di Giovanna Maria Fagnani (corriere.it, 11 agosto 2024)
Céline Dion bacchetta Donald Trump e il suo vice J.D. Vance per aver utilizzato My heart will go on, la celebre canzone nella colonna sonora del film Titanic, durante un comizio in Montana. E si concede una battuta: «Ma poi, veramente, QUELLA canzone?».
“Se mi spari addosso mi rafforzi”, “Le leggende non muoiono mai”, “Mai arrendersi”, “Non puoi uccidere la libertà”. Sono alcuni degli slogan “urlati” dalle magliette vendute nei centri commerciali della Florida, e immortalate in queste foto dell’Adnkronos, a sostegno della campagna di Donald Trump. In una massiccia e ben studiata operazione di marketing elettorale, le immagini iconiche dell’attentato in Pennsylvania, in cui il candidato repubblicano si salva per miracolo, si rialza insanguinato e alza il pugno al cielo urlando “fight, fight, fight” ai suoi sostenitori, sono diventate poster, adesivi, meme social e, soprattutto, t-shirt.
Lunedì al Parlamento colombiano è stato presentato un disegno di legge che propone di vietare la vendita dei souvenir dedicati a Pablo Escobar, il narcotrafficante che tra gli anni Settanta e Ottanta fondò e diresse il cartello di Medellín, arrivando a controllare il mercato globale della cocaina. La proposta prevede di multare fino a 150 euro i negozianti che vendono oggetti che raffigurano Escobar o altri criminali, e consentirebbe alla polizia di fermare le persone che indossano magliette, cappelli o altri indumenti che potrebbero esaltare la cultura del narcotraffico.
«La guerra civile è inevitabile», ha scritto su X qualche giorno fa Elon Musk mentre dal Regno Unito giungevano le notizie dei pogrom ai danni dei rifugiati e degli assalti ai centri di accoglienza. Non è la prima volta che Musk rilancia la retorica dell’ultradestra; da anni, se la prende col “woke” (termine in cui fa rientrare ormai qualunque posizione indice di una società secolarizzata o non rientrante in una rigida separazione di genere, fosse pure un uomo che fa pipì seduto), esprime posizioni politiche oscurantiste e fa sfoggio di una mentalità del lavoro tossica.
Secondo un nuovo rapporto dell’organizzazione no profit britannica Center for Countering Digital Hate, Elon Musk ha diffuso informazioni errate sulle elezioni statunitensi e sulla campagna presidenziale dei democratici in almeno 50 post sul social X. Come riporta Engadget, il ceo del centro, Imran Ahmed, sottolinea che l’assenza di una verifica dei fatti dimostra che l’attività di Musk nel contenere la diffusione delle bufale «sta fallendo, con il parallelo aumento del rischio di portare alla violenza nel mondo reale».
di Maria Antonietta Calabrò (huffingtonpost.it, 5 agosto 2024)
La prima settimana delle Olimpiadi, è stata dal punto di vista di quelle che si chiamano “misure attive”, cioè l’intervento disinformativo da parte di Stati o agenti statali, una settimana da iscrivere nei manuali. Se Mario Caligiuri, considerato uno dei massimi studiosi europei di intelligence, non avesse già pubblicato nell’aprile del 2024, per i tipi di Luiss University Press, il suo saggio Maleducati, avrebbe sicuramente dedicato alla “disinformazione olimpica” (a cominciare dall’operazione Last Supper) un capitolo del suo ultimo libro.
di Marco Gervasoni (huffingtonpost.it, 3 agosto 2024)
Il falso e le menzogne sono più attraenti del vero e del reale. Le prime stimolano l’immaginazione, sono poesia, il vero è solo, tristemente, prosa. Il falso è semplice, chiaro, evidente, il vero e il reale invece sempre complessi, sfumati e non rilucono. La menzogna soddisfa la libido, il vero quasi mai placa le pulsioni. Il falso, infine, è quasi sempre più credibile del vero.