di Elisabetta Invernizzi (huffingtonpost.it, 19 settembre 2018)
Matteo che bacia Luigi Di Maio in un vicolo a due passi dal Parlamento. Il povero Matteo mendicante di umanità per le strade di Roma. Matteo il vù cumprà e la sua crociata per le spiagge sicure. E ancora, don Matteo con il crocifisso in mano in un sottopasso.
Ma anche Matteo con l’uniforme di Hitler in un poster affisso su un muro di Milano all’indomani dell’annuncio sul censimento dei rom. E che dire poi del Matteo truffaldino, pizzicato a fregare l’amico Silvio Berlusconi un mese dopo le elezioni?
Ma Matteo il sognatore guarda già altrove e corre verso il Quirinale, mano nella mano con Virginia e Luigi. La Lega e il M5S anticipano i Ferragnez: è il matrimonio (politico) dell’anno.
Istantanee dell’ascesa di Matteo Salvini in Italia firmate dai grandi nomi della street art internazionale: Tvboy, Beast, Sirante, Ex-Voto. Con il suo faccione, il leader leghista ha conquistato la prestigiosa copertina del Time e, prima ancora, i muri della Capitale e di altre grandi città, da Milano a Messina. Sette opere in sette mesi: un record. Nessuno è come lui. Non il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che si è guadagnato un solo muro, e neppure il suo vice Di Maio, messo in ombra dall’ingombrante Matteo, che con i suoi proclami cannibalizza l’attenzione di tutti: dei media, del popolo, dell’Europa. E persino degli artisti. Bersaglio privilegiato degli urban artist che lo hanno incoronato – suo malgrado – re dell’arte di strada, Salvini è diventato un’icona pop. Un personaggio da “love” o “hate”, come gli ha tatuato sulle nocche Ex-Voto nel murale Vattene Satana Vattene, una parodia della copertina di Famiglia cristiana e insieme una provocazione, secondo le parole dell’artista, contro «il suo voler imporre il crocifisso ovunque».
Con le sue politiche divisive, Salvini ha risvegliato, in Italia, una forma di contestazione sagace, irriverente, iconica. «Ha ispirato una nuova corrente di street artist che parlano di politica», spiega Tvboy ad HuffPost. Alla faccia dell’establishment, che li ignora o, peggio, cancella le loro opere. «La rimozione è una forma di censura», commenta Daniele Decia, fondatore della galleria Question Mark e curatore. «È un’operazione antistorica oltre che pericolosa. Ma, si sa, il popolo italiano ha la memoria corta». Eppure, dice Beast, «da millenni rappresentiamo sui muri i nostri sogni, le paure, le ossessioni, la satira. E la street art, in fondo, è questo: una lettera aperta alla città, uno scambio visivo tra chi la produce e chi la osserva traendone un significato. Ma se cancelliamo l’arte pubblica dalla città, cosa resta? Segnaletica e pubblicità. Siamo sicuri che sia sufficiente la legalità a giustificare questa assenza di stimoli?». A Roma è bastata una spatola e un po’ di vernice per far sparire il bacio dello scandalo tra Salvini e Di Maio, ma sui social l’immagine ha fatto il giro del mondo. È il 23 marzo. Alla vigilia delle elezioni dei presidenti della Camera e del Senato, Tvboy firma la prima opera di questa legislatura. Quella mattina il leader leghista passa per Piazza Capranica. Guarda l’opera e, incalzato dai giornalisti, sta al gioco. Dà un giudizio sull’opera: «Bruttina». Mette subito in chiaro che ha «altre preferenze», e se ne va.
Da quel giorno gli artisti italiani si sono scatenati. Quattro opere a Roma, due a Milano, una a Messina. Salvini non le ha mai condivise sui social. Alle provocazioni ha sempre risposto con il silenzio o un’alzata di spalle. Una volta però non si è trattenuto. «Verso questi idioti provo solo molta pena», ha scritto su Facebook dopo la comparsa del poster che lo ritrae vestito da Hitler nella sua città. Ma l’artista, Beast, non si scompone: «Non c’è da offendersi. Anzi, sotto sotto credo ci sia dell’affetto. È il suo modo di ridistribuire medaglie». E poi, in Italia, dove, aggiunge Ex-Voto, «non si fa più satira e gli spazi dove si creava dissenso, culturale e politico, sono stati tutti chiusi, o quasi», sono gli street artist che con le loro opere – cancellate o rimosse tutte nel giro di poche ore – hanno preso di mira le più importanti, e discusse, politiche del ministro degli Interni. Dal matrimonio con il M5S all’indomani delle elezioni fino alla chiusura dei porti, passando per la battaglia dei crocifissi e la campagna per il censimento dei rom fino all’operazione “Spiagge sicure” contro gli ambulanti.
Ma cosa c’è dietro alla Salvini pop art production? Perché il leader leghista ispira tanto gli street artist? «Quando parli tanto, capita che in tanti parlino di te», ironizza Beast. «Forse però anche per mancanza di alternative», spiega ad HuffPost. «Lo scenario politico è piuttosto scarno di personalità. E oggi se non ti occupi di Salvini di chi ti occupi, di Rocco Casalino?». Per il curatore Decia, questi interventi, «spesso più satirici che artistici», sono una forma di contestazione. «Salvini è un personaggio che vive di propaganda. È arrogante e spocchioso, è ovvio che scateni delle reazioni. C’è chi lo fa insultandolo sui social e chi agisce in un altro modo». Ma l’idea non è nuova. «Beast, ad esempio, ha sempre realizzato opere contro il governo. Ma prima si dava meno peso a queste azioni e non c’era questo clima da tifosi della politica che c’è oggi». Nate come opere di contestazione, sui social sono diventate anche altro. «Il mio Salvini con il crocifisso in mano l’ho visto utilizzare anche da chi, in quell’uomo, vede un leader», osserva Ex-Voto. Per questo, Tvboy ha deciso che d’ora in poi non farà più opere su Salvini. «Finisci per fare il suo gioco, anche quando ne parli male», ammette. Ma difende la sua scelta: «L’arte deve parlare di quello che succede nel periodo in cui l’artista vive». Ma, per Tvboy, si può fare anche senza scadere negli stessi cliché. «La street art ha il dovere di raffigurare situazioni anche attraverso altre immagini, più universali e poetiche». Ne è un esempio la sua Madonna con il bambino nero, rivisitazione di Santa Maria della Raccomandata, a Messina, alla quale i pescatori si affidavano prima di mettersi in mare.
«Con le mie opere voglio far riflettere, porre dei quesiti». Ma per la Madonna il risultato, dal punto di vista mediatico, non è stato lo stesso dell’immagine del leghista con il bambino in braccio ritratto a Milano da Tvboy prima delle elezioni. «Il tema era molto vicino a quello delle opere su Salvini, ma nessuno se l’è filata», ammette.
Opere, quelle a sfondo politico, che fanno pensare e che provocano, ma «aumentano anche la visibilità di chi le fa», ricorda Decia ad HuffPost. E così, «se per alcuni è una forma di protesta nei confronti di qualcosa che non piace, per altri è semplice ricerca di popolarità». Se Warhol diceva che in futuro tutti avremmo avuto 15 minuti di celebrità, «ora le persone hanno un modo diverso di calcolarla, ci sono i like». Ad ogni modo, secondo Decia, le opere non hanno avuto alcun effetto reale sul personaggio o sulla sua leadership: «Fanno sorridere chi si oppone e indignano chi lo stima senza però accrescere o modificare le file degli uni o degli altri». Prima di Salvini, solo Berlusconi aveva scatenato una simile produzione. «Venti anni di immagini provocatorie, un bombardamento che avrebbe asfaltato chiunque», ricorda Beast. Ma «sono forse servite a qualcosa?». La domanda è retorica. Nessuno di loro ammette di fare politica in senso stretto. L’obiettivo è, invece, quello di portare i cittadini a farsi delle domande. «Con la tecnica del fotomontaggio – spiega Beast ad HuffPost – creo immagini nuove che risultano credibili: non vere, ma plausibili. A me interessa il rapporto che si crea tra lo spettatore e l’immagine, il momento in cui si chiede se ciò che sta vedendo è vero o falso». Il caso del Salvini-Hitler è esemplare: «Ho accuratamente scelto di cancellare, o di non aggiungere, ogni evidente riferimento al nazismo».
Non doveva esserci nulla di obiettivamente hitleriano. «Nell’immagine c’è qualcuno che assomiglia a Salvini e che indossa una divisa militare in stile anni Trenta», eppure tutti «hanno compiuto quell’associazione di idee». E si chiede: «Sarebbe avvenuto anche se ci fosse stato il volto di un altro politico? Ecco, forse lo spettatore vede solo ciò che è predisposto a vedere».