(lazampa.it, 9 ottobre 2013)
Robert Redford e i gruppi animalisti hanno vinto la prima battaglia per risparmiare la vita ai cavalli selvaggi delle riserve Navajo: il presidente della Nazione Navajo Ben Shelly ha cambiato posizione e rinunciato a chiedere, almeno per ora, l’abbattimento delle mandrie che, a giudizio di molti della sua tribù, danneggiano le coltivazioni. L’accordo annunciato oggi è frutto della mediazione di Bill Richardson, l’ex governatore del New Mexico: al centro dell’intesa è la raccomandazione al governo federale a far di più per aiutare i pellerossa Navajo a contenere le decine di migliaia di cavalli selvaggi che pascolano liberi sulle loro terre e che, secondo le stime di Shelly, costano alla Nazione Navajo 200mila dollari l’anno (circa 150mila euro) in danni alle proprietà e ai campi. «Sono interessato a una soluzione umana a lungo termine per controllare la nostra popolazione di cavalli», ha detto Shelly: «La nostra terra è preziosa per i Navajo così come tutti i cavalli della Nazione Navajo. I cavalli per noi sono animali sacri». I cavalli selvaggi sono un simbolo del Vecchio West, ma gli indiani delle riserve non vedono in loro qualcosa di romantico, quanto piuttosto una minaccia alla loro economia. Nella riserva Navajo ce ne sono oltre 75mila, e ciascuno consuma 18 litri d’acqua e otto chili di foraggio al giorno. «C’è un divario tra la realtà e il romanticismo quando alcuni “estranei” come Redford interpretano le lotte degli indiani d’America», aveva sostenuto in agosto il presidente dei Navajo dichiarandosi a favore della macellazione delle mandrie: «Forse Redford può venirci a trovare per vedere cosa può fare per aiutarci». Oggi la svolta: per Richardson l’accordo raggiunto segna «una enorme svolta», perché «una delle più importanti e numerose tribù del Paese si è pronunciata contro la macellazione e questo dovrebbe essere un fattore determinante sia in Congresso sia nei tribunali».