Così come Hollywood, anche Bollywood, l’industria del cinema popolare in lingua hindi, è stata storicamente considerata portatrice di valori piuttosto liberali. Nonostante la società indiana sia da sempre molto divisa sia su base religiosa sia in caste, il cinema è stato a lungo una passione nazionale condivisa, nonché un settore in cui anche alle persone musulmane, e quindi di una minoranza religiosa, o appartenenti alle caste più basse, veniva data la possibilità di diventare famose.
Nell’agosto del 2017, il predicatore indiano Gurmeet Ram Rahim Singh – dal 1990 a capo del gruppo Dera Sacha Sauda, un’organizzazione indiana non governativa con decine di milioni di devoti in tutto il mondo – fu condannato per violenza sessuale a 20 anni di carcere da un tribunale speciale del Central Bureau of Investigation (Cbi), l’agenzia nazionale indiana per le inchieste criminali. Subito dopo la lettura del verdetto, oltre centomila seguaci di Ram Rahim riuniti per le strade del distretto di Panchkula, nell’India settentrionale, protestarono per la condanna. Nei violenti scontri con la polizia, intervenuta per contenere i disordini, 38 persone furono uccise e 250 rimasero ferite. Ram Rahim – noto anche con il nome “Msg”, o Messenger of God – sta scontando una pena all’ergastolo dopo una successiva condanna per il suo coinvolgimento nell’omicidio del giornalista indiano Ram Chander Chhatrapati, ucciso nel 2002, autore dell’inchiesta che portò all’accusa di stupro contro lo stesso Ram Rahim.