di Mario Manca (vanityfair.it, 21 gennaio 2021)
Cercare un modo per raccontare la comunità nera senza scivolare nel cliché e nella retorica didascalica è una delle sfide più grande che i cineasti hanno cercato di soddisfare nell’ultimo anno e mezzo, ed è per questo che fa una certa impressione constatare che una di quelle che è riuscita a centrare più degli altri l’obiettivo non sia una regista di professione. Lei è Regina King, vincitrice dell’Oscar come miglior attrice non protagonista nel 2019 per il film Se la strada potesse parlare e protagonista della serie di Hbo Watchmen, alla sua prima prova dietro la macchina da presa con un film forte e potente, tratto da una pièce teatrale di Kemp Powers messa in scena nel 2013: si chiama Quella notte a Miami (One Night in Miami), è disponibile su Amazon Prime Video e racconta la notte in cui quattro personaggi neri dell’America degli anni Sessanta si raccontano senza filtri, ponendo l’accento su questioni che ancora oggi continuano ad alimentare discussioni e perplessità.
Loro sono Malcolm X, Cassius Clay, Jim Brown e Sam Cooke, quattro amici che passano realmente la serata del 25 febbraio 1964 insieme: poche ore prima Clay (Eli Goree), il ventiduenne che di lì a poco sarebbe passato alla storia con il nome di Muhammad Ali, è diventato campione del mondo dei pesi massimi mettendo KO Sonny Liston; tuttavia, a causa della segregazione razziale in vigore negli Stati Uniti in quegli anni, non ha il permesso di festeggiare la vittoria in forma pubblica, ma solo privata. Eccolo, quindi, trascorrere la notte del trionfo in una stanza dell’Hampton House Motel di Miami con i suoi amici più cari: l’attivista Malcolm X (Kingsley Ben-Adir), musulmano praticante che spiega che i neri dovrebbero unirsi per fronteggiare il nemico bianco, il cantante e produttore discografico di fama mondiale Sam Cooke (Leslie Odom Jr.) e il campione di football nonché attore di film come Quella sporca dozzina e Mars Attack! Jim Brown (Aldis Hodge).
Da qui la fantasia dello sceneggiatore Powers corre veloce: di cosa avranno parlato tutta la sera i quattro amici? Su quali temi avranno focalizzato la loro attenzione? Secondo il drammaturgo, è abbastanza probabile che si siano confrontati su temi di grande attualità come il loro ruolo di responsabilità all’interno della comunità. Il fatto di essere dei privilegiati e di avere conquistato uno status sociale ed economico di un certo rilievo può in qualche modo aver influito sulla loro vita, alimentata dal sogno della rivalsa e del riscatto? La voce più scomoda, in questo senso, è rappresentata da Malcolm X, che punzecchia gli amici, in modo particolare Sam Cooke, per accettare in maniera passiva la linea di demarcazione che i bianchi tracciano nei confronti dei neri. Il dibattito, però, assume sfumature più interessanti quando cominciano ad arrivare obiezioni decisamente poco convenzionali, come il fatto che la comunità afroamericana tratti i neri con la pelle più chiara e i neri con la pelle più scura in maniera diversa. Ne esce fuori un’opera complessa, sfaccettata, che rivela Regina King – che aveva già diretto alcuni episodi della serie The Finest – dotata della profondità giusta per rendere i dialoghi e il susseguirsi delle scene ancora più vibrante e incalzante. Le nomination agli Oscar saranno annunciate il prossimo 15 marzo, ma per la stampa americana è chiaro che Quella notte a Miami, così come un altro film con un’impostazione molto simile, Ma Rainey’s Black Bottom, di Netflix, non potrà non portarsi a casa almeno cinque candidature.