Se i calciatori francesi si schierano politicamente

Epa

di Matteo Albanese (esquire.com, 25 giugno 2024)

Mancavano due settimane alle elezioni legislative francesi quando Kylian Mbappé ha rotto il silenzio, nella conferenza stampa che precedeva l’esordio della Francia all’Europeo di calcio, contro l’Austria: «Voglio rivolgermi in particolare ai giovani. La nostra generazione può fare la differenza, gli estremisti sono alle porte del potere. Chiedo a tutti di andare a votare».

Poche parole che sono bastate a scatenare il putiferio. Sul campo, i Galletti hanno battuto l’Austria solo con un’autorete e pareggiato con l’Olanda. Fuori dal campo, il commissario tecnico Didier Deschamps invitava alla moderazione: «Il calcio può unire tutti, non commento cosa dicono i giocatori». Il primo è stato Ousmane Dembélé, quindi l’interista Marcus Thuram – all’antivigilia della gara con l’Austria – aveva chiamato i concittadini a «far sì che non passi Rassemblement National [il partito fondato nel 1972 da Jean-Marie Le Pen e presieduto oggi da sua figlia Marine – N.d.R.]» e infine Mbappé, alla vigilia della partita, rincarava la dose: «Il Paese deve identificarsi con i valori della diversità, della tolleranza, del rispetto».

Mentre la Federcalcio francese – che aveva condiviso l’appello al voto dei calciatori, suggerendo invano di mantenere una certa neutralità – emanava frettolosamente un comunicato, l’appello di Dembélé, Thuram e Mbappé faceva eco. Per il portiere Unai Simón, «noi calciatori forse non dovremmo parlare di questi problemi». Per Thierry Henry, «il voto può fermare gli estremismi». Il Ministro francese dello Sport, Amélie Oudéa-Castéra [di Renissance, il partito fondato nel 2016 dall’attuale presidente Emmanuel Macron – N.d.R.], ha condiviso naturalmente l’appello dei calciatori.

Mentre il presidente della Federcalcio francese, Philippe Diallo, intimava ai calciatori di «evitare dibattiti di carattere politico» in quanto «la Nazionale appartiene a tutti e non voglio venga strumentalizzata. Saranno i francesi a scegliere». Non si è parlato di politica per un po’ di giorni – la frattura del setto nasale di Kylian Mbappé contro l’Olanda ha monopolizzato la stampa –, fino a quando nuovi sondaggi davano in vantaggio Rassemblement National (che alle recenti elezioni europee ha ottenuto il 32% dei voti) sull’alleanza centrista di Macron, che, lo scorso 9 giugno, aveva sciolto il Parlamento.

Sebbene Mbappé non abbia direttamente menzionato Rassemblement National, a differenza di Marcus Thuram, non è la prima volta in cui la Nazionale francese si schiera politicamente. Al Mondiale del 1978, disputato nell’Argentina di Videla, l’attaccante Dominique Rocheteau espresse riluttanza nel giocare in un Paese governato dalla giunta militare. Al Mondiale del 2002, Zinédine Zidane attaccò il Front National (il partito di Le Pen, che nel 2018 ha cambiato nome in Rassemblement National), che, a suo dire, «non rappresentava i valori della Francia».

Dopo il Mondiale 2006, il socialista Georges Frêche disse: «Giocano nove neri su undici, la norma sarebbe tre o quattro». Jean-Marie Le Pen accusò il c.t. Raymond Domenech di aver convocato «troppi calciatori di colore» e ottenne la risposta di un difensore, il terzino Lilian Thuram [padre di Marcus Thuram – – N.d.C.], nato in Guadalupa: «Il signor Le Pen non sembra sapere che esistano francesi neri, francesi biondi e francesi castani». Come anche nel 2014, quando Marine Le Pen parlò della liberalizzazione delle quote di calciatori stranieri, ottenne la risposta di un difensore, Mamadou Sakho, nato a Parigi da genitori senegalesi, che da piccolo visse anche per strada mendicando: «Tutti rappresentiamo la Francia, un’intera Nazione fatta di cultura araba e cultura dell’Africa nera».

Il 15 luglio 2018, allo stadio Luzhniki di Mosca, la Francia vinceva il suo secondo Mondiale, dopo due finali perse, nel 2006 a Berlino con l’Italia (al Mondiale) e nel 2016 a Parigi col Portogallo di Cristiano Ronaldo (all’Europeo). A vent’anni esatti dall’ultimo Mondiale vinto, nel 1998, con doppietta di Zidane in finale contro il Brasile, le giocate del diciannovenne Mbappé decidevano la finale contro la Croazia. Se Zidane è figlio di genitori algerini, Mbappé lo è di una famiglia di origine algerina (da parte di madre) e camerunense (da parte di padre). Sia Zidane sia Mbappé sono cresciuti calcisticamente lontano da Parigi – uno a Marsiglia, l’altro nel Principato di Monaco – e nella finale con la Croazia segnò pure Paul Pogba, nato in Francia da genitori guineiani, nonché uno dei diciotto convocati su ventitré di origine immigrata o di etnia mista (tra cui il milanista Olivier Giroud, le cui nonne sono italiane).

Ugualmente, se nel 1998 la Francia vinse la semifinale – pure lì contro la Croazia – fu merito della doppietta di Lilian Thuram, nato come detto in Guadalupa. Il capitano di quella Nazionale è l’attuale allenatore della Francia, Deschamps; una Nazionale che era ed è fortemente multietnica e ha storicamente attinto volentieri dai cosiddetti Départements et Régions d’Outre-Mer (Drom): dalla Guyana di Florent Malouda alla Martinica di Éric Abidal e Nicolas Anelka, passando per la Nuova Caledonia di Christian Karembeu, campione del mondo nel 1998, il cui bisnonno Willy fu deportato ed esibito come cannibale all’Exposition Coloniale Internationale di Parigi nel 1931.

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