Archivi tag: Barack Obama

L’America in lutto per Nichelle Nichols, eroina di “Star Trek” e icona dei diritti

di Matteo Persivale (corriere.it, 2 agosto 2022)

Per capire come mai l’America è in lutto per la scomparsa, a 89 anni, dell’attrice Nichelle Nichols, il tenente Uhura di Star Trek, si può dire — semplicemente — che fu tra i pionieri dei diritti civili dei neri, e che sul ponte dell’astronave Enterprise (in onda in tv dal 1966 al 1969 e poi attraverso sei film al cinema) ha incarnato l’ideale di un mondo dove le razze non contano più. Perché, nel futuro immaginato per la serie di fantascienza, sull’Enterprise gli ufficiali erano bianchi, neri, asiatici, senza distinzioni e nella massima normalità. In quel 1966 erano da poco più di un anno stati smontati (a malincuore) negli Stati del Sud della segregazione razziale i cartelli “whites only”, riservato ai bianchi, ma in tv il tenente Uhura incarnava un futuro diverso e inevitabile. Protagonista anche del primo bacio interrazziale della tv americana con il capitano Kirk, cosa assolutamente scandalosa nel 1968.

Desilu Productions / Paramount Television

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Per salvare la democrazia serve controllare le piattaforme

di Luigi Daniele (linkiesta.it, 27 aprile 2022)

Lo scorso giovedì, l’ex presidente americano Barack Obama è intervenuto in un incontro sulle sfide poste alla democrazia dall’informazione digitale, organizzato dal Cyber Policy Center, un ente di ricerca collegato all’Università di Stanford. Pur riconoscendo il ruolo innovativo ed emancipatorio che può essere svolto dalle piattaforme on line, Obama ha sostenuto come l’infodemia contemporanea rischi, contro ogni sua promessa di democraticizzazione della società e dell’informazione, di tradursi nel suo opposto. Anche a causa di attori che deliberatamente intendono sfruttarne le criticità intrinseche. Tra questi attori, non ci sono solo «aziende che sono venute a dominare Internet in generale e le piattaforme di social media in particolare», le quali prendono «decisioni che, intenzionalmente o no, hanno reso le democrazie più vulnerabili», ma anche «consulenti politici» o «potenze straniere» che possono «sfruttare strumentalmente gli algoritmi delle piattaforme o aumentare artificialmente la portata dei messaggi ingannevoli o dannosi».

Shutterstock

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Jen Psaki lascia la Casa Bianca e va in tv

di Massimo Basile (agi.it, 1° aprile 2022)

Quando la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, fece il suo ingresso nella briefing room, il suo arrivo venne visto dai media come il ritorno a un rapporto normale con l’informazione. Per quattro anni i portavoce di Donald Trump avevano utilizzato l’incontro quotidiano con i giornalisti come un appuntamento rovente per regolare i conti, lanciare minacce, dare risposte beffarde. Con l’ultima della serie, Kayleigh McEnany, c’era stato lo svilimento del ruolo di portavoce, ridotto a una funzionaria capace solo di leggere le risposte già preparate dallo staff, senza mai andare a braccio. McEnany, era l’opinione comune dei media americani, era lì solo come figurina, non conosceva alcun tema. Con Jennifer Rene Psaki, per tutti Jen, 43 anni, da Stamford, Connecticut, sposata, due figli, giornalista di origine greche e polacche, la Casa Bianca era tornata alla grande tradizione dei portavoce.

Ph. Alex Wong / Getty Images

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Barack Obama ci accompagna a scoprire i parchi nazionali del mondo

di Paolo Armelli (wired.it, 16 marzo 2022)

Che cosa può fare un presidente degli Stati Uniti in pensione? Sicuramente un sacco di cose, e Barack Obama di certo non è uno privo di interessi. La sua ultima avventura è però in qualche modo inaspettata: sarà infatti la voce narrante di una nuova docuserie in arrivo su Netflix ad aprile, intitolata Our Great National Parks e di cui è uscito un trailer nelle scorse ore. Il titolo è piuttosto eloquente: sarà un viaggio spettacolare alla scoperta delle più importanti riserve naturali del globo, da quella della baia di Monterey in California al Tvaso National Park in Kenya, passando per il parco Gunung Leuser nelle foreste pluviali dell’Indonesia.

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Le cose che anticipò “Kony 2012”

(ilpost.it, 10 marzo 2022)

Nel 2012 Invisible Children era una semisconosciuta associazione californiana impegnata da otto anni in attività di informazione e sensibilizzazione dei Paesi occidentali sui crimini commessi in Africa Centrale da un violento gruppo di milizie fondamentaliste guidato da un leader ugandese chiamato Joseph Kony. Nei primi giorni di marzo di quell’anno, esattamente dieci anni fa, il nome e il lavoro di Invisible Children diventarono eccezionalmente noti negli Stati Uniti e in molti altri Paesi del mondo, oltre ogni realistica previsione, dopo che l’associazione pubblicò su Internet un documentario di circa mezz’ora intitolato Kony 2012. In sei giorni diventò il primo video su YouTube a essere visto oltre 100 milioni di volte.

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Le elezioni hanno conseguenze: un comico come presidente

di Christian Rocca (linkiesta.it, 23 febbraio 2022)

L’Ucraina è un Paese complicato e gigantesco, più grande della Germania, con un forte spirito nazionalista, una spiccata tensione europea e un contrastato rapporto di diffidenza nei confronti di Mosca. Vladimir Putin ha detto che la nazione ucraina in realtà è una creazione posticcia di Lenin, per cui se davvero gli ucraini si professano anticomunisti viscerali come dicono di essere dovrebbero rinunciare anche alle pretese nazionali che gli furono artificialmente attribuite dall’Unione Sovietica. Intanto Putin si è pappato la regione del Donbass, dove c’è una forte minoranza russofona alimentata dai suoi ceffi e dai suoi rubli, dopo aver già digerito per bene la Crimea.

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Un pugnale alla gola della democrazia americana

di Gianni Riotta (huffingtonpost.it, 6 gennaio 2022)

“Un anno fa, in questo sacro luogo, la nostra democrazia è stata attaccata. La volontà popolare è finita sotto assalto. La Costituzione ha affrontato la minaccia più grave. Per la prima volta nella nostra Storia, un presidente, che aveva perso le elezioni, ha provato a impedire il pacifico scambio di poteri, mentre una teppa violenta invadeva il Campidoglio. Hanno fallito. Questa è la verità: l’ex presidente degli Stati Uniti ha creato e diffuso una ragnatela di bugie sulle elezioni del 2020. Perché crede al potere, non ai principi ideali e vede i propri interessi al di sopra di quelli del Paese… Il suo ego sconfitto pesava più della democrazia e della Costituzione. Non ha accettato di perdere… Non si ama il Paese solo quando si vince. Non si è patrioti mentendo. Chi ha invaso Capitol Hill, e i mandanti, hanno puntato un pugnale alla gola della democrazia”.

Ph. Eric Thayer / The New York Times – Redux

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Fatoumata Diawara racconta un’Africa che vuole cambiare

di Andrea de Georgio (internazionale.it, 23 luglio 2021)

7 luglio 2021. Mentre il Sole comincia lentamente a calare, una fiumana di gente affolla la Corniche Président John Fitzgerald Kennedy di Marsiglia, trafficato lungomare che collega il centro città alle spiagge di Catalans, Malmousque, Maldormé e, più avanti, Prado. Il Théâtre Silvain, suggestivo anfiteatro immerso nel verde che scalda le estati musicali marsigliesi, stasera ospita il concerto di Fatoumata Diawara, una delle voci più eccentriche e interessanti del panorama artistico africano. I biglietti per la serata clou del Festival de Marseille, che chiude la 17ª edizione di Africa Fête, sono esauriti da giorni.

Ph. Pierre Gondard

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Lanciato l’orsacchiotto con le fattezze di Angela Merkel

di Roberto Brunelli (agi.it, 20 settembre 2021)

Un colorato orsacchiotto di peluche con le inconfondibili fattezze di Angela Merkel. L’ha messo in produzione la Hermann Spielwaren, nota azienda di giocattoli di Coburg, in Baviera: a suo modo un omaggio alla cancelliera, giunta alla fine – per sua stessa scelta – del suo “regno”, durato ben sedici anni. Alto quaranta centimetri, l’orsacchiotto non solo ha la stessa capigliatura caratteristica della Merkel, ma indossa anche un giacchetto rosso, molto simile a quelli indossati normalmente dalla cancelliera. E, soprattutto, il simpatico animaletto tiene le zampe nella caratteristica, per non dire iconica, posa “a rombo” (o “a diamante”) tipico di Merkel.

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Hillary Clinton si riscopre scrittrice

(huffingtonpost.it, 24 febbraio 2021)

Una segretaria di Stato di fresca nomina con il compito davanti a sé di ricostruire la leadership americana dopo anni di diminuita influenza all’estero viene subito messa alla prova da un’ondata di attentati terroristici che rischiano di destabilizzare l’ordine mondiale. Se il soggetto sembra familiare, una ragione c’è: State of Terror, il nuovo thriller politico della giallista canadese Louise Penny, ha una co-autrice di eccezione, Hillary Clinton. In un inconsueto esempio di collaborazione, il romanzo a quattro mani sarà pubblicato il 12 ottobre da Simon & Schuster e St. Martin’s Press, che sono poi le rispettive case editrici della Clinton e della Penny. Le due sono amiche da tempo e non hanno mai nascosto l’ammirazione reciproca.

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