di Stefano Montefiori («Corriere della Sera», 1° luglio 2017)
Il ritratto ufficiale è uno dei momenti più importanti del rituale dell’Eliseo, perché quella foto accompagnerà i francesi in tutti gli uffici pubblici. Per il presidente è un modo di comunicare chi è, quel che vuol fare.François Hollande si fece fotografare da Raymond Depardon in giardino e in movimento ma immerso nell’ombra, come se non riuscisse ad accettare fino in fondo il ruolo di primo piano che pure aveva cercato e ottenuto (una riserva forse inconscia che si vedrà poi all’opera in molti momenti imbarazzanti del suo quinquennio, dallo scooter al libro di confidenze con i giornalisti di «Le Monde»). Emmanuel Macron invece si è offerto alla luce piena dei tre riflettori di Soazig de la Moissonnière, che lo segue dall’inizio della sua avventura, facendosi riprendere nel suo studio, al lavoro, in piedi ma appoggiato in modo — apparentemente — disinvolto alla scrivania. Apparentemente perché i metadati della foto rivelano tre giorni di ritocchi con Photoshop, e perché ogni dettaglio sembra studiato in un tripudio di semiotica. Per prima cosa, da notare la simmetria quasi assoluta dell’immagine, da film di Wes Anderson più che da fotografia ufficiale. Una perfezione quasi impercettibile ma voluta anche nei polsini della camicia che escono dalla giacca: esattamente gli stessi millimetri, nella manica destra come nella sinistra. La bandiera francese e quella europea non sono una accanto all’altra ma staccate, a incorniciare con pari dignità il presidente. La finestra è aperta verso il giardino, per dare un senso di respiro e segnalare che il capo di Stato non si è rinchiuso nella torre d’avorio dell’Eliseo ma resta permeabile a quel che accade nel Paese. Molto interessante è la disposizione degli oggetti sulla scrivania. Alla sinistra del presidente, l’orologio. Segna le 8 e 20, cioè l’ora in cui è stata scattata la foto qualche giorno fa, ma il punto è che questo orologio è stato preteso da Macron tanto che per qualche giorno è sparito dalla sala dove si tiene il Consiglio dei ministri. Il presidente si è definito mesi fa maître des horloges, più o meno “padrone del tempo”: cioè non accetta di farsi dettare le proprie azioni dai tempi mediatici, perché vuole essere lui a imporre il ritmo. Accanto all’orologio, due libri di scrittori tra i suoi preferiti: Il rosso e il nero di Stendhal, e I nutrimenti terrestri di André Gide. Alla destra del presidente un altro volume ma questa volta aperto, le Memorie di guerra del generale De Gaulle, al quale Macron dice di ispirarsi «per prendere il meglio della destra, della sinistra e del centro». Tra il libro e la mano, il piccolo capolavoro: i due iPhone del presidente, evidente richiamo alla modernità e alla cultura digitale, ma sullo schermo del primo è riflessa l’ombra di un piccolo gallo, simbolo della Francia tradizionale ed eterna. Qualche idea sembra venire dall’America: la posa di Macron è identica a quella del presidente Josiah Bartlet nella serie tv The West Wing, e le due bandiere “separate” (in quel caso degli Stati Uniti e della Casa Bianca) sono state già usate da Barack Obama. Il risultato sembra una celebrazione del centrismo di Macron, quella sua pretesa di tenere insieme tutto, anche gli opposti, ponendosi nel cuore dell’immaginario francese.