di Giacomo Stefanini (vice.com, 8 agosto 2019)
Il mio analista dice che uno dei miei problemi è che vedo tutto o bianco o nero. Questo mi causa forte ansia riguardo a cose come la scelta dei luoghi di villeggiatura e l’etica. Spesso mi chiedo se con il mio lavoro qui a Vice, che è una multinazionale il cui fatturato dipende interamente dagli introiti pubblicitari, non stia contribuendo alla macchina capitalista che ci schiaccia con i suoi ingranaggi.Il capitalismo è una macchina complessa che ha bisogno di tutte le sue parti per funzionare: la parte brutale che assassina migliaia di persone ogni giorno con la povertà, la catastrofe climatica, la violenza razzista, sessista e classista e il lavoro; e il lato opposto, il nostro, quello di Internet, dei soldi, di quei gechi a ventosa che si attaccano ai finestrini dell’auto e dei voli low cost. Se il capitalismo ha bisogno di me e della mia capacità di scrivere con dieci dita sulla tastiera, figuriamoci se non ha bisogno di uno come Rovazzi, che ha una milionata di persone il cui cellulare emette un suono ogni volta che si manifesta su Internet.
Senza pensieri è il suo ultimo video: al momento in cui scrivo è secondo in tendenza su YouTube dopo tre giorni al primo posto ed è stato visto 2 milioni e 700mila volte. Come è successo per tutti i suoi video post-Andiamo a comandare, anche questo è un piccolo film pieno di effetti speciali, ospiti speciali, location speciali e sponsor molto evidenti. Ma ha qualcosa di diverso, qualcosa che ha mandato in confusione il mio senso di zecca (è come il senso di ragno dell’Uomo Ragno, ma è sintonizzato sui segnali di propaganda anticapitalista).
Il corto racconta la storia di un Rovazzi a cui viene prelevato un liquido fluorescente dal collo, che rappresenta presumibilmente il suo senso critico, e che si sveglia in un mondo in cui va tutto sempre bene. L’isola di plastica che galleggia nell’Oceano Pacifico è la location di un reality, tutti sono vestiti mega stilosi e non fanno niente, Mentana non fa più maratone perché non c’è più niente da dire. Ma è un mondo farlocco, controllato da Maccio Capatonda, che mantiene i suoi abitanti sedati e dediti all’unica attività utile che svolgono, ossia consumare (ASPETTA UN ATTIMO, STAI DICENDO CHE NON È ANCORA ARRIVATA LA PIENA AUTOMAZIONE E HANNO GIÀ TROVATO UN ALTRO MODO PER SFRUTTARCI?), ripetendo come ipnotizzati un ritornello senza parole (na na na na na na na na na na na na).
La resistenza, nella figura di Loredana Bertè, penetra però nella fortezza, mette fuori combattimento Capatonda e disattiva il sistema. Ora i cartelloni pubblicitari si mostrano per quello che sono, cioè ordini repressivi: “OBBEDISCI”, “NON PENSARE” eccetera. Il palazzo di Montecitorio, che in questo video si affaccia sulla piazza di Ritorno al futuro, è soltanto una facciata di cartone: Rovazzi, riavuto il suo senso critico, attraversandola accede al mondo reale, un deserto in cui Terence Hill scorrazza su una Range Rover ultimo modello, sulla quale carica il nostro eroe per arruolarlo nella resistenza.
Nel frattempo la canzone, con le voci di Rovazzi, J-Ax e Loredana Bertè, parla del grande inganno della contemporaneità, denunciando (cito più o meno in ordine): il disastro ambientale, Instagram, lo stress, la fine del mondo a causa del cambiamento climatico, le fake news, il sessismo, il materialismo, il complottismo, il sovraccarico di informazioni. Quello che mi manda ai matti di questa cosa è che individua abbastanza esattamente una problematica reale, quella di un’umanità sopraffatta dalle tragedie del mondo contemporaneo (“travolti dallo stress”) che si rifugia in un “buco nero” di intrattenimento; un’umanità che rinuncia alla propria capacità di pensare perché c’è un’industria che offre un’alternativa gratuita, una fuga dal mondo reale, che sarebbe quella di LEGGERE ARTICOLI COME QUESTO o GUARDARE I VIDEO DI ROVAZZI.
È quasi come quella puntata di Black Mirror in cui il ragazzo sbrocca sul palco del reality denunciando l’ingiustizia del sistema del reality, e il reality gli offre uno spazio tutto suo da cui denunciare le ingiustizie del reality facendo fare ascolti al reality. È una storia che ha talmente tanti strati e tante interpretazioni da diventare un universo a parte.
Odio essere uno di quelli che citano Realismo capitalista, non l’ho nemmeno mai letto, ma il video di Senza pensieri, nella sua natura totalmente paradossale (voglio dire, ci sono le pubblicità dei brand che hanno sponsorizzato il video che si trasformano in distopiche scritte “obbedisci”), è la fotografia dell’inganno contemporaneo per cui il capitalismo pervade tanto profondamente la nostra società da assorbire anche il “dissenso”. Non che la canzone sia una canzone di protesta, ma del dissenso usa le parole, seppur svuotandole. J-Ax che dice, in sostanza, “sono vittima del materialismo, produco hit estive solo per fare soldi per comprarmi cose” mi fa uscire di testa. Che cosa ci devo fare io con questa informazione, che, per inciso, era ovvia? Fa ridere perché è vero?
Proprio ieri mattina la giunta di Bologna ha sgomberato lo storico centro sociale XM24 per realizzare al suo posto un cohousing che, secondo il piano, dovrebbe replicare molte delle attività svolte dal centro sociale ma in contesto istituzionale (e soprattutto fruttifero economicamente). La beffa che l’amministrazione ha cercato di aggiungere al danno era l’idea di conservare i muri di XM, dipinti da vari artisti di strada che avevano collaborato con lo spazio, in quanto “di interesse artistico e culturale”. Insomma, le forze del profitto, dell’ordine e della disciplina che si prendono con la forza il prodotto del disordine e dell’indisciplina per farci i soldi e farsi un’immagine “cool” (fortunatamente la questione dei muri è andata a finire in modo diverso, anche se purtroppo non è servito a impedire lo sgombero). In questo caso, sembra che le forze di YouTube e Instagram se la siano presa con le forze di YouTube e Instagram totalizzando un grandioso risultato su YouTube e Instagram.
Insomma, Fabio mi ha confuso. Il fatto che alla fine del video esca da quel mondo e si unisca alla resistenza significa che la prossima canzone non sarà la solita hit estiva con il ritornello di una sillaba, ma una composizione d’avanguardia pubblicata soltanto in cassetta e distribuita in allegato a una fanzine anarchica? O era tutto soltanto uno scherzo, una dimostrazione del fatto che con il giusto gancio pubblicitario si può dire un po’ quello che si vuole? Che cosa pensa davvero Rovazzi? Che cosa devo fare io? Forse, direbbe il mio analista, dovrei guardare le sfumature, smettere di prestare attenzione al pop italiano e concedermi di pensare davvero.