Archivi tag: Donald Trump

Solo il K-pop può sconfiggere QAnon

di Andrea Signorelli (esquire.com, 5 novembre 2020)

Pochi giorni dopo essersi laureata, tornò nella sua casa in Maryland. Qui, in attesa di trovare un lavoro, iniziò a passare un sacco di tempo su YouTube. Dopo essere accidentalmente incappata in un video molto particolare, l’algoritmo della piattaforma di streaming iniziò a suggerirgliene continuamente di simili. Ore e ore di contenuti raccomandati direttamente da YouTube, che la fecero precipitare sempre più a fondo in quel “buco nero” in cui i video si succedono senza sosta, trasformando una curiosità in un’ossessione e convertendo ai fenomeni più oscuri della Rete anche chi partiva da posizioni distantissime. È quello che è avvenuto – secondo quanto racconta Bloomberg – a Daezy Agbakoba, oggi una delle voci più in vista del suo movimento.The_ARMY Continua la lettura di Solo il K-pop può sconfiggere QAnon

L’uomo forte al comando e la triade oscura

di Annamaria Testa (internazionale.it, 3 novembre 2020)

Dopo essermi guardata pochi giorni fa, su La7, il documentario #Unfit: La psicologia di Donald Trump girato dal regista Dan Parkland, sono andata a cercare un po’ di dati. Ecco perché questo articolo è zeppo di citazioni e riferimenti alle fonti. «Mettere Donald Trump sul divano dell’analista è diventato un passatempo nazionale», commenta Variety, «e questo documentario lo fa bene». Lo fa confrontando in un montaggio serrato spezzoni di repertorio riguardanti Trump, e non solo lui, con le opinioni di storici, politici e numerosi psichiatri. L’orientamento del responso non è difficile da immaginare.

Ph. Jonathan Ernst / Reuters – Contrasto
Ph. Jonathan Ernst / Reuters – Contrasto

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Il canestro di Obama: perché gli americani votano Trump

di Guia Soncini (linkiesta.it, 2 novembre 2020)

Il migliore editoriale sulle elezioni americane sta in quindici secondi di video twittati da Olivia Raisner, che cura i social network per la campagna di Joe Biden. Erano in Michigan: Barack Obama, il presidente passato alla storia per la fotogenia, il Kennedy dei neri, era lì a fare campagna per il suo ex vice, ora candidato presidente. Forse avete visto una foto in cui i due reggevano un cartello con un fantasma di Halloween, e la scritta «Don’t boo, vote» (incitamento già formulato da Obama in vari comizi: invece di fischiare l’avversario, caro il mio elettorato esagitato, vai a votare).Obama-Biden Continua la lettura di Il canestro di Obama: perché gli americani votano Trump

Le cose che abbiamo perso nel fuoco: resoconto di una nuova elezione americana

di Claudia Durastanti (internazionale.it, 29 ottobre 2020)

Non sappiamo chi vincerà le elezioni americane del 3 novembre, ma sappiamo già chi vincerà gli Oscar ad aprile. Il trailer di Hillbilly Elegy di Ron Howard fa capire che aria tira; interpretato da Glenn Close e Amy Adams nei panni di madre e figlia, il film riprende i temi del libro Hillbilly Elegy: A memoir of a family and culture in crisis di J.D. Vance che fu un caso nel 2016, l’anno in cui venne eletto Donald Trump. L’assunto del libro è questo: come fa un ragazzino a emanciparsi da generazioni di uomini e di donne degli Appalachi cresciuti tra sussidi sociali, bassa scolarizzazione, relazioni violente e tossicodipendenze?

Ph. Julio Cortez / Associated Press
Ph. Julio Cortez / Associated Press

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In America sono tutti affari di famiglia

di Simona Siri (ilfoglio.it, 1° novembre 2020)

Quando, all’inizio del 2018, Hbo iniziò a promuovere una nuova serie televisiva intitolata Succession, il suo creatore Jesse Armstrong passò il 90 per cento del tempo dedicato alle interviste con la stampa destreggiandosi nel tentativo di non dare una risposta troppo definitiva alla domanda che incuriosiva tutti: quella che vediamo sullo schermo è la famiglia Murdoch? Arrivata alla terza stagione in modo trionfale – Golden Globe come migliore serie drammatica e nove Emmy tra cui miglior regia, scrittura, serie drammatica e attore, Jeremy Strong nella parte di Kendall – gli spettatori ormai un’idea se la sono fatta.

Ph. Rogier Hoekstra / Pixabay
Ph. Rogier Hoekstra / Pixabay

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Che succederà a Hollywood dopo le elezioni?

di Giovanni Pedde (huffingtonpost.it, 21 ottobre 2020)

A pochi giorni dalle elezioni americane, vari analisti politici, ma soprattutto finanziari, s’interrogano su cosa potrebbe accadere a Hollywood all’indomani del voto. Quella dell’entertainment e dei media è un’industria di enorme rilevanza per l’economia degli Stati Uniti e che non si ferma certo al ristretto circuito degli Studios – Disney, Warner, Universal, Mgm e Paramount – e dei network televisivi. Si tratta di un ambito economico che abbraccia anche e soprattutto quelli che, in quanto destinatari preferenziali del loro gettito di contenuti, sono ormai di Hollywood i più importanti clienti, nonché, in prospettiva, potenziali proprietari: da una parte le grandi piattaforme di streaming, come Netflix; dall’altra, le cosiddette società “tecnologiche”, tra cui Apple e Amazon, a loro volta proprietarie dei servizi di streaming Apple Tv+ e Amazon Prime Video.HollywoodStudios-America2020 Continua la lettura di Che succederà a Hollywood dopo le elezioni?

Facebook ha cambiato il suo algoritmo colpendo i siti d’informazione di Sinistra

di Simone Fontana (wired.it, 26 ottobre 2020)

Fin dalla sua nascita, avvenuta ormai più di un decennio fa, Facebook ha improntato la sua comunicazione pubblica sulla costruzione di un’immagine imparziale, lontana dalle dinamiche politiche e volta a preservare la libera espressione sulla piattaforma. Eppure dietro le quinte del popolare social network le cose sarebbero andate molto diversamente. Almeno secondo il Wall Street Journal, che in un recente articolo dal titolo Come Mark Zuckerberg ha imparato la politica delinea i tratti di quella che appare come un’azienda fortemente influenzata dalle decisioni prese a Washington.Facebook-Trump Continua la lettura di Facebook ha cambiato il suo algoritmo colpendo i siti d’informazione di Sinistra

Come Trump guarda la tv

(ilpost.it, 25 ottobre 2020)

È noto che Donald Trump guardi moltissima televisione e per molte ore ogni giorno: lo ha raccontato chiunque abbia lavorato con lui, e qualche tempo fa lui stesso raccontò durante una conferenza stampa cosa aveva fatto il giorno prima. «Ho guardato Liz McDonald, fantastica. Ho guardato Fox Business. La sera ho guardato Lou Dobbs, Sean Hannity, Tucker, Laura. Stamattina ho guardato Fox & Friends». Più volte Trump interagisce in diretta con i programmi che guarda, scrivendo tweet di critica o di approvazione. Il tempo che Trump passa a guardare la tv – anche sette ore al giorno – è indicato sulla sua agenda ufficiale come “Executive Time”.BrianStelter-Hoax Continua la lettura di Come Trump guarda la tv

Harry, Meghan e la (complessa) questione della neutralità politica della royal family

di Roberta Mercuri (vanityfair.it, 18 ottobre 2020)

Lo scorso 22 settembre il principe Harry e Meghan Markle hanno pronunciato in tv il loro primo discorso politico, invitando gli americani ad andare a votare il prossimo novembre e per di più schierandosi, seppur in modo non esplicito (contro Trump e pro Biden). La regina Elisabetta e il resto della famiglia reale, però, non votano, né parlano (apertamente) di politica. Sono neutrali da generazioni e va bene così. Harry e Meghan, col loro discorso, hanno violato l’ultima regola dei reali. Scatenando non solo l’ira della sovrana e dei sudditi britannici. Una buona parte degli americani non ha gradito l’invito a votare espresso da un principe britannico, che non è nemmeno cittadino americano.Biden-Megxit Continua la lettura di Harry, Meghan e la (complessa) questione della neutralità politica della royal family

Breve storia dei cartelli elettorali da giardino

(ilpost.it, 18 ottobre 2020)

Nei primi giorni di novembre, quando le elezioni presidenziali statunitensi avranno avuto un risultato chiaro, l’artista Nina Katchadourian aggiornerà una sua installazione – che vedete qui sotto – con un nuovo cartello elettorale, aggiungendo quello di chi, tra Joe Biden e Donald Trump, risulterà il candidato perdente. L’installazione si chiama infatti Monumento ai non eletti e, al momento, è composta da 58 cartelli: uno per ogni elezione presidenziale statunitense, dal 1788 al 2016. I cartelli di Katchadourian sono fatti da lei, ma sono comunque rappresentativi di un’abitudine piuttosto radicata negli Stati Uniti: la presenza nei giardini di cartelli con loghi e slogan di questo o quel candidato, con cui i residenti dichiarano chi preferiscono e fanno propaganda.

Nina Katchadourian, “Monument to the Unelected” (courtesy of the artist Catharine Clark Gallery and Pace Gallery)
Nina Katchadourian, “Monument to the Unelected”
(courtesy of the artist,
Catharine Clark Gallery and Pace Gallery)

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