di Andrea Silenzi (repubblica.it, 4 novembre 2024)
Era l’epoca della coscienza: i musicisti avevano deciso di prendersi cura del mondo, anzi dei disperati del mondo. Sulla scia di Band Aid – Do they know it’s Christmas, l’invenzione di Bob Geldof con le grandi star inglesi, Lionel Richie e Michael Jackson avevano scritto una canzone con la stessa finalità: raccogliere fondi per combattere la crisi alimentare in Africa.
Dio si serve di chi danza per rivelare sé stesso, diceva Raimon Panikkar, il grande filosofo della religione catalano. Doveva pensarla così anche Katherine Dunham, la grande ballerina americana, che trasformò la danza in una forma suprema di conoscenza degli altri popoli. Perché è un’arte che mette in gioco il corpo e la mente, la ragione e le emozioni, la scienza e la poesia.
Martin Greenfield ha vestito sei presidenti degli Stati Uniti, da Dwight D. Eisenhower a Barack Obama, Donald Trump e Joe Biden, oltre a Leonardo DiCaprio e Paul Newman, Frank Sinatra e Michael Jackson. Il più grande sarto da uomo degli Stati Uniti è morto a 95 anni ieri, mercoledì 20 marzo, in un ospedale di Manhasset, a Long Island, nello Stato di New York. L’ha annunciato suo figlio Tod dalle pagine del New York Times.
«Lasciate l’ego fuori dalla porta». È stato il motto del produttore Quincy Jones, anche scritto fuori dallo studio di registrazione, che ha permesso il 25 gennaio 1985 al dream team Usa for Africa, composto da 46 star della musica d’Oltreoceano (e non solo), di riunirsi e incidere in una notte, negli studi A&M di Los Angeles, We are the World, il brano nato a scopo benefico che ha fatto raccogliere oltre 80 milioni di dollari per combattere la fame in Africa – e in particolare in Etiopia, allora nel pieno di una grave carestia.
di Daniele Cassandro (internazionale.it, 18 ottobre 2023)
Madonna. A rebel life è un nuovo libro su Madonna scritto dalla giornalista Mary Gabriel, già finalista al premio Pulitzer nel 2012 per una biografia del filosofo Karl Marx e di sua moglie Jenny. Il lavoro di Gabriel non ha il taglio delle solite biografie non autorizzate delle celebrità, e più che cercare il dettaglio torbido ricostruisce con rigore giornalistico e storico la genesi culturale di quel complesso prodotto pop che è Madonna.
Dal 2007 l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha una stella a lui dedicata nella Walk of Fame di Hollywood, una famosa via dell’omonimo quartiere di Los Angeles sui cui marciapiedi sono applicate delle targhe celebrative a forma di stella dedicate ai personaggi dello spettacolo. In questi anni, in particolare dopo la sua elezione nel 2016, diverse persone e associazioni hanno chiesto che venisse rimossa, ma nonostante l’amministrazione locale si dica d’accordo la stella è ancora al suo posto, e viene periodicamente vandalizzata.
L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump si è consegnato giovedì alle autorità della Georgia, dove è stato incriminato con l’accusa di aver tentato di sovvertire i risultati ufficiali delle elezioni presidenziali del 2020. Il suo arresto è stato accompagnato da una foto segnaletica, la prima a un ex presidente degli Stati Uniti che sia mai stata fatta, e che immediatamente è diventata un’immagine storica. Nella legge statunitense questo tipo di foto è noto come mugshot, e consiste in una coppia di immagini in cui tradizionalmente la persona arrestata appare di fronte e poi di profilo.
di Daniele Cassandro (internazionale.it, 22 marzo 2022)
Tra il 1989 e il 1990, Whitney Houston (1963-2012) è una delle più famose pop star del mondo. È nata per quello: sua madre Cissy non è solo un’apprezzata interprete gospel ma ha lavorato come corista e arrangiatrice con chiunque, da Otis Redding ad Aretha Franklin, passando per Dusty Springfield e Jimi Hendrix, e ha anche avuto un certo successo come artista disco. Dionne Warwick, forse la più grande cantante afroamericana ad aver capito come funzionasse il pop bianco, era sua cugina, e Aretha Franklin per lei era una specie di zia acquisita, “auntie Ree”. Ha cominciato giovanissima, sapientemente guidata dalla madre che l’ha non solo istruita a cantare come una consumata interprete gospel (“con il cuore, con la testa e con la pancia”, le diceva), ma l’ha educata a essere impeccabile: i capelli stirati o accuratamente raccolti, il trucco leggero che sottolinea la sua pelle naturalmente chiara e abiti eleganti, un po’ démodé, da reginetta del ballo. E poi c’è ovviamente la religione: la chiesa è il perno intorno a cui ruota la sua vita sociale e artistica.
Cantante, attore e attivista: buon compleanno a Sir Robert Frederick Zenon Geldof, meglio noto come Bob Geldof, che spegne 70 candeline. Nato in Irlanda, a Dún Laoghaire, il 5 ottobre 1951 da genitori cattolici, Robert ed Evelyn, ha frequentato il Blackrock College, una scuola privata vicino a Dublino, e qui ha scoperto, da vittima, il dolore e i danni del bullismo: questa esperienza lo renderà ancora più sensibile e lo spingerà, per tutta la vita, a mettersi in gioco per i più deboli. La carriera di Bob Geldof, infatti, è strettamente intrecciata con il suo impegno sociale: è conosciuto in tutto il mondo per la sua lotta contro la fame e le malattie in Africa, attività che negli anni è diventata una missione di vita.