La vittoria a sorpresa di Calin Georgescu, candidato nazionalista e filorusso, al primo turno delle presidenziali in Romania, è almeno in parte dovuta alla grande quantità di contenuti pubblicati su TikTok, che hanno attratto e convinto un numero inatteso di elettori. Questo sta avvenendo non soltanto in Romania: in tutta Europa sulla piattaforma cinese vanno forte soprattutto i candidati populisti.
Sabato sera l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha pubblicato il suo primo video sul social network cinese TikTok. Nel video Trump viene presentato da Dana White, personaggio televisivo statunitense e amministratore delegato della Ultimate Fighting Championship (Ufc), la principale lega di arti marziali miste: «il presidente ora è su TikTok», dice White, e Trump risponde che «è un onore». Lo si vede poi salutare la folla durante un incontro sportivo a Newark, nel New Jersey, con la canzone American Bad Ass di Kid Rock di sottofondo.
L’irresistibile ascesa di TikTok, da applicazione di nicchia per la condivisione di video a colosso globale dei social media, ha comportato numerosi controlli, in particolare per i suoi legami con la Cina. Diversi governi hanno bandito l’applicazione dalle loro apparecchiature per timore che i dati potessero essere visualizzati dai funzionari di Pechino, e gli Stati Uniti stanno ora cercando di costringere la società madre cinese ByteDance a vendere la sua preziosa risorsa.
Da martedì 28 febbraio, il Canada ha deciso di rimuovere l’app di TikTok da tutti i dispositivi forniti dal governo e usati per lavoro. Un portavoce del governo ha fatto sapere che l’app che appartiene all’azienda cinese ByteDance «presenta un livello di rischio inaccettabile per la privacy e la sicurezza». Qualche giorno fa, l’ente canadese che si occupa di privacy ha anche annunciato di aver avviato un’indagine su TikTok per verificare che l’app «abbia un consenso valido e certificato per la raccolta, l’utilizzo e la divulgazione di informazioni personali».
di Michela Rovelli (corriere.it, 23 febbraio 2023)
Mentre diventa sempre più popolare sugli smartphone – e non solo quelli dei più giovani, ma anche degli adulti –, le preoccupazioni sulla sicurezza del social cinese TikTok non fanno che aumentare. Dopo il governo federale americano, anche l’Unione Europea ha sollevato i suoi dubbi, che hanno preso forma in una richiesta formale a tutti i dipendenti della Commissione (uno dei tre organi dell’Ue, insieme a Parlamento e Consiglio) di disinstallare l’app dai propri telefoni.
di Walter Galbiati (repubblica.it, 4 gennaio 2023)
Chi lavora per il governo degli Stati Uniti non potrà più installare TikTok sul telefonino di lavoro. Il 29 dicembre scorso, il presidente Joe Biden ha firmato l’atto che ha bandito TikTok da tutti i cellulari in uso ai dipendenti federali. Un giro di vite che arriva dopo le decisioni già prese da alcuni governi locali e che segna un punto di svolta per il futuro dell’app negli Stati Uniti. Le motivazioni sono «per questioni di sicurezza», legate alla proprietà del social media.
Centinaia di dipendenti di ByteDance, la compagnia che controlla TikTok, hanno lavorato o lavorano tuttora per media e pubblicazioni dello Stato cinese, almeno secondo i loro profili LinkedIn. A rivelarlo è un’inchiesta di Forbes. Tra queste organizzazioni compaiono Xinhua News Agency, China Radio International e China Central / China Global Television, identificate dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti come foreign missions, ovvero enti “sostanzialmente di proprietà e di fatto controllati da un governo straniero”. Cinquanta tra i profili identificati appartengono a persone che lavorano direttamente su TikTok in varie aree, tra cui policy, strategia, monetizzazione e localizzazione dei contenuti. Tra questi, c’è anche un “content strategy manager” che in passato è stato corrispondente in capo per Xinhua News. Un altro dipendente, ora vice capo delle media partnership di ByteDance, ha precedentemente ricoperto il ruolo di social media manager del sito china.org.cn, un portale gestito dallo Stato cinese che diffonde sui social media post con titoli come L’entusiasmo per i diritti umani non fa bene né agli Stati Uniti né alla Cina.
di Gianmichele Laino (giornalettismo.com, 27 dicembre 2021)
Non sarà un suo account personale, non sarà nemmeno quello istituzionale della Casa Bianca. Ma fa un certo effetto vedere l’ottantenne Joe Biden su TikTok, in un video virale che ha superato – negli ultimi giorni – decine di milioni di visualizzazioni. Il video vuole spingere le nuove generazioni a essere molto più propositive nei confronti della campagna vaccinale. I Jonas Brothers si sono prestati allo scopo, girando diverse clip in varie ale della Casa Bianca: «Sei vaccinato?», «Sì, signore» è stato il tormentone che ha caratterizzato i 17 secondi di un video pubblicato su TikTok e su Instagram; alla fine compare Biden, sorriso smagliante e smartphone in mano, che fa finta di riprendere tutto e che commenta: «Sì, ce l’abbiamo fatta».
di Bruno Ruffilli (lastampa.it, 18 settembre 2020)
Dopo molte minacce, alla fine è arrivata la decisione. Il presidente Donald Trump vieta agli utenti statunitensi di scaricare le app WeChat e TikTok, di proprietà dei gruppi cinesi Tencent e ByteDance, «per salvaguardare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti». È quanto si legge in una nota ufficiale del Dipartimento del Commercio Usa, in cui si sottolinea che i divieti «proteggono gli utenti negli Stati Uniti eliminando l’accesso a queste applicazioni e riducendo notevolmente la loro funzionalità». «Le azioni di oggi dimostrano ancora una volta che il presidente Trump farà tutto ciò che è in suo potere per garantire la nostra sicurezza nazionale e proteggere gli americani dalle minacce del Partito comunista cinese», ha detto il segretario del Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti Wilbur Ross.Continua la lettura di Trump cancella WeChat e TikTok dagli app store americani→
di Alia Allana (Fountain Ink / internazionale.it, 21 luglio 2020)
È quasi l’alba quando Raghav Bhutani, 23 anni, esce dalla sua casa di Pathankot – una città che ospita una base aerea a circa 100 chilometri dalla frontiera tra India e Pakistan – per andare alla stazione. Le uniche tracce di vita sulla strada sono gli autocarri dell’esercito e qualche checkpoint. In una città dove prevalgono le tute mimetiche, la camicia a fiori rosa e bianchi di Bhutani salta agli occhi. Sul binario, sembra uscito da una bacheca di moda di Pinterest.