di Diego Bianchi («Il Venerdì di Repubblica», 10 aprile 2015)
«Zayn Malik che è uscito dagli One Direction è semplicemente un Civati che ce l’ha fatta». Questo, di Davide Astolfi, è stato uno dei tanti tweet con i quali si è cercato di commentare la scissione più clamorosa del momento rapportandola alle ingessate vicende della politica italiana. Altri hanno paragonato il cantante transfuga a Tosi uscito dalla Lega o a Ichino che ha mollato Scelta Civica, ma niente come il riferirsi alle tante minacce di autodeterminazione di Civati o della minoranza Pd in senso ampio è capace di suscitare ilarità e paradosso quando non amarezza e rassegnazione. Sono state e continuano ad essere talmente tante le volte che parte dell’elettorato di sinistra di questo Paese ha pensato «se non ora quando», che la prospettiva di uno Zayn che si decida ad occupare quel vasto spazio politico rimasto alla sinistra del Pd di Renzi sembra sempre più un’utopia che nessuno avrà mai il coraggio di realizzare. L’ultimo caso, in ordine di tempo, è quello di Maurizio Landini, leader Fiom in costante ascesa politica e mediatica dal quale sempre più persone, anche fuori dal suo sindacato di riferimento, si aspettano da tempo il grande passo. Sembrava esser arrivato il momento con la manifestazione nazionale di Piazza del Popolo convocata per spiegare ufficialmente l’essenza di quella «coalizione sociale» da lui auspicata e annunciata più volte in tv. Baciata con trasporto non ricambiato la Camusso (poi autoghettizzatasi sulle scalette del palco), il comizio è partito davanti a una piazza rossa di bandiere polverose e orgogliose, piena di falci e di martelli disperatamente alla ricerca di un leader indubitabilmente di sinistra. E non è stata tanto la scelta di una parola inglese (Unions), per quanto nobile, a raffreddare gli ardori di un popolo in cerca di rappresentanza, quanto il dubbio di aver partecipato più ad un momento importante di una disputa interna alla Cgil che non alla nascita di un nuovo soggetto politico utile a scardinare l’immobilità del momento. La stessa sensazione si era già avuta sempre qui, a Piazza del Popolo, il giorno in cui Salvini aveva deciso di attraversare ufficialmente il Po adunando sotto il proprio iPad leghista ogni avanzo di fascismo pronto a negare se stesso pur di tornare a insperata vita. Quel giorno la manifestazione «Mai con Salvini», organizzata da movimenti e centri sociali, era stata un successo. Organizzata per lo più su Internet, ben più numerosa di quella di Salvini, aveva pacificamente invaso il centro di Roma. Eppure, il pensiero che chi stava con Salvini avesse subito un unico leader da votare, e quindi una rappresentanza da far pesare, e chi gli sfilava contro no, era forte e frustrante. Sfidare Renzi a sinistra, pare impresa tanto possibile quanto ardita. Chissà che progetti ha Zayn per il futuro.