it, 12 luglio 2022)

Dove son finiti i tempi in cui la sinistra si criticava perché troppo elegante, gli anni in cui Fausto Bertinotti veniva lapidato per un maglioncino di cachemire (che si difese dicendo “era usato!” e poi iniziarono a regalargliene, anche le operaie, per solidarietà o sberleffo). I tempi in cui lo spin doctor di François Mitterrand, Jacques Séguéla, consigliava al futuro presidente di mettersi degli abiti un po’ più stropicciati, un po’ più consunti, per avere il favore del popolo in campagna elettorale, riservando l’eleganza formale (che gli donava eccome) solo a certe occasioni, come le nozze di Carlo e Diana. Con il nuovo turn-out elettorale in Francia, i membri del nuovo gruppo Nupes sono arrivati al Palais Bourbon un po’ troppo casual, tanto che il sociologo Mathieu Bock-Côté ha detto: “Non ci si presenta in maniche di camicia all’Assemblée Nationale”, così come “non ci si presenta in bermuda e infradito a un colloquio di lavoro”.

Ph. Alessandro Di Meo / Ansa

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Giarrusso su Giarrusso

di Luciano Capone (ilfoglio.it, 25 maggio 2022)

Voltagabbana, traditori, cazzari, scilipotini, ladri di voti. Sono solo alcuni degli epiteti con cui Dino detto iena Giarrusso definiva i suoi colleghi di Partito che avevano deciso di lasciare il M5S perché in dissenso con la linea politica, senza però dimettersi. Che è poi esattamente ciò che ha appena fatto Giarrusso: «Annuncio che lascerò il MoVimento 5 Stelle» ha detto alla trasmissione Coffee Break su La 7. «Già so la delusione di tantissime persone che mi scrivono e mi chiedono di non mollare e so che farò la gioia di tanti che nel MoVimento mi hanno sempre combattuto». L’europarlamentare, da tempo in dissidio con la linea di Giuseppe Conte, esce dal M5S per fondare un movimento alternativo con gli altri “voltagabbana”, “traditori”, “cazzari” e “ladri di voti” come lui. Perché anche Giarrusso, proprio come i suoi predecessori, non ha intenzione di lasciare il seggio a Bruxelles e tutti i relativi “privilegi” (li chiamavano così, no?) come imporrebbero le sacre regole del MoVimento che si era impegnato a rispettare.

Dino Giarrusso via Twitter

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Venghino signori, venghino: adesso Dibba ci dà lezioni di politica

di Massimiliano Panarari (lastampa.it, 22 aprile 2022)

«Votantonio, Votantonio!». Da oggi, al prezzo davvero modico di soli 39 euro (offertissima per chi si iscrive entro il 27 aprile), ogni aspirante candidato può «apprendere le strategie più efficaci da usare in campagna elettorale per ottenere il miglior risultato alle elezioni di giugno». Parola di Alessandro Di Battista, guest star di un «corso online di Comunicazione Politica per i candidati alle elezioni amministrative 2022», organizzato dal consulente della materia Marco Venturini, che si alternerà negli insegnamenti all’ex portavoce del M5S e già suo popolarissimo frontman. La corsite in Italia, si sa, è un fenomeno di massa, e una docenza non si nega a nessuno, men che meno a un politico-celebrità “in sonno” che ha infervorato piazze fisiche e virtuali quando la spinta propulsiva del movimentismo grillino sembrava irresistibile.

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Da Grillo a Bannon, il triste autunno dei piazzisti del populismo

di Francesco Cundari (linkiesta.it, 23 aprile 2022)

Se il trucco più riuscito del diavolo è stato convincerci che non esiste, la battuta migliore di Beppe Grillo è stata sostenere di aver fondato un movimento politico. Non era niente del genere, come si dimostra in questi giorni. Nel pieno della più grave crisi internazionale degli ultimi decenni, infatti, il fondatore del Movimento 5 Stelle è sceso a Roma per discutere con i vertici del suo partito, dal presidente (sub judice) Giuseppe Conte al presidente della Camera Roberto Fico, dal ministro Stefano Patuanelli ai capigruppo di Camera e Senato: per parlare della guerra in Ucraina? Dei rapporti con la Russia, delle sanzioni, dell’allargamento della Nato? Macché. Del blog. O per meglio dire, di soldi. Cioè dell’unico motivo per cui il «garante» del Movimento 5 Stelle ha messo in piedi l’uno e l’altro, il blog e il partito.

LaPresse

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Archiviare populismo e sovranismo

di Giorgio Merlo (huffingtonpost.it, 21 marzo 2022)

Lo scenario politico è cambiato. È profondamente cambiato. Già prima dell’invasione russa nei confronti dell’Ucraina e di una guerra che è destinata a mutare definitivamente gli equilibri geopolitici mondiali. E, di conseguenza, anche il ruolo e la “mission” della stessa Europa. Ci sarà un cambiamento profondo di fronte al quale tutte le forze politiche debbono misurarsi. Di destra, di sinistra e di centro. È inutile attardarsi in analisi virtuali pensando che, dopo la fase cruenta di questa invasione, tutto possa ritornare come prima. E questo per una semplice ma, al contempo, grande ragione. E cioè, quando la politica estera diventa centrale e determinante per elaborare un progetto politico da un lato e tracciare le alleanze politiche ed elettorali dall’altro, è addirittura scontato che il quadro nel suo insieme è destinato a cambiare in profondità.

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Le elezioni hanno conseguenze: un comico come presidente

di Christian Rocca (linkiesta.it, 23 febbraio 2022)

L’Ucraina è un Paese complicato e gigantesco, più grande della Germania, con un forte spirito nazionalista, una spiccata tensione europea e un contrastato rapporto di diffidenza nei confronti di Mosca. Vladimir Putin ha detto che la nazione ucraina in realtà è una creazione posticcia di Lenin, per cui se davvero gli ucraini si professano anticomunisti viscerali come dicono di essere dovrebbero rinunciare anche alle pretese nazionali che gli furono artificialmente attribuite dall’Unione Sovietica. Intanto Putin si è pappato la regione del Donbass, dove c’è una forte minoranza russofona alimentata dai suoi ceffi e dai suoi rubli, dopo aver già digerito per bene la Crimea.

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Lo “sciopero della fama” di Giuseppe Conte

di Enrico Pirondini (blitzquotidiano.it, 21 novembre 2021)

La Rai e il Conte furioso. Pensavo finora di averne viste tante, ma non ancora abbastanza. L’ultima si chiama “sciopero della fama”. L’ha inventata Giuseppe Conte, furioso perché non è stato invitato al banchetto Rai delle nomine dei direttori dei telegiornali. C’erano tutti, non lui. Emarginato. Isolato. Insomma fatto fuori. E subito gli altri ne hanno approfittato per spartirsi la torta: 4 poltrone su 9 sono andate al Pd, maestro nel ramo; il resto al Centrodestra. A secco i 5 Stelle. E Giuseppi, indispettito, ha partorito l’ennesimo paradosso della fervida compagnia. Appunto, lo sciopero della fama. Sulla Rai.

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Dal Psi ai No Vax, la politica secondo Montesano

di Paolo Molinari (agi.it, 23 ottobre 2021)

Vecchie fotografie in bianco e nero, un po’ ingiallite, mostrano un ragazzo dal fisico asciutto, con i capelli ricci e nerissimi, stringere la mano a Pietro Nenni e Sandro Pertini. Iniziavano allora, insieme, carriera artistica e passione politica di Enrico Montesano, fra alti e bassi, infatuazioni e ripensamenti, accelerazioni brucianti e frenate repentine. Così in teatro e al cinema come in piazza e fra gli scranni del Campidoglio e del Parlamento Europeo. La foto con Pietro Nenni è, naturalmente, più antica e risale agli inizi della carriera, quando Montesano riempiva i teatri della Capitale assieme a Gabriella Ferri e cominciava ad affacciarsi sul grande schermo con un titolo che, a leggerlo oggi, suona beffardo: Io non protesto, io amo.

LaPresse

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Meloni, Salvini e Grillo: l’eterna autobiografia fascista della nazione

di Christian Rocca (linkiesta.it, 11 ottobre 2021)

I fascisti e gli imbecilli ci sono, ci sono sempre stati, adorano farsi notare, anche se raramente sono stati così visibili e rumorosi come nell’era dell’ingegnerizzazione algoritmica della stupidità di massa. I fascisti e gli imbecilli si fanno sentire sia in remoto sia in presenza, all’assalto della Cgil, nei cortei no mask, no vax, no green pass e contro la casta, ma anche in televisione e in tre delle quattro forze politiche maggiori del Paese. In termini di adesione ai principi fascisti e dell’imbecillità, non c’è alcuna differenza tra le piazze grilline e quelle dei forconi, tra i seguaci del generale Pappalardo e i neo, ex, post camerati della Meloni, tra i baluba di Pontida e i patrioti del Barone Nero, tra i vaffanculo di Casaleggio e i gilet gialli di Di Maio, tra i seguaci di Orbán e quelli di Vox, tra i mozzorecchi di Bonafede e i giustizialisti quotidiani, tra i talk show complici dell’incenerimento del dibattito pubblico e gli intellettuali e i politici illusi di poter romanizzare i barbari.

Ph. Christopher Burns / Unsplash

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L’intreccio tra complotti e populismo in Italia

di Alessandro Calvi (Voxeurop / internazionale.it, 8 luglio 2021)

Il 23 maggio in Piemonte è precipitata una funivia: l’incidente ha causato quattordici morti. Il mattino dopo, l’ex direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, parlando alla radio, ha avanzato l’ipotesi di un attentato, poiché alcune delle vittime erano di origine israeliana. Il sospetto, come ammetterà lo stesso Mieli, poggiava però sul nulla. Questo episodio dimostra quanto sia facile, anche per i più “insospettabili”, scivolare dall’analisi della realtà verso teorie di natura complottistica, le quali, in genere, semplificano la complessità del reale, rassicurando chi le ascolta o costruendone l’identità.

Ph. Filippo Monteforte / Afp

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