Archivi tag: Matteo Renzi

La saga dell’orologio di lusso e del candidato griffato

di Luca Telese (tpi.it, 11 settembre 2021)

Dura lex, sed Roléx. Da una settimana si continua a parlare di un orologio, di un Rolex, che poi non è un Rolex (si tratta di un Audemars Piguet, ma poco cambia), che è stato metaforicamente allacciato al polso della campagna elettorale romana, e che da lì – come se ci fosse entrato per endovena – si è trasfuso nel dibattito politico, diventandone un feticcio. Ieri Carlo Calenda ha chiuso una settimana di passioni e di polemiche con una tirata d’orecchi del candidato con cronografo che è balzato all’onore delle cronache per il suo costoso accessorio: «Ho difeso Roman a spada tratta, però anche basta co’ sto orrendo pataccone sempre in primo piano!».

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Altro che Vaticano, è il momento del concordato Stato-Ferragnez

di Stefano Feltri (editorialedomani.it, 6 luglio 2021)

Forse è arrivato il momento di negoziare un concordato Stato-Ferragnez, per perimetrare l’influenza degli influencer sulla vita pubblica e la politica. Qualche giorno dopo la clamorosa protesta diplomatica del Vaticano contro la legge Zan sull’omotransfobia, arrivata tramite discreti ambasciatori e rivelata poi dal Corriere della Sera, sul fronte opposto si mobilita Chiara Ferragni che, in mezzo a due spot dello shampoo Pantene (ci tocca citarlo, a riprova dell’efficacia dell’investimento), infila una polemica contro Matteo Renzi che si schiera con Salvini per affondare la legge Zan. Segue commento un po’ vintage, «che schifo che fate politici», senza virgola, che fa tanto 2009-2010, quando le proteste anti-casta univano il Corriere della Sera, la Confindustria e il neonato Movimento 5 Stelle.

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La politica, i social e il ddl Zan: quanto pesa il post di un influencer?

di Ruggiero Montenegro (ilfoglio.it, 7 luglio 2021)

La polemica a colpi di hashtag scoppiata ieri sulla legge Zan tra Chiara Ferragni e Matteo Renzi è solo il più recente degli episodi. L’ulteriore certificazione del ruolo sempre più attivo e pervasivo che ricoprono alcuni influencer nella sfera pubblica e politica. Un fenomeno che non si scopre oggi, ma che negli ultimi mesi ha assunto proporzioni più grandi: tra gennaio e giugno sono 5 milioni le persone raggiunte sui social dai messaggi dei personaggi più famosi che hanno detto la loro sulla discussa legge contro l’omotransfobia. La stima arriva da una ricerca firmata Buzzoole. Continua la lettura di La politica, i social e il ddl Zan: quanto pesa il post di un influencer?

Che schifo, gli influencer

di Guia Soncini (linkiesta.it, 7 luglio 2021)

E venne il giorno in cui l’uomo più impopolare d’Italia s’azzuffò con la coppia più popolare d’Italia. Va detto, a moderazione della di lui hybris, che avevano cominciato quegli altri, come si dice nelle beghe tra bambini delle elementari. Ieri Chiara Ferragni – che mica è scema: si schiera solo dalla parte di cause che aumentino la sua popolarità – ha espresso un pensiero con cui una volta avresti fondato i 5 Stelle e oggi fai tre storie di Instagram (non sponsorizzate, per ora). Il pensiero era: «Che schifo che fate[,] politici» (mi scuso per averle aggiunto la virgola, è stato più forte di me). Continua la lettura di Che schifo, gli influencer

Da Carofiglio a Bonaccini, la nuova estetica del Narciprogressista

di Francesco Cundari (linkiesta.it, 11 giugno 2021)

In principio fu Carofiglio, inteso come Gianrico, magistrato e scrittore di successo, opinionista televisivo, commentatore e convegnista brillante e ricercato, non per niente scelto come testimonial per il vaccino italiano, Reithera, e in quanto tale immortalato seminudo – in senso quasi letterale: con una camicia infilata a un braccio solo, a coprirgli esattamente metà del corpo – nel momento decisivo dell’inoculazione. Va detto che lui il testimonial doveva fare, e dunque, se in tal modo l’immagine ha colpito di più l’attenzione e ha avuto maggiore circolazione, se ne può concludere solamente che ha svolto egregiamente il suo compito.

Stefano Bonaccini via Twitter
Stefano Bonaccini via Twitter

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Fare politica senza i like: comunicare come Draghi

di Nicola Bonaccini (huffingtonpost.it, 3 maggio 2021)

Vicini al traguardo dei 100 giorni, che spesso identificano il carattere di un esecutivo, e dopo un anno di pandemia in cui ci è apparso chiaro che “nulla sarà più come prima”, viene da chiedersi se anche la comunicazione politica ovvero i modi, gli stili e le tattiche dei nostri uomini e donne di Stato, dovrà cambiare per mantenere il contatto con le persone. Dal 13 febbraio, giorno dell’arrivo del “governo dei Migliori”, fiumi di inchiostro analogico e digitale sono scorsi per analizzare, e a volte riempire, quel silenzio così anomalo del premier Mario Draghi. Chi ingenuamente gli consigliava di scendere nell’agone mediatico “altrimenti qualcun altro colmerà il vuoto” e chi invece attribuiva significati a quell’assenza di parole definendolo addirittura, per citare Mario Ajello su Il Messaggero, silenzio eloquente.

Ph. Paolo Giandotti
Ph. Paolo Giandotti

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Matteo Renzi è diventato columnist di “Arab News”

di Gianmichele Laino (giornalettismo.com, 30 aprile 2021)

First reaction: shock. Shock because Matteo Renzi è diventato columnist di Arab News. Il leader di Italia Viva ha scelto la strada editoriale, proponendosi come contributor per la testata on line che è la numero uno, tra quelle in lingua Inglese, nel mondo arabo. L’articolo di Renzi parla della città di Al-Ula che l’ex presidente del Consiglio italiano paragona a Matera. La pubblicazione risale al 24 aprile, ma la notizia – in Italia – arriva soltanto nella giornata del 29 aprile. Una notizia che si inserisce in un filone che ha visto più volte l’ex sindaco di Firenze recarsi in Medio Oriente per partecipare a conferenze (nota quella del “Nuovo Rinascimento”, con il principe saudita Mohammed bin-Salman) o per visitare il paddock del Gran Premio del Bahrein.

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Storia di come “Striscia la notizia” ha portato i deepfake in Italia

di Davide Piacenza (wired.it, 22 marzo 2021)

La prima volta che qualcuno ha usato il termine deepfake era il 2017, Donald Trump era alla Casa Bianca da qualche mese, in Italia il presidente del Consiglio era Paolo Gentiloni e quella parola – usata da un manipolo di accademici e addetti ai lavori del settore dei media e del tech – era appena stata coniata per indicare un fiorente immondezzaio di fake pornografici che avevano iniziato a colpire diverse attrici di fama internazionale su Internet, un fenomeno tale da portare Reddit a proibire la pratica di innestare volti di star del cinema su corpi di pornostar. Due anni dopo, fuori da ogni bolla dei social network, a trasmettere il primo deepfake autoprodotto della televisione è però stato un “tg satirico” che va in onda da più di trent’anni, con ascolti che lo piazzano nell’Olimpo del nazionalpopolare italiano: Striscia la notizia, il programma di Antonio Ricci.

Canale 5
Canale 5

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Renzi lancia il format dell’autointervista per parlare di Arabia Saudita

di Gianmichele Laino (giornalettismo.com, 28 febbraio 2021)

Una delle trovate più famose di Gigi Marzullo, l’intervistatore della notte in diversi programmi Rai, è Si faccia una domanda e si dia una risposta. Con questa battuta – a metà tra un aforisma e una sollecitazione all’ospite di turno, il giornalista puntava a creare un clima di fiducia, a far sentire a proprio agio chi gli stava di fronte. Del resto, altro non era che un retaggio della famosa domanda a piacere che ha salvato la vita a molti studenti durante le interrogazioni a scuola. Matteo Renzi, nella sua eNews, ha voluto esagerare e ha lanciato un vero e proprio format: l’autointervista sull’Arabia Saudita. Un rapporto desecretato dall’amministrazione di Joe Biden, infatti, ha svelato come l’Intelligence degli Stati Uniti ritenesse responsabile il principe Muhammad bin Salman dell’operazione che ha condotto alla morte del giornalista Jamal Khashoggi in Turchia.

Ph. Fabio Cimaglia / Ipp
Ph. Fabio Cimaglia / Ipp

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Vestiremo alla Tabacci?

di Carmelo Caruso (ilfoglio.it, 23 gennaio 2021)

La potenza del berretto. Se l’America ha le muffole di Bernie Sanders, perché l’Italia non dovrebbe avere la cuffia di lana di Bruno Tabacci? A Palazzo Chigi, invitato da Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, si è presentato in abito e cappotto, ma non ha rinunciato alla sua protezione di lana. “Sono calvo, mi riparo”. Ma non è solo una protezione. È il canestro di ciliegie dei parlamentari che sta raccogliendo, come le muffole di Sanders sono un segno che le sue mani stanno coperte, che è felice per Biden ma è diverso da Biden. Indumenti della crisi.BrunoTabacci Continua la lettura di Vestiremo alla Tabacci?