Spagna, in politica è l’ora dei “guapos”

Il quotidiano conservatore El Mundo passa in rassegna i nuovi volti della politica e intercetta un’aria di cambiamento: “Il rinnovamento democratico dei nostri partiti passa anche dall’estetica”

di Gian Antonio Orighi (lastampa.it, 2 dicembre 2014)

L’ultimo arrivato è Alberto Garzón, economista di 29 anni di Malaga, deputato, prossimo leader del cartello eco-comunista di Izquierda Unida (Iu) dopo aver accettato, la settimana scorsa, di partecipare alle primarie del prossimo febbraio. Prima, a maggio, era apparso sulla scena politica Pedro Sánchéz, 42 anni, madrileno, economista e deputato, nuovo segretario generale dei socialisti del Psoe, il maggior partito dell’opposizione al governo popolare del premier Mariano Rajoy. E, a fare l’apripista, era stato a gennaio Pablo Iglesias, 36 anni, madrileno, professore di Scienze Politiche soprannominato “El Coleta” (il codino), eurodeputato, leader di Podemos, il movimento trasformatosi partito nel mese scorso e che, stando ai sondaggi, è il primo partito di Spagna per intenzione di voto diretto. Il terzetto ha in comune la bella presenza, una qualità, quella di “guapo”, che gli spagnoli sembrano apprezzare molto, quando la politica si rinnova mandando in pensione i vecchi leader, come il socialista Alfredo Pérez Rubalcaba, 63 anni ed una immagine che ricordava i quadri di El Greco, o Cayo Lara, 62 anni, con l’aspetto da nonno. «Il rinnovamento democratico dei nostri partiti passa anche dall’estetica?», si chiede il conservatore El Mundo. E risponde: «L’apogeo di politici attraenti sembra indicare di sì. E qui la sinistra vince la destra». In un Paese che non ha ancora dimenticato l’appeal degli ex premier Adolfo Suárez e Felipe González, con un Rajoy, 59 anni, che sembra il padre dei suoi oppositori progressisti e che pare voglia ripresentarsi come candidato alle legislative del prossimo anno, il centro destra ha perso terreno sia in gioventù che in charme. «Basta dare uno sguardo al governo di Rajoy, all’aspetto formale e vetusto dei suoi ministri», chiosa, irriverente come sempre, El Mundo.

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