di Vladimir Crescenzo* (linkiesta.it, 12 agosto 2024)
A volte il calcio è il prolungamento della politica e in tal caso viene usato come uno strumento di soft power; sia per far esistere territori la cui sovranità è contestata, sia per acquisire peso nelle relazioni internazionali, sia attraverso l’organizzazione della competizione regina. L’idea è sempre la stessa: rafforzare le proprie posizioni senza dover ricorrere alla forza.
Il calcio combatterà l’antisemitismo. È questo il succo dell’annuncio fatto ieri da governo e Figc. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro dello Sport Andrea Abodi, il coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo Giuseppe Pecoraro e il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina hanno presentato ufficialmente una dichiarazione d’intenti per la lotta alle discriminazioni contro gli ebrei negli stadi italiani.
Cercherà di insistere. Sono queste le parole con cui Emmanuel Macron ha risposto a un tifoso preoccupato, la scorsa settimana. La preoccupazione è quella che, questa estate o al più tardi in quella del 2024, Kylian Mbappé lasci il Paris Saint-Germain e la Francia per trasferirsi all’estero, quasi certamente al Real Madrid. È una questione che riguarda da vicino il Presidente della Repubblica, notoriamente legato all’attaccante parigino e altrettanto interessato a contrastare l’indebolimento del calcio locale.
di Narcís Pallarès-Domènech – Alessio Postilgione – Valerio Mancini* (linkiesta.it, 15 maggio 2023)
L’ascesa geopolitica del Qatar non è avvenuta solo attraverso la politica tout court. Ma anche grazie alla comunicazione e alla politica dello sport, e del calcio in particolare. Oggi il Qatar ha fatto investimenti per organizzare il Mondiale pari a 200 milioni di dollari, ma la sua ascesa parte da lontano. Nel novembre 1996, il Qatar lanciava Al Jazeera, il primo canale satellitare arabo specializzato in notizie.
Una lista di proscrizione di quarantanove nomi, tutti dissidenti politici secondo l’accusa del governo. Tutti calciatori. È l’ultima trovata del regime di Aljaksandr Lukashenko per reprimere il dissenso in Bielorussia: gli atleti inclusi nella lista non potranno più giocare nei club locali né essere convocati in Nazionale, segnala il giornalista Tadeusz Giczan. Di fatto, le loro carriere sono finite, a meno di non abbandonare il Paese e trovare un ingaggio all’estero.
di Juan Villoro (Revista de la Universidad de México / internazionale.it, 19 novembre 2022)
Dopo aver riscontrato intense affinità, i poeti romantici russi suggellarono la loro amicizia scambiandosi le camicie. In modo semplice, questo gesto alludeva alla trasmigrazione delle anime. Le partite di calcio finiscono allo stesso modo. Non prestiamo molta attenzione a questo fatto perché non ha alcuna influenza sul risultato, ma questo gesto simboleggia l’unione dialettica tra gli avversari.
Per la nazionale di calcio del Galles i Mondiali in Qatar saranno i secondi nella storia dopo quelli del 1958, quando la squadra fu eliminata ai quarti di finale dal Brasile di Pelé, che poi vinse il torneo. Potrebbero anche essere gli ultimi in cui il Galles si chiamerà così: la federazione calcistica gallese, infatti, ha fatto sapere di stare considerando la possibilità di chiedere che a livello internazionale tutte le sue squadre, sia maschili sia femminili, siano chiamate Cymru, il nome gallese del Galles (che si pronuncia così, qualcosa di simile a “kmri”).
a cura di Michele Mazzeo (fanpage.it, 29 settembre 2022)
La forte protesta delle donne contro il regime esplosa in Iran in seguito alla morte di Mahsa Amini (la giovane arrestata dalla polizia religiosa per aver indossato l’hijab “in modo inappropriato”) e divampata ancor di più dopo l’omicidio della “ragazza con la coda” Hadis Najafi, ha trovato anche l’appoggio da parte dei calciatori della Nazionale maschile di calcio, che, prima dell’amichevole giocata contro il Senegal in Austria, si sono resi protagonisti di un eclatante gesto di solidarietà nei confronti delle donne del loro Paese.
di Valerio Moggia (linkiesta.it, 16 settembre 2022)
Pochi si sono sorpresi davanti ai disordini scatenati dai tifosi della Dinamo Zagabria, in trasferta mercoledì a Milano per la Champions League: ovunque vadano succede qualcosa del genere. Milano li aveva già conosciuti nel novembre del 2019, quando erano venuti a sfidare l’Atalanta in Champions. Il copione è sempre lo stesso: maglie nere, aggressioni e saluti nazisti. Sono questi i tratti distintivi dei Bad Blue Boys (Bbb), il gruppo ultras formatosi a Zagabria nel 1986 e divenuto abbastanza celebre per i disordini del Maksimir del 13 maggio 1990, la partita che secondo il (falso) mito diede avvio alla guerra nei Balcani. Già all’epoca i Bbb erano un gruppo di tifosi d’ideologia nazionalista nostalgici degli ustascia, ritenuti molto vicini al partito Hdz di Franjo Tudjman, da cui poi si sono progressivamente distaccati – un po’ perché Tudjman appoggiava i vertici del club, che intendevano cambiare nome alla Dinamo, e un po’ perché negli anni il partito è passato su posizioni più moderate.
di Claudia Casiraghi (vanityfair.it, 22 agosto 2021)
“Il Greta Thunberg della Serie A”: così è stato soprannominato Morten Thorsby, calciatore norvegese partito in auto elettrica per onorare il contratto che lo lega alla Sampdoria. Thorsby, che nel Levante ligure si è offerto di ripulire il Monte Moro dai rifiuti lasciati dai turisti, ha sviluppato negli anni una sensibilità spiccata per la questione ambientale. E a questa ha deciso di dedicare ogni sua energia, coniugando sport e attivismo. Il centrocampista norvegese, per la stagione 2021-22, ha fatto una scelta all’apparenza banale: ha chiesto e ottenuto di cambiare il proprio numero di maglia, non più 18 ma 2.