Archivi tag: Capitol Hill

Dovremmo togliere Twitter a tutti i Capi di Stato?

(ilpost.it, 7 febbraio 2021)

È passato quasi un mese da quando il 9 gennaio Twitter aveva deciso di rimuovere il profilo del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, in seguito ad alcuni suoi tweet che legittimavano l’attacco del 6 gennaio al Congresso. La decisione di Twitter ha fatto riemergere un dibattito che va avanti da tempo sui rischi che i social network diventino veicoli di propaganda politica, soprattutto se usati da politici di alto livello in maniera eccessiva e con toni aggressivi. Farhad Manjoo, editorialista del New York Times, si è chiesto se non sia più opportuno che a tutti i politici, e in particolare ai Capi di Stato e di governo, venga proibito l’utilizzo dei social network.

Afp
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Trump bandito da Twitter per sempre

(lastampa.it, 10 febbraio 2021)

Gli “stop sono permanenti”: quando “si è rimossi dalla piattaforma si è rimossi a prescindere” dalla carica, ovvero “se si è un commentatore, un direttore finanziario, un attuale o un ex funzionario pubblico”. Lo afferma il chief financial officer di Twitter, Ned Segal, in un’intervista a Cncb, rispondendo a una domanda su Donald Trump. La risposta implica che anche nel caso in cui Trump dovesse ricandidarsi non avrebbe accesso al suo account. La sospensione permanente decisa dal social in gennaio è la sanzione più dura prevista da Twitter, che non si può aggirare, come spiegato nell’help center di Twitter.

Ph. Justin Sullivan / Getty Images
Ph. Justin Sullivan / Getty Images

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«Chi se ne frega!»: la lettera di dimissioni di Trump dal sindacato degli attori

L’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha scritto a Gabrielle Anne Carteris, attrice conosciuta per Beverly Hills 90210 e presidente dello Screen Actors Guild, sindacato statunitense che rappresenta oltre 160mila attori di cinema e televisione, per dimettersi prima che iniziasse un procedimento disciplinare per espellerlo per via del suo ruolo nell’attacco al Congresso statunitense del 6 gennaio, compiuto dai suoi sostenitori. Trump faceva parte del sindacato dal 1989.donald-trumps-letter-to-sag Continua la lettura di «Chi se ne frega!»: la lettera di dimissioni di Trump dal sindacato degli attori

La lezione del trumpismo: occorre un disarmo digitale

di Marco Morosini (huffingtonpost.it, 22 gennaio 2021)

L’abbiamo vista tutti la mazza con cui un “terrorista domestico” ha frantumato le vetrate del Parlamento degli Stati Uniti. Quella mazza è un simbolo appropriato per un tentativo di quattro anni di demolire la democrazia statunitense. Un vero incubo! Un’altra famosa mazza era già stata il simbolo del contrario: il sogno di una “liberazione digitale”. Con una grande mazza, infatti, il megaschermo del Grande Fratello veniva frantumato nel leggendario spot 1984 di Ridley Scott, con il quale Apple lanciò quattro decenni fa il suo rivoluzionario Macintosh, il “computer per tutti”. Quel mitico spot 1984 fu il più impressionante manifesto del “digitalismo politico”, detto anche “Ideologia Californiana”: un’era di libertà, intelligenza collettiva, democrazia diretta e potere popolare era alle porte.1984-Apple Continua la lettura di La lezione del trumpismo: occorre un disarmo digitale

«Newsmax sarà la prima tv, voglio Fox News»: intervista a Chris Ruddy

di Mario Sechi (agi.it, 25 gennaio 2021)

Un giorno gli storici forse divideranno la nostra vicenda contemporanea in due momenti: prima e dopo Trump. Nel frattempo, siamo immersi in un “durante” che serve a vedere il dopo e decifrare ciò che è successo prima. Trump è amato o odiato, non ci sono vie di mezzo, chi lo insulta e apostrofa come un gaglioffo può esibire il pedigree democratico per stare in società, chi lo adora naturalmente lo fa no limits: tutti gli altri sono “nemici del popolo”. Il risultato è che dal 2016 gli uni e gli altri sbagliano le previsioni su The Donald. Dopo l’invasione di Capitol Hill, gli illusionisti dicono che la storia è (ri)finita e l’America è un grande paradiso no borders, un territorio pacificato, governato dal Partito Democratico di Joe Biden e Kamala Harris, mentre i repubblicani sono in un penoso esilio e Trump è destinato a trascorrere il suo tempo giocando a golf.Newsmax Continua la lettura di «Newsmax sarà la prima tv, voglio Fox News»: intervista a Chris Ruddy

Trump ha un padre politico: McCarthy

di Sonia Turrini (huffingtonpost.it, 11 gennaio 2021)

Le vicende del Campidoglio del 6 gennaio, tanto prevedibili quanto sorprendenti, sono l’epilogo in una saga che non comincia nel 2016, e non comincia nemmeno con Donald Trump. Era la sera di giovedì 9 febbraio 1952, e il senatore del Wisconsin Joe McCarthy era invitato a parlare al McClure Hotel. Lo storico Jon Meacham riassume il tema del suo discorso in due parole: “American carnage”, massacro americano, le stesse parole usate nel suo discorso inaugurale dal presidente Trump. Le somiglianze fra i due non si fermano certo qui.Trump-McCarthy Continua la lettura di Trump ha un padre politico: McCarthy

“Antebellum”: in un film la profezia della seconda Guerra Civile americana

di Teresa Marchesi (huffingtonpost.it, 17 gennaio 2021)

Il bilancio del devastante epilogo dell’amministrazione Trump è già in un film. Questo film è Antebellum, reperibile sulla piattaforma Amazon Prime Video. In tempi ante-Covid Scappa – Get Out, se qualcuno lo ricorda, fu il “caso” di passaparola del 2017, un horror socio-politico che scalò le classifiche fino a conquistare l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale. Era un’opera prima, esordio alla sceneggiatura e alla regia di Jordan Peele. Anche Gerard Bush e Christopher Renz sono, con Antebellum, registi alla loro opera prima, prodotti dalla QC Entertainment di BlacKkKlansman. L’idea, però, su cui si sviluppa il film – come Get Out a basso costo ed esplicita metafora antirazzista – è ancora più forte e più sconvolgente. In qualche caso l’ibernazione da pandemia fa gioco. Antebellum era programmato per uscire nelle sale nella primavera del 2020.

Prime Video
Prime Video

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I progetti di Twitter per ripensare le proprie regole

(ilpost.it, 14 gennaio 2021)

Jack Dorsey, il cofondatore e ceo di Twitter, ha scritto una serie di tweet per riflettere sulla sospensione definitiva dell’account del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sulle sue conseguenze e su come da quello che è successo in questi giorni dovrebbero nascere nuove regole, per Twitter e per Internet. Nei primi tweet, Dorsey ha difeso la decisione di Twitter: «Non festeggio e non provo orgoglio per il fatto che abbiamo dovuto bloccare @realDonaldTrump da Twitter, né per come siamo arrivati a farlo». Tuttavia, Dorsey ritiene che per Twitter sia stata «la decisione giusta», perché è servita a limitare credibili minacce di violenza.

Ph. Hannah McKay / Getty Images – Pool
Ph. Hannah McKay / Getty Images – Pool

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Perché solo ora? Cosa c’è dietro ai ban messi in atto dalle grandi piattaforme

di Giacomo Aschacher (giornalettismo.com, 13 gennaio 2021)

Censura contro libertà d’espressione, la sfida sempre aperta è diventata il centro del dibattito di questi giorni in merito al ban sui social di Donald Trump, seguito dalla cancellazione del social network Parler sia dagli app store di Google e Apple sia da Aws, l’infrastruttura cloud di Amazon, seguito infine dalla cancellazione di oltre 70mila account collegati al movimento complottista QAnon. Può un social network come Twitter o Facebook arrogarsi il diritto di limitare o bloccare la libertà di espressione? La risposta è scontata: certo che può.Twitter-Trump Continua la lettura di Perché solo ora? Cosa c’è dietro ai ban messi in atto dalle grandi piattaforme

Luciano Floridi: «I social sono nell’infosfera. Servono nuove regole»

di Adele Sarno (huffingtonpost.it, 13 gennaio 2021)

Che due amministratori delegati abbiano staccato la spina agli account Twitter e Facebook di Donald Trump ormai è cosa nota. Anche il motivo lo è: durante l’assedio di Capitol Hill il presidente in carica Trump buttava benzina sul fuoco, incitando i suoi sostenitori con una serie di tweet, continuando ad affermare falsamente che le elezioni erano state truccate. Mark Zuckerberg e Jack Dorsey sono intervenuti e hanno preso la decisione che ha stupito tutti: bloccare i profili social del Presidente. Questa operazione dei Big Tech oggi ha aperto il dibattito: può un ceo decidere cosa si possa fare o meno sui social network? È giusto o sbagliato? I social network sono uno spazio privato, pubblico o privato ad accesso pubblico, come lo può essere, per esempio, una palestra? Twitter e Facebook hanno fatto bene a chiudere gli account di Trump?social_infosfera Continua la lettura di Luciano Floridi: «I social sono nell’infosfera. Servono nuove regole»