di Davide Turrini (ilfattoquotidiano.it, 24 aprile 2025)
La candidatura agli Oscar si allarga a rifugiati e richiedenti asilo. Nel variegato mazzo di nuove regole e linee guida che l’Academy ha approvato nei giorni scorsi, spicca quella che riguarda l’ammissibilità per registi sostanzialmente senza una distinta nazionalità. Dal 2026 potranno quindi essere nominati anche autori di film internazionali con lo status di rifugiati o richiedenti asilo.
Dietro la patina dorata di Hollywood, gli Oscar sono sempre stati anche un palcoscenico per le istanze politiche, un riflettore acceso sulle questioni sociali del momento. Dai discorsi appassionati alle scelte di premiazione, l’Academy Awards ha spesso rappresentato un termometro delle tensioni e dei cambiamenti nella società, dimostrando che il cinema è anche una forma di espressione e di protesta.
L’anno scorso, in questo periodo, Donald Trump definiva gli Oscar troppo «politicamente corretti», accusando lo spettacolo di essere utile come piattaforma per il Partito Democratico e suggerendo che l’Academy si fosse allontanata dalla sua funzione iniziale di onorare i film senza riconoscere il mondo che li circonda. A parte la natura generale e sconclusionata della dichiarazione, la sua premessa implicita era sbagliata: gli Oscar hanno sempre messo in mostra momenti politici. Di conseguenza, i tentativi di lunga data dell’Academy di raggiungere una più ampia rilevanza culturale saranno sicuramente rispettati anche questa domenica sera, quando i padroni di casa Wanda Sykes, Amy Schumer e Regina Hall metteranno in scena uno spettacolo stellare in un momento di guerra.