Il fascio littorio, il simbolo che diede il nome al fascismo e che rappresenta un insieme di bastoni di legno legati insieme da una striscia di cuoio intorno a un’ascia, ha una connotazione chiara in Italia, ma nel resto del mondo è un comune simbolo di potere, e compare in monumenti ed effigi di moltissimi Paesi senza destare scalpore. C’è un fascio littorio persino sopra la porta dello Studio Ovale alla Casa Bianca, la residenza del presidente degli Stati Uniti.
Migliaia di sostenitori dell’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro hanno assaltato le sedi istituzionali a Brasilia, in un attacco che ricorda quello del 6 gennaio 2021 al Congresso americano da parte dei fan di Donald Trump. Sfondando le barriere di sicurezza, sono entrati negli uffici presidenziali, nella Corte Suprema e nel Parlamento, vandalizzando gli edifici.
di Susanna Schimperna (huffingtonpost.it, 18 maggio 2022)
L’episodio, famosissimo perché spinse il Maestro a lasciare l’Italia, dove farà ritorno solo dopo la caduta del regime, nel 1946, è ricordato come “lo schiaffo di Toscanini”, il che può dar luogo ad equivoci: non fu lui a tirare uno schiaffo, ma lo prese. Sonoro. Assestato sulla guancia sinistra e vicino al labbro. 14 maggio 1931: al Teatro Comunale di Bologna è in programma un concerto per commemorare Giuseppe Martucci, e a dirigerlo sarà Arturo Toscanini.
«Quanto accaduto ieri sera a Ballando con le stelle, in onda su Rai 1, è inaccettabile». Lo scrive, in una nota, la Rai, dopo le polemiche nate dal fatto che l’attore Enrico Montesano indossasse una maglia con il simbolo della X Mas nel programma. «Resta inammissibile che un concorrente di un programma televisivo del servizio pubblico indossi una maglietta con un motto e un simbolo che rievocano una delle pagine più buie della nostra storia» si legge ancora nella nota.
di Francesco Boille (internazionale.it, 24 ottobre 2022)
«Sapevo di citare Mussolini. Mussolini era Mussolini. Ok. È una bella citazione, molto interessante. So chi l’ha detta. Ma che differenza fa se è Mussolini o qualcun altro? È sicuramente una frase molto interessante. C’è un motivo se ho 14 milioni di follower tra Facebook e Twitter. È una citazione interessante che può essere fonte di dibattito». Il prologo si concentra su Donald Trump.
Nel 1977 l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano, il Fronte della Gioventù, organizzò un festival con musica dal vivo, radio libere e dibattiti su temi sociali e politici. In un campo della località Montesarchio, in provincia di Benevento, si radunarono centinaia di giovani di destra (tra cui il futuro sindaco di Roma Gianni Alemanno) dormendo in tenda, parlando di condizione femminile e teatro d’avanguardia e ascoltando band come gli Amici del Vento e la Compagnia dell’Anello. Tra le altre cose i militanti presenti tentarono di formare una grossa croce celtica umana, simbolo che era presente in molte bandiere e striscioni al campo. Questo festival era chiamato “Campo Hobbit”, dal nome delle creature fantastiche inventate dallo scrittore inglese J.R.R. Tolkien, capostipite della narrativa fantasy moderna e autore della conosciutissima saga del Signore degli Anelli, pubblicata tra il 1954 e il 1955.
di Davide Maria De Luca (editorialedomani.it, 10 agosto 2022)
Fondata oltre trent’anni fa, la Lega oggi può vantarsi di essere il più antico partito politico italiano sopravvissuto. Ma anche con i suoi decenni di storia non può competere con la tradizione dei suoi alleati. Proprio in questi giorni, Fratelli d’Italia ha confermato che alle prossime elezioni correrà con lo stesso simbolo del 2018. La fiamma tricolore, che arderà sotto il nome “Giorgia Meloni”, si contende con la falce e martello e lo scudo crociato il titolo di più antico simbolo politico italiano ancora in uso. Inventato nel 1946 dal gruppo di reduci fascisti che avrebbe fondato il Movimento Sociale Italiano, la fiamma tricolore è sempre stata presente sulle schede elettorali per tutti gli ultimi settant’anni e rappresenta la continuità della tradizione politica postfascista, mai veramente interrotta e sopravvissuta a tutti i tentativi di riforma e rigenerazione.
Mi sembra che molto di quanto sta accadendo in questo secolo – dall’11 settembre ai No vax, da Chiara Ferragni a Gucci, da QAnon al negazionismo su Bucha – possa essere spiegato con la differenza tra fede e fiducia. Non parlo soltanto di fede religiosa, per quanto centrale sia stato e sia il terrorismo islamico negli ultimi trent’anni. Parlo del fatto che la fede sta tornando a prevalere sulla fiducia in ogni campo, dalla politica al marketing. Parlo del fatto che a decidere l’identità e l’appartenenza di masse sempre più grandi di persone, e a determinare quindi che cosa debba essere considerato vero e reale, sia sempre di più l’atto di credere. Quando parliamo di fake news, quando ci chiediamo come mai il movimento No vax sia così esteso e come possa essere possibile che in tanti, non solo in Russia, pensino che le stragi in Ucraina siano una montatura, ci stiamo meravigliando del fatto che esiste un’umanità che ha una fede alternativa alla nostra.
Hugh Grant ha mostrato tutto il suo sostegno alla marcia anti Boris Johnson di sabato 19 febbraio a Londra. La protesta è organizzata dal gruppo di attivisti Take Back Democracy, che si dicono «completamente stufi del governo britannico di Boris Johnson e del partito Tory». Una dichiarazione sul loro sito web recita: «Ci siamo sentiti in dovere di fare qualcosa sulla scia della corruzione in corso al governo. Vogliamo fare qualcosa per fermare la transizione al fascismo e per essere una contro-argomentazione all’agenda populista. Crediamo nell’inclusione, nell’uguaglianza e in un Paese equo per tutti. Non abbiamo affiliazioni di partito politico e siamo membri di partiti diversi o di nessun partito».
di Giacomo Galanti (huffingtonpost.it, 18 ottobre 2021)
Difficile dimenticare il reporter senza scrupoli interpretato da Kirk Douglas ne L’asso nella manica [Ace in the hole, 1951] che, pur di portare a casa lo scoop, rallenta il salvataggio di un uomo intrappolato in una caverna. Lo stesso vale per il demi-monde dei giornalisti-paparazzi di Viale del tramonto [Sunset Boulevard, 1950], fino a Prima pagina [The front page, 1974] con il duo Jack Lemmon e Walter Matthau. Tutti e tre i film portano la firma di Billy Wilder, che di giornalismo e di giornalisti se ne intendeva. Il celebre regista, cresciuto e formatosi tra Vienna e Berlino, prima di espatriare negli Stati Uniti a metà degli anni Trenta si era infatti fatto notare come cronista di livello.