Sisifo trascorreva giornate costruttive e rilassanti in confronto a noialtri che ci ostiniamo a cercare di capire e spiegare cosa succede in un secolo completamente privo di memoria storica, in cui non solo i ventenni – che almeno hanno giustificazioni biologiche – ma anche i miei coetanei sono convinti che il mondo sia cominciato nel momento in cui si sono aperti un profilo social. Certo, ogni crisi offre appigli per approfittarsi della situazione.
di Alessandro Calvi (huffingtonpost.it, 3 maggio 2023)
Il moralismo rovesciato da sinistra sull’intervista di Elly Schlein al mensile Vogue, corredata da foto patinate e descrizione delle abitudini modaiole della segretaria del Pd, è decisamente stucchevole. Altrettanto stucchevole è il realismo politico esibito da chi, dal fronte liberale e più in generale da destra, ha liquidato quelle critiche a volte con toni spicci, a volte esercitandosi in un épater le bourgeois davvero un po’ appassito.
Questa è la storia del presidente degli Stati Uniti d’America. Anzi, no: è la storia del presidente della regione Emilia-Romagna e del sindaco di Bologna. Anzi, no: è la storia d’un influencer qualunque. Ma, diranno i miei venticinque lettori, ci sta dunque dicendo che i tre politici elencati sono degli influencer qualunque? No, cioè sì (certo che lo sono, siamo tutti aspiranti influencer), ma voglio proprio raccontarvi la storia d’un influencer qualunque, di quelli pagati dalle aziende per dire quanto sono buoni i tali beveroni dietetici o i talaltri alberghi a sette stelle. Un giorno l’influencer è di malumore: le sue storie fanno poche visualizzazioni. Ha provato tutti i trucchi che in genere attirano pubblico. Il cane coccoloso. I luoghi di vacanza fotogenici. I monologhi dolenti su qualche dramma familiare, vero o immaginario, trauma infantile, vero o immaginario, problema di salute, vero o immaginario.
Una cosa importante, nella vita, è imparare a riconoscere chi è più bravo di te. A riconoscerlo senza contorcimenti, intendo. A riconoscerlo senza: sì, ma. A riconoscerlo senza: proprio per questo non voglio abbia quel posto di rilievo, dove tutti noteranno la differenza. È un buon criterio anche per le istituzioni, volendo. Ovviamente va quasi sempre al contrario: va come dice Fran Lebowitz per la letteratura, che dovrebbe essere una porta verso l’ignoto e invece pretendiamo sia uno specchio del noto; va che preferiamo votare uno che ci somigli, a noi e alla nostra comoda mediocrità: perché altro credete avesse vinto Trump? E quindi ieri Concita De Gregorio, che è più brava di me, ha sintetizzato in mezzo rigo (io ci avrei messo venti svelte cartelle) il manifesto della politica che vorrei.