di Stefano Semeraro (lastampa.it, 19 settembre 2023)
Domani sono 50 anni esatti dalla “battaglia dei sessi”, l’esibizione – ma qualcuno la chiamerebbe stangata – che all’Astrodrome di Houston, davanti a quasi 30mila spettatori e 30 milioni di americani collegati via tv, mise di fronte Billie Jean King e il più grande volpone che abbia mai calcato un campo da tennis, Bobby Riggs.
Un’urgenza e una smania uniscono Italo Calvino, Vinicio Capossela e i maestri Luigi Nono e Luciano Berio. E, passando da Bach, Mozart e Beethoven arrivano fino al pianista Roberto Prosseda. È l’urgenza di raccontare, tramandare, unire la musica al saggio, la canzone alla protesta per raggiungere le nuove generazioni. Ancora una volta Calvino è fonte d’ispirazione, proprio per la sua capacità di avere una «visione plurima e sfaccettata del mondo», secondo la definizione che lui stesso usò nelle Lezioni Americane per descrivere quella che sarebbe stata «la grande sfida per la letteratura».
di Abbey White (hollywoodreporter.it, 14 settembre 2023)
Alan Moore ha dichiarato di aver cambiato il suo atteggiamento nei confronti della ripartizione dei diritti d’autore, scegliendo di farle inviare dalla DC Comics al movimento Black Lives Matter. In una nuova intervista con The Telegraph pubblicata mercoledì 13 settembre, la leggenda dei fumetti dietro Watchmen, V per Vendetta, Batman: The Killing Joke, La Lega degli Straordinari Gentlemen, e non solo, ha parlato del suo percorso nell’editoria dopo l’uscita della sua raccolta di racconti, Illuminations.
«Da sempre noi donne ci vergogniamo del nostro corpo». Al minuto ventuno, Chiara Ferragni va dallo psicanalista di scena a spiegargli che mettersi a Sanremo un vestito con sopra un disegno di tette che lo faccia sembrare trasparente non è esibizionismo, non è consapevolezza di cosa funzioni nella società dello spettacolo, non è vocazione alla fotogenia: è una presa di posizione femminista. È in quel momento che su una parete di casa mia si forma una piccola crepa causata dalle testate che do durante la visione della nuova ora di The Ferragnez.
Chi frequenta spesso i concerti è abituato a veder lanciare sul palco cose dirette verso le artiste e gli artisti che ci si esibiscono, dai pupazzi alle magliette, ai bicchieri di plastica più o meno vuoti. Alcuni casi recenti hanno però portato a una serie di commenti sul fatto che episodi simili si stiano verificando con più frequenza di un tempo, sia in Italia sia all’estero. Alcune persone addette ai lavori hanno notato che, in generale, certi comportamenti molesti o aggressivi da parte del pubblico sono diventati un po’ la norma.
Negli ultimi quindici anni sono state pubblicate diverse ricerche, biografie e documentari che raccontano di come la celebre stilista francese Gabrielle Bonheur Chanel, famosa come Coco Chanel in tutto il mondo, durante la Seconda guerra mondiale fosse vicina a vari funzionari nazisti durante l’occupazione della Francia da parte della Germania. In quel periodo Chanel manifestò idee molto conservatrici e fortemente antisemite e omofobe, e svolse anche alcune missioni di spionaggio per conto della Germania nazista.
Fidel Castro chiese una volta a Maradona come si tira il rigore perfetto. Maradona gli rispose che glielo avrebbe rivelato se Fidel Castro avesse accettato di scambiare il suo berretto con una sua maglietta da calciatore. Fidel accettò. E Maradona confessò che il vero segreto era mirare al portiere. Senza esitazioni. Fidel continuò a chiederglielo per anni, forse senza capire se Maradona lo stesse prendendo per i fondelli o meno.
Prima dei social network diventare una persona famosa e riconosciuta da milioni di persone era piuttosto raro e complesso. Era necessario essere molto talentuosi, molto belli o molto ricchi, e spesso molto fortunati: star del cinema, della musica e della televisione, sportivi o politici particolarmente carismatici, artisti (pochi) o modelli. Nella maggior parte dei casi l’attenzione pubblica riservata a queste persone passava anche dal fatto che i media tradizionali li riconoscevano come celebrità, e ne raccontavano le vite di conseguenza, portando ancora più persone a conoscerli, banalmente, come “gente famosa”.
Il successo dei programmi televisivi di cucina è stato una costante degli ultimi due decenni e non accenna a diminuire: cuochi di alto livello sono al centro di format diversi, dai reality ai documentari, ed è stato calcolato che solo nel Regno Unito vadano in onda 434 ore di trasmissioni di cucina ogni settimana. Il fenomeno non è unicamente televisivo: i cuochi sono personaggi con grande seguito personale su tutti i principali social network, i libri di ricette firmati da ristoratori di alta cucina sono prodotti che continuano ad avere diffusione e successo, e i ristoranti stellati sono spesso conosciuti anche da chi non potrebbe mai permettersi di cenarvi.
Il 30 giugno 1983 in Corea del Sud andò in onda un programma in diretta che sarebbe dovuto durare un’ora e mezza ma che finì per andare avanti fino al 14 novembre di quell’anno, per un totale di 453 ore e 45 minuti. Il titolo della trasmissione è stato tradotto in Inglese Finding Dispersed Families (in Italiano Alla ricerca delle famiglie disperse) ed era stato pensato per dare visibilità a persone che avevano perso le tracce dei propri familiari dopo la divisione tra Corea del Nord e Corea del Sud del 1948 o durante la Guerra di Corea combattuta agli inizi degli anni Cinquanta, con l’obiettivo di farli ritrovare.