Archivi tag: Fedez

Ferragni ama tutti, tutti amano Ferragni

di Manuel Peruzzo (huffingtonpost.it, 17 febbraio 2022)

Hanno vinto i conservatori. Ci ho pensato quando ho visto “Love Fiercely”, la campagna social con l’obiettivo di sensibilizzare i fan di Chiara Ferragni sulle forme d’amore inclusivo lgbtq+, che è un po’ come sensibilizzare i follower del Papa circa l’importanza di amare il prossimo e quelli di Lady Gaga sul vestirsi come gli pare. Nel video si intervistano tre coppie che si amano (l’uomo trans e la donna cis, le lesbiche interracial che si tengono per mano e i papà gay della ztl di Milano), rappresentative di tutti e di nessuno, e per dimostrare che l’amore è bello in ogni sua forma contro ogni pregiudizio si chiede loro “come vi siete conosciuti?”, ma anche “vi importa dello sguardo della gente?”. Certo, sono tutti content creator o talent o creativi, vivono dello sguardo sui social, e rispondere “non ci importa nulla” ha la stessa validità della Nike che dice che fa le scarpe per passione, mica per venderle.

Chiara Ferragni via Instagram

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Altro che rockstar, oggi abbiamo solo vetrinisti da Instagram

di Guia Soncini (linkiesta.it, 18 gennaio 2022)

Insomma pare ci sia il ritorno delle rockstar (no, non è un editoriale su Silvio al Quirinale). Non nelle canzoni, figuriamoci, le canzoni ormai sono solo televendite, e io canticchio da un mese «Vuitton e Prada non contan nada se tu non sei con me». Come stile di vita (quindi forse sì, è un editoriale su Silvio al Quirinale). Dice l’autorevole Guardian, in un articolo così pieno di refusi che neanche un comunicato delle Brigate Rosse, che la storia tra Megan Fox e Machine Gun Kelly è il ritorno dell’estetica delle rockstar. Lei ero convinta di ricordarmela: ma certo, era quella dello spot dei telefoni, l’unico modo per risultare memorabili al pubblico italiano (e invece macché, quella è Megan Gale: Megan Fox chissà come ci è finita, nell’impolverato sottoscala dei nomi a me noti); lui l’ho dovuto cercare su Google – pare sia rapper – ma se s’è scelto quel nome d’arte mi pare chiaro che non voleva fare carriera nel campo dei dipinti a olio.

Ph. Nicolò Campo / LaPresse

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Stampa trollata, Fedez non entra in politica

di Alessandra Magliaro (ansa.it, 15 novembre 2021)

Si capiva? Sì, ma era più importante fare finta che fosse vero e quindi titoloni, paginate e grandi dibattiti a seguire. Fedez, da qualcuno “bollato come lo stupidotto che ha fatto la terza media”, per una settimana ha fatto credere (a chi voleva crederci, s’intende) che stava scendendo in campo. La metafora non è casuale perché pure il logo, con la bandiera tricolore, evocava l’ingresso in politica di Silvio Berlusconi nel 1994 e così lo slogan “il nuovo miracolo italiano”. Consapevole o meno, la stampa ci è cascata e Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, ha deciso di chiarire oggi che no, non sta scendendo in politica con il movimento Disumano, che guarda caso è pure il titolo dell’album che esce il 26 novembre.

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La profezia dei Baustelle e il posizionamento del marchio Fedez

di Guia Soncini (linkiesta.it, 12 novembre 2021)

In una vecchia vignetta di Altan, un tizio si faceva le grandi domande: chi siamo, dove andiamo, che codice fiscale abbiamo. Ho passato ieri a farmi quelle e altre grandi domande: che cosa vuole venderci il marito della Ferragni? È difficile resistere al mercato (amore mio)? La catastrofe è inevitabile? Ed è vero che la Storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia e la seconda come Tomaso Montanari? «Anna pensa di soccombere al mercato, non lo sa perché si è laureata, anni fa credeva nella lotta, adesso sta paralizzata in strada, finge di essere morta, scrive con lo spray sui muri che la catastrofe è inevitabile». Nell’inverno del 2008 esisteva un governo Prodi (sembra un attimo fa, sembra un secolo), esistevano i dischi (sembra un secolo, forse due), Chiara Ferragni non aveva ancora inventato il blog The Blonde Salad, il suo futuro marito era a malapena maggiorenne, e i blog in cui una si fotografava per farci vedere com’era vestita sembravano molte cose ma certo non un antipasto di futuro (è tutto un attimo, diceva quella).

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Fedez scende in campo?

(ilfoglio.it, 10 novembre 2021)

Mancava solo l’ultimo passo. Dopo l’impegno civico e quello – accesissimo, a ritmo di Instagram stories – per i diritti e il ddl Zan, forse Fedez sta gettando le basi per lo sbarco in politica. La società Zdf Srl, di proprietà del rapper, ha infatti registrato un dominio sul web che sembra lasciare poco spazio agli equivoci: fedezelezioni2023.it. Al momento non risulta attivo, ma tanto basta per lanciare il messaggio. E a confermarlo è la stessa Zdf: “Dalla società mi è arrivata via mail una richiesta di attivare questo dominio in data odierna”, ha spiegato all’agenzia Adnkronos il responsabile dell’area informatica. L’obiettivo dichiarato sarebbe appunto l’anno delle prossime elezioni politiche, se si arriverà a fine legislatura.

Getty Images

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L’imminente discesa in campo di Fedez

di Fulvio Abbate (huffingtonpost.it, 25 settembre 2021)

Avremo Fedez? Il must musicale che illumina un’improvvisa sensazione d’avvento, forse una metafora, sebbene giunga da una omologa femminile ghepardata di tatuaggi del nostro oggetto d’attenzione incredibilmente politica, dice esattamente: “Cerco un uomo vero, cerco un pistolero”. Shampoo sonoro da jeanseria. A Milano, anzi, a “Nolo”, oltre i bastioni di Orione di piazzale Loreto, acronimo di una progressiva mutazione urbanistica. Gentrificazione, “il fenomeno per cui in un quartiere povero arrivano nuovi abitanti ricchi, cacciando quelli che c’erano prima” (cit.). I ragazzi che ho intorno raccontano che, nei prossimi giorni, da viale Monza, come già le formazioni partigiane nell’aprile del 1945, giungeranno invece, per una kermesse privata che annunciano imperdibile, altri amici con un bottino di carni destinate alla brace.

Ph. CC BY-SA 2.0 / Greta

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Fenomenologia di Conte sex symbol

di Filippo Ceccarelli (repubblica.it, 22 settembre 2021)

In quel misterioso e spesso vano product placement che è diventata oggi la politica dei partiti – ché nel frattempo il governo Draghi “va avanti” più che spedito –, l’altro giorno, a Rossano Calabro, è andato in scena uno scambio che certo riassume più di quanto si possa vedere nel video di pochi secondi che comprensibilmente ha preso a girare sui siti di informazione e sui social. E quindi: prima del comizio, da un luogo che potrebbe definirsi il backstage, una signora piccolina con i capelli biondi a caschetto ha cominciato a rumoreggiare: «Giuseppe, girati!» gli gridava.

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La rivoluzione di “Mille”

di Gabriele Fazio (agi.it, 5 settembre 2021)

Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti, più che la formazione di un trio, quell’11 giugno, data di uscita di Mille, sembrava a tutti l’inizio di una barzelletta. Non perché i tre artisti facciano ridere, ma proprio perché appartenenti a tre universi che nel nostro immaginario, non c’è nulla di male, sono lontani anni luce. Fedez, all’ombra della Madunina, rapper detestato dalle correnti più rigide della disciplina hip-hop, che ogni volta che apre bocca fa saltare i nervi a qualcuno e forse anche perché quando lo fa, anche se a favore di Instagram, comunque appare sempre non solo consapevole di ciò che dice ma anche piuttosto concreto nelle azioni che ne conseguono.

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Salmo replica e attacca Fedez: «Sei un artista o un politico?»

(adnkronos.com, 16 agosto 2021)

Salmo non ci sta. E dopo le polemiche per il concerto a Olbia, per la mancanza di distanziamento e il potenziale rischio di contagi da Covid-19, passa al contrattacco, con Fedez ancora nel mirino: «La mia idea iniziale era fare protesta», contro le «regolette patetiche» e «ridicole» che «ha imposto lo Stato per i concerti», dice il rapper in un lungo discorso pubblicato sulle sue storie di Instagram, dove spiega come e perché sia nato il live di venerdì scorso e torna a scagliarsi contro Fedez che lo aveva criticato («mi stai sul ca…», «a me sembri proprio un politico, non sei un artista»).

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Altro che Vaticano, è il momento del concordato Stato-Ferragnez

di Stefano Feltri (editorialedomani.it, 6 luglio 2021)

Forse è arrivato il momento di negoziare un concordato Stato-Ferragnez, per perimetrare l’influenza degli influencer sulla vita pubblica e la politica. Qualche giorno dopo la clamorosa protesta diplomatica del Vaticano contro la legge Zan sull’omotransfobia, arrivata tramite discreti ambasciatori e rivelata poi dal Corriere della Sera, sul fronte opposto si mobilita Chiara Ferragni che, in mezzo a due spot dello shampoo Pantene (ci tocca citarlo, a riprova dell’efficacia dell’investimento), infila una polemica contro Matteo Renzi che si schiera con Salvini per affondare la legge Zan. Segue commento un po’ vintage, «che schifo che fate politici», senza virgola, che fa tanto 2009-2010, quando le proteste anti-casta univano il Corriere della Sera, la Confindustria e il neonato Movimento 5 Stelle.

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