Il neo candidato premier deI Cinque Stelle non chiede di meglio che una polemica a mezzo stampa sul suo bacio alla teca col sangue di San Gennaro. Esattamente come con Berlusconi, esporre al pubblico le sue gaffe è il modo migliore per regalargli prime pagine (e toglierle a idee e programmi)
di Francesco Cancellato (linkiesta.it, 20 settembre 2017)
E allora ditelo, cari miei, che volete far vincere le elezioni a Luigi Di Maio. Ditelo, che ce la state mettendo tutta per ficcare nella zucca di mezza Italia che lui è uno di loro, mentre voi siete degli intellettualotti con la puzza sotto il naso e un malcelato odio per tutto ciò che è “popolo”.No, perché Giggino nostro non potrebbe chiedere di meglio che una polemica a mezzo stampa sul suo bacio alla teca col sangue liquefatto di San Gennaro, polemica aizzata dal solerte Gramellini sul Corriere della Sera e dal direttore emerito Ezio Mauro su Repubblica, giusto per nominare le penne più in vista che hanno avuto da ridire del suo gesto. Loro scrivono e Di Maio sentitamente ringrazia. Ora potrebbe mostrarsi deferente e rispettoso alle tradizioni del popolo, ai valori cristiani, senza vergogna o pudore né per l’una né per l’altra. Potrebbe pure smascherare l’ipocrisia di un popolo di commentatori offline e online che nulla dissero, putacaso, quando a baciare la teca furono Antonio Bassolino, integerrimo sindaco e ministro del Lavoro democratico, o Luigi De Magistris, attuale primo cittadino partenopeo. Potrebbe pure fare spallucce e parlare di lavoro, o di reddito di cittadinanza, o di quel che vuole lui, mentre i suoi avversari alzano il ditino e si prodigano a regalargli quarti d’ora di esposizione mediatica. Potrebbe pure stare zitto e tirare avanti per la sua strada, peraltro. Perché tanto c’è chi soffia nelle vele per lui. E se questo è l’antipasto, figuriamoci il resto. Tra congiuntivi sbagliati, lauree mancate, geografie incerte e teche baciate le solerti vestali della cultura un tanto al chilo faranno a gara a ricordare l’inadeguatezza del candidato a Cinque Stelle. Finendo per regalargli il centro della scena, la simpatia del popolo, l’aura del martire accerchiato dai Poteri Forti. E ad abbassargli l’asticella a un punto tale che gli basterà dirne mezza giusta per apparire come uno Statista. Forse – ma lo diciamo sottovoce, caso mai qualcuno se la prenda – sarebbe meglio occupare il tempo parlando di temi concreti, cercando di cambiare l’ordine delle priorità in agenda, finora dettata alla grande da Di Maio e da Salvini. Che se si parla solo di sicurezza, di reddito di cittadinanza, di vitalizi, di inchieste giudiziarie e di emergenze che non esistono è probabile che i nostri prodi abbiano qualcosa da dire. Mentre se si parlasse (seriamente) di formazione, di ambiente, di misure volte a ridurre le disuguaglianze sociali è probabile che il “ragazzo meraviglioso” abbia meno da dire. E invece no: il sangue di San Gennaro. Ok. E dire che non è la prima volta che succede. C’è stato un altro candidato, negli ultimi vent’anni, di cui si prendevano in giro la pochezza culturale e i gusti grevi, che inanellava gaffe per guadagnarsi le prime pagine dei giornali, che preferiva finire sui rotocalchi anziché sulle riviste cartonate di geopolitica in libreria. Qualcuno, Oltremanica, l’aveva definito unfit, inadeguato a guidare il Paese. Qualcun altro era convinto di poterlo sconfigge ritraendolo alternativamente come un mafioso da operetta o un personaggio da Cinepanettone. Ora ci sfugge il nome, però, di quel candidato. Se lo ricordano Gramellini, Mauro e tutti gli altri?